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Musica del Novecento

Tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento vivono e operano alcuni autori che, pur non essendo romantici, e neppure tardo romantici, sono però legati alla musica dell’Ottocento più che a quella del Novecento. La loro musica, infatti, si basa ancora, anche se non esclusivamente, sulla tonalità, cioè sulle scale maggiori e minori, proprio come la musica di Bach, Beethoven e Verdi, mentre gli autori pienamente novecenteschi, come Schonberg, utilizzeranno scale diverse e abbandoneranno del tutto la tonalità.
Diremo quindi che il Novecento musicale è caratterizzato dal fatto che i compositori abbandonano il linguaggio tonale tradizionale. Ma come sempre accade, questo nuovo modo di comporre non nasce dal nulla, è anzi preparato dalla generazione di musicisti che stiamo per conoscere meglio.

Gustav Mahler

Di origine boema, come Dvorak e Smetana, Gustav Mahler (1860-1911) fu in vita un grande e apprezzato direttore d’orchestra, mentre come compositore fu molto sottovalutato. Oggi è considerato uno dei maggiori del suo tempo, soprattutto per le sinfonie (nove come quelle di Beethoven: di una decima ci è rimasto solo qualche frammento).
L’importanza delle sinfonie di Mahler è dovuta innanzitutto al fatto che esse rinnovano la struttura tradizionale basata su quattro tempi (forma sonata, adagio, minuetto o scherzo, finale). Questa struttura era già stata messa in discussione molte volte: la Sesta sinfonia di Beethoven fantastica di Berlioz, o la Sesta sinfonia di Cajkovskij.
La seconda ragione per cui queste sinfonie sono importanti è che Mahler le scrisse per un’orchestra di dimensioni mai viste.
Già Berlioz e Wagner avevano portato l’orchestra a dimensioni sempre più gigantesche, ma Mahler aggiunse ancora nuovi strumenti. Berlioz e Wagner, però, avevano aumentato le dimensioni dell’orchestra per ottenere suoni particolarmente forti e violenti. Mahler invece usa un grande numero di strumenti per ottenere nuove combinazioni, non suoni più forti. Il compositore usa infatti prevalentemente l’orchestra a piccoli gruppi, e cerca sonorità dolci, delicate e raffinate.

Richard Strauss

Il tedesco Richard Strauss (1864-1949), da non confondere con i celebri autori di valzer viennesi, Johann e Joseph, fu al contrario di Mahler un musicista molto apprezzato anche in vita.
Inizialmente il suo genere prediletto fu il poema sinfonico, un genere di musica descrittiva che gli permetteva di affrontare i temi, i personaggi e le situazioni che preferiva. Nacquerto così: Don Giovanni, che narra le avventure del celebre seduttore; Una vita d’eroe, che narra la vita dello stesso Strauss; I tiri burloni di Till Eulenspiegel, che narra le vicende di un eroe popolare fiammingo, una sorta di buffone che metteva alla berlina i potenti e gli sciocchi del suo tempo.
Nella seconda parte della carriera, invece, Strauss preferì rivolgersi all'opera  egli riuscì però a rivitalizzare questo genere con lavori come Salomé (che racconta la cupa vicenda della figlia di Erode che fece decapitare Giovanni Battista) e il cavaliere della rosa (di tono più leggero, simile a quello di certe opere buffe del Settecento).

Claude Debussy

I musicisti francesi, che durante la prima metà dell’Ottocento si erano dedicati prevalentemente all’opera, come quelli italiani, nella seconda metà del secolo ripresero a dedicarsi con grande impegno alla musica strumentale. Il più importante compositore francese del secondo Ottocento è infatti Claude Debussy (1862-1918), autore di musica da camera, di poemi sinfonici di un’opera teatrale e di molte composizioni per pianoforte.
La sua musica è caratterizzata soprattutto dalla prevalenza di toni sfumati, dolci, raffinati, ottenuti mediante lo studio degli effetti timbrici dei vari strumenti. Con Debussy, come con Mahler, i fiati e le percussioni acquistano nell’orchestra un’importanza addirittura superiore a quella degli archi.
Le melodie di Debussy, come quelle di Mahler, sono in genere semplicissime, basate su poche note; ma in Mahler il ritmo ha grande importanza, mentre nella musica di Debussy quello che conta è soprattutto l’atmosfera, e il ritmo è tanto vario che sembra quasi inesistente.
Per questo suo carattere vago, che tende a evocare delle atmosfere più che a descrivere con precisione, la musica di Debussy è stata accostata alla pittura degli impressionisti (Manet, Monet, Renoir, Pissarro, Degas ecc.), caratterizzata da rapidi tocchi di colore brillanti e dalla mancanza di contorni precisi e di dettagli.

