Siamo all'ultimo atto del dramma di Enrico IV: egli, ormai risanvito, ma sconvolto al pensiero dei tanti anni di vita normale che gli ha rubato colui che tentò di ucciderlo e lo fece impazzire, vuole prendersi la vendetta. Si scaglia infatti su Tito Belcredi, il falso amico artefice della sua sventura e lo uccide. Ma ben dura è l'espiazione per quel gesto; egli si condanna irreparabilmente ad accettare la sua maschera di pazzo, se vuole sfuggire alle responsabilità che come uomo savio dovrebbe sostenere.
Analisi e breve commento
Il finale del dramma Enrico IV è costruito con un dialogo serrato e impetuoso, in un precipitare di avvenimenti che portano alla sua risoluzione. Il protagonista, con rievocazioni e riflessioni costruite paradossalmente sul filo della logica, sorprende i suoi interlocutori, li stupisce con le verità che rivela dall'alto della sua lucida pazzia e li lascia attoniti con la rapidità della sua vendetta. In definitiva Enrico IV espone tesi interessanti:
-In una società di ipocrisie e convenzioni, tutti gli uomini sono spinti a costruirsi un ruolo, a indossare una maschera, cioè a recitare in una parata di pazzia collettiva. Meglio, allora, indossare la maschera del pazzo e vivere libero dalle comuni convenzioni;
-L'uomo, sotto la sua maschera, non può essere mai conosciuto a fondo dagli altri ed è costretto alla solitudine, infiorettandola degli splendori di una carnevalata!
-Ma chi è il pazzo? Nella società in cui viviamo chi è catalogato tale è considerato nessuno.
Enrico, quando uccide Belcredi è pazzo o non è pazzo? Chi può dirlo dal momento che ha indossato di nuovo la sua maschera di pazzia?
Sotto quella maschera egli può uccidere e vendicarsi senza essere punito perchè in realtà è nessuno.
E come alla fine di tutti i drammi di Pirandello, lo spettatore rimane sconvolto, pensoso, sorpreso da una soluzione inaspettata, eppure l'unica possibile.
