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Foscolo: Colloquio con Parini

Jacopo Ortis, dal suo rifugio sui colli Euganei, si reca prima a Padova per frequentarvi l'università; va quindi a Ferrara, a Bologna, a Firenze e a Milano dove conosce il Parini. Una sera, passeggiando nella sobborgo orientale della città, sotto un boschetto di tigli, i due intrattengono un lungo colloquio sulla situazione politica italiana, scambiandosi, da patriottici quali sono, le proprie delusioni e sofferenze.


Riassunto

Il brano analizzato è la lettera del 4 dicembre tratta dal romanzo epistolare “Ultime lettere di Jacopo Ortis”, scritto da Ugo Foscolo come denuncia nei confronti del trattato di Campoformio con il quale Napoleone aveva ceduto all’Austria il Veneto, calpestando tutti gli ideali di libertà e democrazia tanto amati dai rivoluzionari veneziani.
In questo brano Foscolo fonde abilmente il tono molto acceso e vivace del giovane Ortis e quello ben più pacato e fiducioso del “vecchio venerando” Parini, ormai segnato dalla propria vecchiaia e dalla saggezza maturata con l’esperienza. Entrambi, però, incarnano senza dubbio la figura del libero intellettuale, colui che non lascia che la propria arte venga soggiogata al potere, ma che attraverso essa esprime i propri dissensi e gli ideali che lo guidano e analizza in modo critico la società a lui contemporanea.
Il dialogo si apre con la descrizione e l’analisi delle conseguenze che l’avvento di Napoleone ha causato. Innanzitutto il dominio francese non ha fatto altro che ridurre l’Italia a Stato sottomesso, così come le “antiche tirannidi” spagnole del Cinque e Seicento hanno fatto a loro tempo. Inoltre gli uomini di lettere si sono “prostituiti” alla tirannia, mettendo al servizio del nuovo regime la propria arte e tornando ad incarnare la figura dell’intellettuale cortigiano che asseconda la propria arte all’esaltazione e alla propaganda degli ideali del regime. Infine la delusione provocata dal tradimento di Napoleone ha portato i cittadini italiani ad abbandonare quello spirito eroico che nel periodo della Rivoluzione aveva trascinato gli uomini a compiere azioni valorose. Al suo posto, infatti, non rimangono che indifferenza e mancanza di ideali da perseguire e per i quali lottare. In queste condizioni neppure la presenza di “eroi politici”, come lo stesso Ortis, può essere d’aiuto.
A questo punto il Parini espone la sua teoria riguardo la fama degli eroi che “spetta un quarto alla loro audacia; due quarti alla sorte; e l’altro quarto a’ loro delitti”. Questo punto di vista ricorda molto quello sostenuto dal Machiavelli secondo il quale ben la metà del successo di un buon principe deriva dalla buona sorte e un’altra buona parte va alla sua crudeltà. Certamente il periodo storico in cui Jacopo vive non prospetta certo buona fortuna a coloro che tentano di andare contro un regime forte e autoritario che stringe in mano la terribile arma delle persecuzioni e delle liste di proscrizione.
Nonostante la situazione si configuri come tragica ed irreversibile, tuttavia, Jacopo non smette di opporsi e, smanioso di lottare per la propria patria, propone di tentare il tutto per tutto ed è pronto a sacrificare la sua stessa vita per i propri ideali.
Tuttavia il Parini, forte della propria esperienza, si vede costretto a contrastare le forze del giovane e a consigliargli di indirizzarle verso altre passioni. Il “vecchio venerando” mostra a Jacopo l’impossibilità di un’azione politica sulla base della passata Rivoluzione francese. Essa, infatti, oltre ad aver causato il fallimento di ideali come l’uguaglianza, la libertà e la fratellanza, ha portato verso la dittatura di Napoleone e l’asservimento dell’Italia. È a questo punto che la morte resta per Jacopo l’unica via d’uscita da considerare.


Analisi e riflessione

È una rappresentazione del tutto immaginaria della figura del Parini: uomo di temperamento mite, per quanto severo e dignitoso, il poeta de Il Giorno non prese mai atteggiamenti così appassionati ed esagerati come quelli che il Foscolo gli attribuisce. Ma letteralmente la rappresentazione è più che mai vivace e, senza dubbio, di grande effetto perché sostenuta dal calore di una passione che anima davvero il nostro scrittore. Tutto ciò che il Parini dice, rientra nell'ambito di quelle passioni e di quei pensieri che furono propri del Foscolo: l'amore per la libertà e per la patria e quindi l'opposizione ai Francesi che lo avevano deluso nei suoi più cari ideali. Certamente, nel suo ardore romantico e nella sua educazione alferiana, egli amò caricare le tinte nell'esprimere questi sentimenti nelle pagine dell'Ortis, e spesso preferì anche abbandonarsi all'enfasi, come abbiamo potuto osservare in diversi tratti del brano.

Il tono della narrazione è elevato e piuttosto vicino all’ideale neoclassico, ed il lessico, sia quello usato nelle parti narrative che in quelle discorsive, è aulico e si avvale della presenza di numerosi latinismi. La sintassi è per lo più paratattica, ricca di proposizioni coordinate, e poiché la conversazione è accesa e sentita, al fine di far trasparire le emozioni sono spesso usate proposizioni interrogative ed esclamative.
Molte sono, inoltre, le reminiscenze classiche. Sono citati ad esempio, Silla e Catilina; è fatto riferimento ai libri IV e VI dell’Eneide di Virgilio (discorso di Didone contro Enea che l’ ha abbandonata) e agli Annali di Tacito (storia di Cocceo Nerva che, pur di sottrarsi al governo di Tiberio, si suicida).



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