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Giovanni Pascoli: Il Naufrago


Analisi e commento della poesia Il naufrago di Pascoli

Uno tra i più bei poemetti del Pascoli, in cui la realtà sfuma nel simbolo. Notte di tempesta. Il mare, al buio, pareva un mostro furente che urlava sotto i giuzzi schioccanti delle folgori. All'alba si calmò. Sulla spiaggia sono ora mucchi di alghe che l'aurora tinge di rosa e d'oro insieme con la schiuma del mare in bonaccia. Tra i mucchi d'alghe c'è un morto, e le onde, scorgendolo, pensano che sia il naufrago che nella notte si sentiva inveire contro la bufera. Gli si fanno vicine, lo accarezzano e gli baciano gli occhi aperti. Nel loro mormorio sommesso gli dicono che sono schiave del vento e anch'esse muoiono sulla sponda del mare dove anche lui giace nel freddo della morte. Come loro così lui e gli uomini tutti sono gioco di una forza ignota che senza posa crea forme di una realtà apparente, di brevissima durata e mobilissime.

La Metrica: quattro strofe di endecasillabi a rima alternata.

Testo 
Il mare, al buio, fu cattivo. Urlava
sotto gli schiocchi della folgore! Ora
qua e là brilla in rosa la sua bava.


Intorno a mucchi d'alga ora si dora
la bava sua lungi da lui. S'effonde
l'alito salso alla novella aurora.


Vengono e vanno in un sussurro l'onde.
Sembra che l'una dopo l'altra salga
per veder meglio. E chiede una, risponde


l'altra, spiando tra quei mucchi d'alga...


II


- Chi è? Non so. Chi sei? Che fai? Più nulla.
Dorme? Non so. Sì: non si muove. E il mare
perennemente avanti lui si culla.


Noi gli occhi aperti ti baciamo ignare.
Che guardi? Il vento ti spezzò la nave?
Il vento vano che, sì, è, né pare?


E tu chi sei? Noi, quasi miti schiave,
moviamo insieme, noi moriamo insieme
costì con un rammarichìo soave...


Siamo onde, onda che canta, onda che geme...


III


Tu guardi triste. E dunque tua forse era
la voce che parea maledicesse
nell'alta notte in mezzo alla bufera!


Noi siamo onde superbe, onde sommesse.
Onde, e non più. L'acqua del mare è tanta!
Siamo in un attimo, e non mai le stesse.


Ora io son quella che già là s'è franta.
E io già quella ch'ora là si frange.
L'onda che geme ora è lassù, che canta;


l'onda che ride, ai piedi tuoi già piange.


IV


Noi siamo quello che sei tu: non siamo.
L'ombre del moto siamo. E ci son onde
anche tra voi, figli del rosso Adamo?


Non sono. È il vento ch'agita, confonde,
mesce, alza, abbassa; è il vento che ci schiaccia
contro gli scogli e rotola alle sponde.


Pace! Pace! È tornata la bonaccia.
Pace! È tornata la serenità.
Tu dormi, e par che in sogno apra le braccia.


Onde! Onde! Onda che viene, onda che va...


Commento
Abbiamo qua e là accennato al concetto che fa da substrato al poemetto: come la condizione e l'aspetto dell'onda sono determinati dal vento, così le sorti degli uomini sono create dal destino, forza ignota e sempre presente; e come l'onda non è chhe la propagazione del movimento impresso dal vento all'acqua, ed ha perciò una realtà apparente e solo apparentemente si differenzia dalle altre onde, così gli uomini non hanno né individualità propria, né una realtà che vada oltre l'apparenza.
Il concetto, in rapporto all'uomo, non è pienamente accettabile: nega la nostra libera volontà, afferma il non essere e identifica vita con vita. E' vero, invece, se propone alla nostra attenzione la mutevolezza imprevista e imprevedibile delle sorti sia singole, sia collettive degli uomini, l'effimera durata della nostra esistenza e, ancora, l'inesauribile succedersi di sempre nuove ondate di creature umane nel rapido incalzare delle generazioni. Se la parola del poeta vuole ricordare che, di fronte alla forza egualitaria della morte e alla precarietà dei nostri giorni, dobbiamo cercare di vivere in pace, non possiamo che riconoscerla giusta, profonda e buona. Quanto al valore estetico del poemetto, cioè alla sua essenza poetica, ci pare di trovarci davanti ad una realizzazione di alto livello, specialmente nella prima parte dove il simbolo è nelle cose stesse, nelle allusioni, non ancora scopertamente rivelato; dove cioè la parola che il poeta dona all'onda, non presenta troppo esplicitamente parallelismi tra la condizione dell'onda e quella del tuono. E sempre insuperabilmente bello è il ritmo che offre alla fantasia e alla memoria visiva lo spettacolo dell'infinita distesa del mare con le sue onde che vengono e vanno, che cantano, gemono, ridono e piangono.



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