di Giovanni Pascoli
Commento:
Hai mai pensato all'immensità dello spazio che avvolge la Terra e ai miliardi e miliardi di stelle infinitamente più grandi del nostro pianeta, un granello quasi invisibile sospeso nel cosmo?
Tu sai che noi, per i nostri antipodi della Nuova Zelanda, abbiamo la testa in giù, rivolta verso l'abisso celeste, e i piedi posati su un pianeta che gira veloce spostandosi nello spazio. Ebbene, che cosa accadrebbe se venisse meno la forza di gravità che ci avvince alla Terra e precipitassimo nel vuoto?
A questo pensiero, Pascoli sente dentro di sé la vertigine del vuoto, un orrore che gli paralizza il cuore (ben diverso, dunque, da Leopardi che si sente invadere da un senso arcano e vorrebbe naufragr in quel mare infinito dello spazio e dell'eternità.
E' riuscito a comunicare anche a te il brivido della vertigine di fronte all'immensità dell'universo?
Se pensiamo di essere penduli sulla crosta terrestre destinati a precipitare all'improvviso in quel vortice infinito per sparire nell'eternità, ci sentiamo veramente stringere il cuore dall'angoscia. E' una sensazione che possiamo provare anche quando ci troviamo sospesi nel vuoto, ad esempio, in funivia, a centinaia di metri dal suolo. o su un sentiero a picco sul mare o su un burrone. e Pascoli nella sua lirica l'ha vissuta questa vertigine, questo smarrimento di fronte al mistero che ci avvolge mentre tutto il suo essere sembrava naufragare nell'infinita immensità dove, forse, lo dice e lo spera, è Dio.
Il poeta, stretto dalle ideologie del positivismo, non riuscì a riapprodare alla fede cristiana della sua infanzia come fossero ancora vivi, è segno dell'ambiguità del suo interpretare il mistero della morte e dell'inconsapevole bisogno di credere.
Commento:
Hai mai pensato all'immensità dello spazio che avvolge la Terra e ai miliardi e miliardi di stelle infinitamente più grandi del nostro pianeta, un granello quasi invisibile sospeso nel cosmo?
Tu sai che noi, per i nostri antipodi della Nuova Zelanda, abbiamo la testa in giù, rivolta verso l'abisso celeste, e i piedi posati su un pianeta che gira veloce spostandosi nello spazio. Ebbene, che cosa accadrebbe se venisse meno la forza di gravità che ci avvince alla Terra e precipitassimo nel vuoto?
A questo pensiero, Pascoli sente dentro di sé la vertigine del vuoto, un orrore che gli paralizza il cuore (ben diverso, dunque, da Leopardi che si sente invadere da un senso arcano e vorrebbe naufragr in quel mare infinito dello spazio e dell'eternità.
E' riuscito a comunicare anche a te il brivido della vertigine di fronte all'immensità dell'universo?
Se pensiamo di essere penduli sulla crosta terrestre destinati a precipitare all'improvviso in quel vortice infinito per sparire nell'eternità, ci sentiamo veramente stringere il cuore dall'angoscia. E' una sensazione che possiamo provare anche quando ci troviamo sospesi nel vuoto, ad esempio, in funivia, a centinaia di metri dal suolo. o su un sentiero a picco sul mare o su un burrone. e Pascoli nella sua lirica l'ha vissuta questa vertigine, questo smarrimento di fronte al mistero che ci avvolge mentre tutto il suo essere sembrava naufragare nell'infinita immensità dove, forse, lo dice e lo spera, è Dio.
Il poeta, stretto dalle ideologie del positivismo, non riuscì a riapprodare alla fede cristiana della sua infanzia come fossero ancora vivi, è segno dell'ambiguità del suo interpretare il mistero della morte e dell'inconsapevole bisogno di credere.
