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Riassunto: Loreley, Heinrich Heine


Riassunto:
La leggenda di Loreley è cara alla tradizione popolare germanica e Heine la esalta poeticamente in questa simbologia di bellezza e morte. Il richiamo classico alle Sirene incantatrici di Omero è inevitabile, ma in più troviamo l’allusione all’oro, che tanta parte ha nei miti tedeschi che si ispirano al Reno e ai suoi misteri. Nella narrazione semplice e misteriosamente suggestiva come le fiabe di altri tempi, Loreley è mito, è sogno, è soprattutto simbolo di quella bellezza perfetta per raggiungere la quale si può anche morire. Il Canto trova appunto una sua adeguata sistemazione nella sensibilità romantica che ha come tema essenziale il fatale legame, appunto, di bellezza e di morte.

I tessitori di Heinrich Heine
Heine, in questo canto polemico e dissacrante, scritto nel 1844 in occasione di una rivolta di tessitore della Slesia, ci scopre l’aspetto più moderno della sua poesia in cui sentiamo i presagi del posteriore realismo. I toni sereni e fiabeschi del Romanticismo sembrano ormai in crisi, sostituiti da una lucida presa di coscienza della realtà con i suoi drammi di dolore e miseria. I tessitori della Slesia, avviliti dalla loro condizione di repressi e sopraffatti, godono nella rabbia di tessere il lenzuolo funebre per una Germania che dovrà tramontare, la vecchia Germania con le sue squallide ingiustizie e i privilegi atavici, destinata a morire sotto i colpi del risveglio sociale. La loro determinazione assurge a simbolo di un mondo che sta rapidamente mutando e di cui Heine, con il suo tono rivoluzionario, sembra farsi banditore.

Commento
Heine esprime direttamente, per bocca dei suoi personaggi, il loro dramma e con saggia limitazione all’essenziale ottiene l’effetto massimo. I tessitori di Heine parlano come soltanto semplici tessitori sanno parlare, eppure senza mai riposare; di giorno e di notte, perché sanno che tessono per la Germania, per la vecchia Germania, per il Sacro Impero romano-germanico un lenzuolo funebre, in cui intessono i segni magici di una triplice maledizione: una maledizione a Dio, a cui gli ignudi e gli affamati invano hanno chiesto aiuto; una maledizione al re, al re dei ricchi che ha estorto ai poveri l’ultimo centesimo; una alla falsa patria, che uccide in germe ogni forza viva e nutre di cadaveri i proprio vermi parassiti.



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