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Romanzo dell'Ottocento

Negli ultimi decenni dell'800 il romanzo diventa il genere letterario più diffuso e popolare. Racconti e romanzi a puntate riempiono le pagine anche di riviste e periodici, per il divertimento dei lettori, sempre più numerosi. Si tratta per lo più di una letteratura vicina alla realtà quotidiana, ai problemi della vita di ogni giorno.
La linea evolutiva del genere fu tracciata nel 1872 da Antonio Fogazzaro, nel discorso che egli tenne a Vicenza dal titolo Dell'avvenire del romanzo in Italia. Per Fogazzaro, il romanzo deve rispondere a tre esigenze: costituire uno strumento di autocoscienza e autoconoscenza della società; offrire occasioni d'intrattenimento e divertimento per i lettori; esprimere la forma moderna della poesia. In questa forma più allargata di moderna epopea, come nel 1823 lo aveva definito il filosofo tedesco Georg W.F. Hegel, il romanzo può diventare lo strumento più adatto a interpretare e rappresentare il sempre più complesso quadro sociale e culturale della contemporaneità.

Letteratura alta e meno alta
Il panorama era dominato a metà secolo dal Realismo letterario, di respiro davvero europeo, dei romanzi del francese Honore de Balzac, dell'inglese Charles Dickens, mentre si affacciavano all'orizzonte le grandi narrazioni dei russi Fedor Dostoevskij e Lev Tolstoj. Poi, intorno al 1880, la scena è occupata dal romanzo naturalista di Gustave Flaubert, Emile Zola, Giovanni Verga.
Ma a queste forme di letteratura alta e problematica si affiancano romanzi meno impegnati, pur se molto graditi al grande pubblico, che comincia a formarsi e consolidarsi proprio in questa fase.

Il romanzo d'appendice
Anzitutto si sviluppa il romanzo appendice, o feuilleton (così chiamato dal nome del supplemento letterario dei giornali su cui veniva pubblicato a puntate): narrazioni spesso ampie e macchinose piene di avventure e colpi di scena, adatte a un pubblico senza grandi pretese, che però vuole svagarsi con storie di facile e cruento realismo, di torbidi e accesi sentimenti. I personaggi di questi racconti popolati spesso emergono dalle miserabili condizioni di vita nei sobborghi delle grandi metropoli in via d'espansione, gli argomenti spessi si ispirano ai fatti di cronaca più truci e scandalosi.
Maestro di questo genere di narrativa è il francese Eugene Sue (1804-57), autore prolifico e di grande successo popolare. Le sue Opere complete furono ristampate a inizio Novecento in ben 199 volumi; i suoi romanzi, tra cui I misteri di Parigi, l'ebreo errante , I sette peccati capitali, conquistarono grande fama, raggiungendo una diffusione capillare presso un pubblico di ogni ceto sociale.
In Italia furono due gli interpreti più famosi di questo genere: il napoletano Francesco Mastriani (1819-91), anch'egli popolarissimo autore di un centinaio di romanzi dai titoli eloquenti: La cieca di Sorrento, I misteri di Napoli, I vermi; e la vogherese Carolina Invernizio (1858-1916), narratrice di storie a metà tra il patetico e l'horror (per esempio: Anime di fango, Il bacio di una morta, La sepolta viva), dallo stile un po' rapido, ma dalla straordinaria presa sulla massa dei lettori.

Il romanzo per ragazzi
Si sviluppava intanto il romanzo per ragazzi, definizione generica, poiché le opere migliori e più valide non furono scritte appositamente per l'infanzia. Tuttavia le scelte tematiche (avventure e fantasia) e il fatto che il ruolo del protagonista fosse affidato a ragazzi fecero sì che tali romanzi si diffondessero soprattutto presso un pubblico di giovani.
Tra gli autori ricordiamo James F. Cooper (L'ultimo dei mohicani, 1826), Robert Louis Stevenson (L'isola del tesoro, 1883), Rudyard Kipling (Il libro della giungla, 1894; Capitani coraggiosi, 1897), Jules Verne (Viaggio al centro della Terra, 1864; Ventimila leghe sotto i mari, 1869-70; Il giro del mondo in ottanta giorni, 1873; L'isola misteriosa, 1874), Mark Twain (Le avventure di Tom Sawyer, 1876), Jack London (Zanna Bianca, 1906).
Le loro opere rivelano in realtà tratti problematici e tutt'altro che banali, tipici cioè della letteratura alta, significati e messaggi più complessi che vanno ben oltre l'avvincente evolversi del racconto.
In Italia sono due i casi più significativi di questa letteratura di settore: il libro Cuore (1886) di Edmondo De Amicis, vera e propria apologia delle virtù civili della nuova Italia unitaria e borghese, non esente dai toni enfatici e lacrimosi presenti anche in libri similari (per esempio Senza famiglia, di Hector Henri Malot, 1878, e Il piccolo Lord Fauntleroy, di Elizabeth Burnett, 1886); e, soprattutto, il capolavoro della letteratura dell'Ottocento più tradotto e conosciuto nel mondo, Pinocchio (1883) di Carlo Collodi.

Il romanzo rosa
Nasce in quest'epoca anche un romanzo femminile o rosa, indirizzato al gusto delle sempre più numerose lettrici e spesso scritto da donne. Sono testi a forte connotazione psicologico-sentimentale, ma spesso incentrati su una questione destinata a farsi vivacemente strada alla fine dell'Ottocento, quella del ruolo della donna nella società. In questi romanzi popolari, però, la problematica viene spesso risolta con un più o meno pacifico ritorno all'ordine, nel ricomporsi delle norme sociali borghesi che le eroine avevano infranto.
Tra le varie autrici italiane, ricordiamo Neera (pseudonimo di Anna Radius Zuccaru, 1846-1918) e la Marchesa Colombi (pseudonimo di Maria Antonietta Torriani, 1840-1920), moglie di Eugenio Torelli-Viollier, il fondatore del Corriere della Sera; i suoi romanzi più conosciuti sono In risaia e Un matrimonio in provincia.



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