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Testo: Preludio, Praga

di Emilio Praga
Testo:

Noi siamo i figli dei padri ammalati;
Acquile al tempo di mutar le piume,
Svolazziam muti, attoniti, affamati,
Sull’agonia di un nume.

Nebbia remota è lo splendor dell’arca,
E già all’idolo d’or torna l’umano,
E dal vertice sacro il patriarca
S’attende invano;

S’attende invano dalla musa bianca
che abitò venti secoli il Calvario,
E invan l’esausta vergine s’abbranca
Ai lembi del Sudario...

Casto poeta che l’Italia adora,
Vegliardo in sante visioni assorto,
Tu puoi morir!... Degli antecristi è l’ora!
Cristo è rimorto! —

O nemico lettor, canto la Noja,
L’eredità del dubbio e dell’ignoto,
Il tuo re, il tuo pontefice, il tuo boja,
Il tuo cielo, e il tuo loto!

Canto litane di martire e d’empio;
Canto gli amori dei sette peccati
Che mi stanno nel cor, come in un tempio,
Inginocchiati.

Canto le ebbrezze dei bagni d’azzurro,
E l’Ideale che annega nel fango...
Non irrider, fratello, al mio sussurro,
Se qualche volta piango:

Giacchè più del mio pallido demone,
Odio il minio e la maschera al pensiero,
Giacchè canto una misera canzone,
Ma canto il vero!


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