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Gabriele D'Annunzio: Notturno

Notturno è strutturato in tre Offerte e un'Annotazione finale. Con disarmante sincerità D'Annunzio mette a nudo le difficoltà che lo ostacolano in quella sua inedita condizione di immobilità e cecità; e, insieme, descrive gli sforzi con cui riesce a superare caparbiamente gli ostacoli e a imparare, ancora una volta vittoriosamente, la propria volontà.

Analisi e commento

Il 23 Febbraio 1916, rientrando da un volo di ricognizione effettuato con un idrovolante, l'apparecchio subisce un arresto del rullaggio a causa di un banco di sabbia, il che provoca un forte sbalzo in avanti che porta l'autore-aviere a sbattere il volto contro la mitragliatrice di bordo. Un occhio è gravemente leso, e nel tentativo , inutile di salvarlo, il Poeta è costretto a starsene bendato, sommerso in una cecità artificiale. Non volendo tuttavia interrompere l'esercizio quotidiano di scrittura, molto simile, in lui, a una normale esigenza fisiologica, trova lo stratagemma di vergare gli appunti su brevi strisce di carta, che la figlia gratificata nel testo con gentile soprannome di Sirenella gli ritaglia nella stanza accanto.
D'Annunzio fu uno scrittore sempre disponibile al nuovo. Tenendo fede al suo stesso motto, o rinnovarsi o morire, egli riuscì più volte a rinfrescare, presso l'opinione pubblica, la propria figura di scrittore, come pure a rigenerare la propria creatività in forme nuove.
Una svolta importante si ebbe nel 1911, allorché D'Annunzio iniziò a pubblicare sul Corriere della Sera, una serie di scritte autobiografici, intitolati Le faville del maglio, che per la loro naturalezza e freschezza colpirono l'attenzione anche di critici antidannunziani, come per esempio Renato Serra. Su questa linea si pose poi la novità di Notturno.
I testi di Notturno furono concepiti durante la Prima guerra mondiale, tra il febbraio e l'aprile del 1916, dopo un incidente aviatorio verificatosi a Grado. Furono scritti nella Casetta rossa sul Canal Grande, a Venezia, presa in affitto dal poeta. Per ovviare alla cecità, la figlia Renata gli preparava striscioline (liste) di carta che potevano contenere ciascuna riga; D'Annunzio scriveva sdraiato supino nel letto, con gli occhi bendati, sulle striscioline distese su una tavoletta e precariamente trattenute dalle dita della mano sinistra. Finita la stesura, la figlia trascrisse pazientemente le circa diecimila liste, ma l'opera non poté essere subito pubblicata, perché il poeta era occupato dalle nuove operazioni militari. La stampa in volume fu rinviata al 1921, cioè una volta conclusasi l'occupazione di Fiume e dopo una significativa revisione d'autore.
Costretto all'immobilità e a una temporanea cecità, D'Annunzio dovette rinunciare ai libri e ai vocabolari, che fino a quel momento erano stati la sua costante fonte di ispirazione; inoltre le circostanze imponevano frasi brevi, essenziali. Da questa condizione nacque uno scrittore inedito e suggestivo, esploratore dell'ombra. L'autore che impara un arte nuova e scrive nell'oscurità diviene quasi profetica immagine della debolezza della letteratura novecentesca, costretta ad abbassarsi a pratica segreta, transitoria, instabile.
In apparenza stride il contrasto fra questa scrittura, ridotta ad appunto, a frammento, e le prose ruggenti del vate superuomo. Anche in Notturno, però rimase desto il D'Annunzio sperimentatore che conosciamo in precedenza egli aveva cantato le svariate forme della natura dell'estate alciona, e la fusione del proprio corpo con esse; ora non è meno attratto dalle inedite sensazioni di chi si scopre debole, e coglie la propria fisicità, costretta a letto, come in una bara. Il D'Annunzio tormentato dal dolore fisico e dall'insonnia è ancora e sempre una creatura terrestre, nella quale si riassumono tutte le altre creature. Perciò anche in Notturno rimane lo scrittore che proietta se stesso in un'atmosfera di mito; mentre dalla secchezza e coincisione dei periodi trapela pur sempre una base retorica militaresca, che pensa alla guerra come alla sola idealità del mondo.
Proprio la guerra è il contenuto più frequentemente sollecitato dal flusso dei ricordi e delle apparizioni che si susseguono nel buio, come il fantasma dell'amico aviatore Giuseppe Miraglia, alla cui morte viene dedicato un ampio quadro. Tuttavia in Notturno non c'è mai la scoperta del dolore universale e fraterno, quel bagno di umanità, che per esempio, si avverte nelle liriche di guerra di Ungaretti.


Notturno Prima offerta
Il poeta superuomo ed esteta (quello che aveva proclamato "il Verso è tutto", fondando così un progetto di scrittura totale, onnivora) diviene ora lo scrittore dagli occhi bendati, che può scrivere solo su labili supporti come le striscioline di carta: è l'immagine di una debolezza estrema. Nella notte della cecità (La stanza è muta d'ogni luce. Scrivo nell'oscurità. Traccio i miei segni nella notte) crollano le certezze, le visioni del superuomo; l'occhio non riesce più a seguire la mano che scrive; tutto appare labile. riesce più a seguire la mano che scrive; tutto appare labile, incerto.
Colui che fu per eccellenza il poeta degli occhi, poeta delle sensazioni splendide e sontuose, adesso è costretto a guardare al buio della propria coscienza: mai come in Notturno D'Annunzio ha sperimentato la condizione di debolezza e di estraneità tipica della letteratura novecentesca.
In realtà, però, D'Annunzio non rinuncia ancora a significare, a pensare la scrittura come l'ultimo rifugio possibile. Il primo scrittore del nostro Novecento è anche, in questo senso, l'ultimo scrittore della tradizione. Lo vediamo per esempio dall'orgoglio con cui viene ricordata la soluzione delle liste preparate dalla figlia; grazie a esse D'Annunzio può paragonarsi alle antiche Sibille, che scrivevano la sentenza breve su le foglie disperse al vento del fato.
In Notturno il pensiero e la scrittura si fissano suggestivamente in un presente continuato, che pare eterno. E' una dimensione temporale che appartiene alla lirica più che alla prosa: Notturno è infatti un tipo di prosa lirica, diversa da quella oratoria dei romanzi. In essa ritroviamo il malinconico rammarico per quanto è andato perduto, accanto ad allucinazioni e illusioni: gli stati d'animo si combinano in un tenue chiaroscuro, soffuso di un'avvolgente musicalità.



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