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La Poesia Lirica

Generalmente associamo al termine poesia la capacità di esprimere sentimenti profondi, di osservare la realtà da punti di vista inaspettati, di proporre una visione particolare delle cose che è propria di ogni poeta. Questo è ciò che si intende per poesia lirica, il genere poetico più diffuso, soprattutto nel mondo contemporaneo.
Nella poesia lirica prevale l’interiorità del poeta, dominano le sensazioni e le emozioni. Per questo essa si distingue dalla poesia epica, che abbiamo visto avere carattere prevalentemente narrativo e celebrativo di imprese e personaggi.

Le origini: la lirica classica
La poesia lirica ha origini molto antiche. Già presso i popoli del Nilo e della Mesopotamia, dell’India e della Cina troviamo esempi di poesie liriche, ma furono i greci a definire il modello di questo genere poetico, come del resto avevano fatto anche per il poema epico. L’attributo lirica deriva dall’abitudine, diffusa proprio presso gli antichi greci, di accompagnare i versi con il suono della lira, strumento a corde ricavato dal guscio di una tartaruga. Questo particolare rapporto con la musica si è mantenuto nel tempo e spiega l'attenzione alla sonorità del verso e della parola, che continuò a caratterizzare la lirica anche quando le poesie furono destinate alla letteratura e non al canto.
Nei brevi frammenti dei lirici greci, vissuti tutti fra il VII e il V secolo a.C., troviamo espresse le suggestioni suscitate dalla natura, il dolore per la brevità della vita, la passione d'amore.
Anche i poeti romani, in particolare Catullo e Orazio, nell'età di Cesare e di Augusto, compongono liriche di alto livello letterario.

La lirica nel Medioevo
Dopo la caduta dell'impero romano e la fine della civiltà classica, la lirica rinasce, nell'XI secolo, nella Francia meridionale, in Provenza, per opera dei trovatori. Essi scrivono in una varietà di francese antico, ora scomparso, la lingua d'Oc (trobar in lingua d'Oc significa comporre versi), si rivolgono al pubblico raffinato delle corti dei castelli medievali e cantano soprattutto l'amore, che è considerato un mezzo di perfezionamento morale. La lirica provenzale si diffonde anche in Italia e influenza i primi poeti italiani.

La lirica italiana dal Trecento al Settecento
La letteratura italiana inizia con la poesia. Nel XIII secolo, i primi autori di testi scritti in volgare italiano sono poeti e le opere poetiche più antiche sono poesie religiose, come Il Cantico di Frate Sole di Francesco d'Assisi. La poesia fioriva però anche nelle corti: alla corte di Federico II di Svevia, a Palermo, i poeti siciliani componevano poesie d'amore in italiano e crearono una delle forme che avrebbero avuto più fortuna nella poesia europea, il sonetto.
Quando Federico II fu sconfitto, molti dei poeti siciliani si spostarono in Toscana, dove poco fiorì una nuova corrente poetica, il dolce stilnovo.
Nel Trecento, Francesco Petrarca, rielaborando queste esperienze attraverso una profonda e raffinatissima cultura classica, crea un'opera, il Canzoniere, che sarà il modello per tutta la poesia lirica europea fino al Cinquecento.
Fra il Seicento e il Settecento la produzione lirica è ampia, ma poco significativa: la poesia diventa spesso abile esercizio di poeti cortigiani, non più espressione di sentimenti autentici e profondi. Altri generi prevalgono, come il teatro o il romanzo, mentre la società e la cultura vengono profondamente rinnovate dalla rivoluzione dell'Illuminismo.

Parlare al cuore dell'uomo: la lirica romantica
E' nell'Ottocento, all'interno del movimento letterario del Romanticismo, che la lirica diventa la forma poetica privilegiata, perché viene considerata come lo strumento migliore per esplorare gli aspetti più profondi e nascosti dell'animo umano.
Le esperienze personali di ogni poeta, il dolore o la gioia, il sentimento della morte o della natura, l'amore vittorioso o sconfitto sono l'occasione, il punto di partenza verso una poesia che parla al cuore di ogni uomo, perché tocca i problemi più intimi e autentici della vita.
La poesia lirica scriveva un'intellettuale e scrittrice dell'Ottocento, M.me de Stael, non racconta nulla, non si preoccupa della successione dei tempi e delle limitazioni di spazio...
parla in nome del poeta, il quale non si trasferisce più in un personaggio, come nella poesia drammatica,... ma si sente al centro dell'universo, creatore e creato, destinato a morire ma che non può cessare di essere, il cui cuore tremante e forte nel medesimo tempo si inorgoglisce di sé e si posta davanti a Dio. In Germania e in Inghilterra in questo periodo la lirica diventa il genere privilegiato.
In Italia è soprattutto Leopardi il poeta che interpreta questa sensibilità in modo così alto e originale da porsi al di fuori e al di sopra di ogni corrente.

