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Differenza tra potere dispotico e potere assoluto?

L'assolutismo non riguardò soltanto gli Stati monarchici, ma anche quelli oligarchico-repubblicani. Il potere assoluto si aveva quando l'autorità centrale riusciva a dominare e a comandare tutti i suoi sudditi senza essere ostacolata o impedita da privilegi particolari. Il dispotismo tipico degli Stati asiatici, come Russia, Cina, comportava che il potere fosse esercitato anche in modo arbitrario, mentre, della religione e alle leggi fondamentali dello Stato. Mentre il despota può essere considerato padrone dello Stato. Mentre il despota può essere considerato padrone dello Stato, il sovrano assoluto può essere considerato un padre, difensore e protettore dei propri sudditi.

Quali erano i limiti che un potere assoluto doveva, nel secolo XVII, rispettare per non essere detto dispotico?
Il sovrano assoluto rivendicava la sua esclusiva competenza in politica estera e finanziaria, amministrazione interna e difesa, governando lo Stato doveva procurare la preservazione e il benessere ai sudditi ma non rientrava nel suo diritto quello di mutare le regole di successione, manomettere la proprietà privata o la libertà perché allora sarebbe diventato un sovrano dispotico, contravvenendo alla sua funzione e alla sua natura.

Quali sono gli strumenti di cui si avvalse il potere assoluto per affermare la sua autorità?
Il potere assoluto era sfociato in una forma di anarchia in quanto non aveva burocrazia capace di controllare i propri possedimenti, quindi aveva bisogno di collaboratori fidati, ai quali venivano affidati mansioni di vario genere. Per esempio in Francia il sovrano formò attorno a sé un gabinetto costituito da segretari di Stato, in Spagna il re governava per mezzo di consiglieri diversi, ai quali affidava di seguire gli affari nelle varie parti del regno. Il sovrano, dunque si avvalse di collaboratori provenienti dal clero, dalla nobiltà e dall'alta borghesia. Gli uffici potevano essere venduti e gli acquirenti potevano essere anche non nobili. Però il servizio al re e allo Stato veniva dopo il concreto profitto che si poteva trarre dall'acquisto di un ufficio regio come l'esenzione dalle imposte e il servizio militare. Il sovrano per poter controllare questo nuovo gruppo di privilegiati avvertì la necessità di formare un corpo di funzionari, gli intendenti.

Quale fu la politica interna di Luigi XIV? Quale quella estera?
La politica interna che attuò Luigi XIV fu quella di subordinare al suo governo, tutti i poteri che vantavano una tradizionale indipendenza: la Chiesa, il Parlamento, i nobili, i detentori di uffici acquistati dalla Corona; rendere più efficiente l'amministrazione dello Stato e risanare l'economia della Francia. Il sovrano riuscì a sottomettere sotto il suo controllo la Chiesa gallicana procedendo all'eliminazione degli ugonotti. Tenne lontana la nobiltà dalla gestione degli affari politici dirottandola verso l'esercizio delle armi o chiamandola a condividere gli agi dei lussi di corte, e riuscì ad addomesticare il Parlamento persuadendolo e solo di rado imponendo la sua autorità. Per amministrare lo Stato si servì di esperti e leali collaboratori, mentre per risanare l'economia del paese adottò l'indirizzo mercantilista, riuscendo a mobilitare ogni settore dell'economia per dotare la Corona di mezzi finanziari cospicui per sostenere gli ambiziosi disegni del re. In politica estera mirò ad espandere la Francia farla diventare la potenza egemonica d'Europa.

Quale atto significò la definitiva vittoria del Parlamento inglese sulla Corona?
L'atto che significò la definitiva vittoria del Parlamento inglese sulla Corona fu l'atto di tolleranza (o meglio Legge di indulgenza) del 1689 che però escludeva dal trono gli Stuart cattolici, il divieto fatto alla Corona di rimuovere i giudici, e la Dichiarazione dei diritti giurata dal sovrano Guglielmo III, all'atto di assumere la corona, con la quale l'Inghilterra divenne una monarchia costituzionale, e in cui il sovrano controllato dai rappresentanti della nazione e vincolato al rispetto del patto sottoscritto.
La Dichiarazione sanciva un contratto liberamente stipulato tra sovrano e sudditi in cui venivano riassunti i diritti del Parlamento, l'approvazione parlamentare dei tributi, la libertà di parlare e il divieto fatto al monarca di avere un proprio esercito stabile.



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