di Gabriele D'Annunzio
Commento:
La sezione finale dell'Alcyone, intitolata Sogni di terre lontane, è costituita da poesie ispirate a un sentimento di raccolta malinconia. Tutte le liriche che compongono questa sezione, infatti, invocano settembre, immagine della stagione estiva che sta per concludersi. Anche i pastori si ambientano alla fine dell'esteta per descrivere un rito (la transumanza, cioè il trasferimento delle greggi nel periodo autunnale) che simboleggia la ciclicità immutabile della vita e della natura.
La lirica si svolge con una solennità quasi sacrale, sia per il ritmo lento degli endecasillabi, sia per il linguaggio lento e coinciso. La descrizione è senz'altro densa di suoni, luci, colori, alla maniera dannunziana, ma tutto è dosato con una sobrietà classicheggiante che la rende una delle più belle e più intense del poeta. In essa egli sa esprimere il suo sentimento di affetto per una gente primitiva che ripete inconsciamente gesti che provengono da una tradizione antichissima, e di rimpianto per una vita che ormai fatalmente gli è lontana. Egli lascia che l'immaginazione si svolga, per così dire, da sé, senza sovrapporre nessun orpello di erudizione o di enfasi; lascia che nell'evocazione di costumanze della sua gente d'Abruzzi parli solo la pena del suo cuore, esule come quei pastori costretti ad allontanarsi dalla loro terra. In quelle immagini, pacate e solenni, legate alla tradizione di secoli e millenni, egli rivive il mito nostalgico di una nuova vita patriarcale che il suo cuore vagheggia con sincera nostalgia <<ah, perché non son io co' miei pastori?
Commento:
La sezione finale dell'Alcyone, intitolata Sogni di terre lontane, è costituita da poesie ispirate a un sentimento di raccolta malinconia. Tutte le liriche che compongono questa sezione, infatti, invocano settembre, immagine della stagione estiva che sta per concludersi. Anche i pastori si ambientano alla fine dell'esteta per descrivere un rito (la transumanza, cioè il trasferimento delle greggi nel periodo autunnale) che simboleggia la ciclicità immutabile della vita e della natura.
La lirica si svolge con una solennità quasi sacrale, sia per il ritmo lento degli endecasillabi, sia per il linguaggio lento e coinciso. La descrizione è senz'altro densa di suoni, luci, colori, alla maniera dannunziana, ma tutto è dosato con una sobrietà classicheggiante che la rende una delle più belle e più intense del poeta. In essa egli sa esprimere il suo sentimento di affetto per una gente primitiva che ripete inconsciamente gesti che provengono da una tradizione antichissima, e di rimpianto per una vita che ormai fatalmente gli è lontana. Egli lascia che l'immaginazione si svolga, per così dire, da sé, senza sovrapporre nessun orpello di erudizione o di enfasi; lascia che nell'evocazione di costumanze della sua gente d'Abruzzi parli solo la pena del suo cuore, esule come quei pastori costretti ad allontanarsi dalla loro terra. In quelle immagini, pacate e solenni, legate alla tradizione di secoli e millenni, egli rivive il mito nostalgico di una nuova vita patriarcale che il suo cuore vagheggia con sincera nostalgia <<ah, perché non son io co' miei pastori?