La lirica simbolista
Nella seconda metà dell'Ottocento la società europea si sta industrializzando e l'interesse degli scrittori è attratto dalla scienza, dalla tecnica e dai loro metodi. Nella poesia, invece, si afferma una tendenza nuova, quella dei poeti simbolisti, che la società dell'epoca definì decadenti per sottolineare il rifiuto del loro stile si vita stravagante e sregolato.
Questi poeti ebbero però nella storia della lirica un grandissimo ruolo perché ne rinnovarono sia le forme che le tematiche. Essi pensavano che il senso vero delle cose non andasse cercato in esse così come ci appaiono, ma nel loro significato nascosto, che solo il poeta può vedere e che svela nella sua poesia. La realtà, le cose cioè sono simboli che solo il poeta, attraverso l'intuizione, sa capire.
Tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento D'Annunzio e soprattutto Pascoli portano in Italia i nuovi orientamenti poetici e rompono le forme della tradizione classica:
la ricerca di una verità nascosta, al di là della realtà immediatamente visibile richiede un nuovo linguaggio e la creazione di una poesia ricca di simboli, capace di far emergere ciò che si trova oltre le apparenze, il mondo ignoto dell'inconscio. La loro produzione influenzerà tutta la successiva lirica del Novecento.

Nuove forme e nuovi linguaggi: la lirica del Novecento
Il Novecento è un secolo di crescita tumultuosa della società, di grandi conquiste e di terribili tragedie. La poesia le riflette, anche quando si tratta di dar voce a esperienze tremende e distruttive, come le guerre e lo sterminio. Ma come parlare di queste esperienze?
Le parole di sempre non bastano. E' necessario trovare un nuovo linguaggio. E' proprio questa la sfida che la poesia affronta in questo secolo.

Tante correnti letterarie
Varie e complesse sono le correnti letterarie che caratterizzano i diversi momenti di questo secolo, ma a tutte è comune sia l'accentuata ricerca linguistica, nel tentativo di giungere alla parola più viva e densa di significati, sia la rottura con le regole e i modi di esprimersi della tradizione letteraria.
Non si rinnovano solo i temi e i contenuti della poesia, ma la sua stessa forma: si utilizza prevalentemente il verso libero e si lascia al poeta la totale libertà di scegliere in che modo comunicare il proprio mondo interiore: ciò che distingue la poesia da altre forme espressive non sembra più essere la presenza del verso, ma l'intensità della carica espressiva.
Le rapide trasformazioni della tecnologia, la consapevolezza di vivere un'epoca del tutto nuova fanno nascere avanguardie letterarie, come il Futurismo: le loro proposte di rinnovamento artistico, dalla parole in libertà all'immaginazione senza fili diventano scontro polemico contro le tradizionali regole del vivere sociale.
Poi irrompe nella storia del secolo la tragica esperienza di due guerre mondiali, a breve la distanza l'una dall'altra, distruttive come mai era stato nel passato.
La poesia non può più essere la stessa: i versi diventano brevissimi, spezzati, scarni, le parole essenziali.
Nasce una nuova corrente letteraria, l'Ermetismo, e la poesia diventa, come dice il termine, ermetica, oscura percorsa da intuizioni e da allusioni.
Ungaretti, Quasimodo, Montale, i grandi poeti di questo periodo, anche quando tornano a utilizzare liberamente strutture metriche tradizionali, continuano la propria indagine sulla dolorosa condizione umana, alla ricerca del significato dell'esistenza.
Dopo la seconda guerra mondiale la poesia ritorna a un linguaggio più semplice e discorsivo, come per riprendere il dialogo con tutti gli uomini nella loro realtà quotidiana.
In questa direzione si muovono poeti come Saba, Caproni e Penna.
Oggi la voce dei poeti non è molto ascoltata, eppure la produzione poetica in Italia è ancora molto ricca e tanti sono quelli che indagano sul senso della vita e spingono lo sguardo al di là della realtà comune, attraverso la forma letteraria che forse meglio lo sa fare: la poesia.

La lirica antica in Grecia
Nel mondo occidentale la poesia lirica nasce in Grecia intorno al VII secolo a.C. ed è accompagnata dalla musica che sottolinea ritmicamente le parole. Era dunque una poesia da ascoltare, non da leggere.
Nata come poesia d'occasione per celebrare la vittoria di un atleta, un matrimonio, una nascita... diviene nel tempo l'espressione dell'animo, dei sentimenti, delle emozioni, dei sogni, dei dolori, delle speranze del poeta.
Molti sono i temi cantati dai poeti lirici: l'amore, la bellezza, i piaceri semplici della vita; la natura e la sua varietà di colori, suoni e profumi; la dolcezza dei ricordi;la gioia della vittoria ma anche la tristezza per il venir meno dell'amore e della giovinezza, la solitudine, il dolore.
Già in Grecia la poesia lirica si esprime in componimenti brevi ma ricchi di immagini suggestive destinate a rimanere impresse nella memoria con parole semplici ma eleganti, un ritmo leggero e musicale.
Tra i poeti lirici greci ricordiamo Saffo (VII-VI secolo a.C.), Alceo (VII-VI secolo a.C.), Alcmane (VII secolo a.C.), Anacreonte (VI-V secolo a.C.).

La lirica antica a Roma
Nel mondo latino, che eredita i principali generi letterari greci e li rielabora in modo originale, si distingue il poeta Gaio Valerio Catullo (ca. 87-54 a.C.) che rivela il suo mondo interiore con grande immediatezza espressiva.




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