Maurice Ravel

Mentre Debussy confonde i ritmi e li varia continuamente, si che nella sua musica questa sembra la componente meno importante, Maurice Ravel (1875-1937) basa le sue composizioni proprio sulla precisione spagnola (due tradizioni in cui il ritmo ha un’importanza grandissima), Ravel fu uno dei pochi musicisti del Novecento ad avere grande successo. Alcune delle sue composizioni, e in particolare le danze, come Bolero e La valse, forse perché la loro ritmicità facilita l’ascolto, sono tra le più popolari della musica del Novecento.

Arnold Schonberg

A partire dagli anni immediatamente precedenti alla prima guerra mondiale, si delineano in musica due correnti principali, decisamente antitetiche: la prima, che chiameremo sperimentale, è rappresentata dal viennese Arnold Schonberg; la seconda, che chiameremo neoclassica, dal russo Igor Stravinskij.
Schonberg (1874-1951) è il musicista più sperimentale della prima metà del Novecento. La sua opera può essere suddivisa in tre fasi.
Nella prima fase, cioè con le sue prime composizioni, Schonberg imitò lo stile di Wagner e di Mahler, esasperando il linguaggio tradizionale della tonalità, basato sulle scale maggiori e minori.
In una seconda fase, cioè con le opere scritte fra l’inizio del Novecento e la prima guerra mondiale, Schonberg abbandonò il linguaggio tonale e decise di non rispettare più nessuna regola: un po’ come se noi decidessimo di scrivere un libro senza rispettare la grammatica e la sintassi. Le opere di questo periodi sono dette atonali, cioè senza tonalità.
La musica atonale è completamente dissonante, proprio perché il compositore non rispetta più le regole che in precedenza stabilivano l’alternanza tra accordi consonanti (sui quali l’orecchio poteva riposare) e accordi dissonanti. A causa di questo fatto, le composizioni atonali risultano difficili da capire, proprio come un libro scritto appunto senza rispettare nessuna regola.
Schonberg voleva esprimere con questa musica difficile e sgradevole all'orecchio una situazione di infelicità, di smarrimento, che non era solo sua personale, ma di tutta l’Europa alla vigilia della prima guerra mondiale.
Dopo la prima guerra mondiale, e siamo nella terza fase, Schonberg si rese conto che senza una grammatica non era più possibile scrivere nulla. Naturalmente non era più possibile recuperare la grammatica tradizionale della tonalità, e quindi Schonberg volle inventarsene una nuova, basata sulla scala cromatica, cioè quella fatta di dodici suoni, anziché sulle scale maggiori e minori. Il nuovo linguaggio musicale venne definito dodecafonia (che significa appunto dodici suoni), perché le composizioni dodecafoniche sono basate su una serie di dodici suoni tutti diversi tra loro e tutti ugualmente importanti (mentre nelle scale tradizionali alcuni suoni sono più importanti di altri).
Schonberg e i suoi seguaci sostenevano che il musicista doveva provocare il pubblico, suscitare scandalo, al limite comporre musiche inascoltabili, per esprimere in questo modo la condizione di disagio e di infelicità dell’uomo moderno.
Se l’uomo è infelice, se gli individui non si sentono a loro agio nella società, è inutile creare musiche facili e gradevoli, perché queste rappresentano un’illusione, un inganno: se la realtà è brutta, dobbiamo dirlo, non mascherarla.

Igor Stravinskij

Il compositore russo Igor Stravinskij (1882-1971), contemporaneo di Schonberg, decise di intraprendere un cammino completamente diverso, cercando di scrivere musica che la gente potesse apprezzare e ascoltare con piacere, pur non rinunciando agli esperimenti e alle novità.
Anche la carriera di Stravinskij può essere divisa per comodità in varie fasi, corrispondenti a periodi ben distinti della sua vita.
In gioventù Stravinskij compose opere legate alla tradizione russa. Tra la produzione di questo primo periodo, che spesso si basa su temi popolari, spiccano i tre grandi balletti Petrushka, L’uccello di fuoco e La sagra della primavera. In essi Stravinskij usa una grande orchestra, come quasi tutti i suoi contemporanei, e attribuisce grande importanza al ritmo.
In alcune parti di Petrushka, per esempio vi sono indicazioni ritmiche diverse a ogni battuta (7/8, 5/8, 7/8, 5/8, 8/8 ecc.).
Dopo la prima guerra mondiale, Stravinskij si distaccò dalla tradizione russa (oltretutto la rivoluzione sovietica l’aveva costretto all'esilio  e si rivolse alla tradizione classica dell’Europa occidentale, soprattutto alla musica del Settecento.
Naturalmente questo non lo portò semplicemente a imitare Mozart o Pergolesi: Stravinskij voleva usare il linguaggio musicale del Settecento come una grammatica, un insieme di regole che permettessero alla sua musica di essere capita e apprezzata dagli ascoltatori. Nacquero così le opere neoclassiche di Stravinskij (che appunto si rifacevano al classicismo settecentesco), tra queste bisogna citare La carriera di un libertino, un’opera che riprende le forme del melodramma tradizionale.
Nella vecchiaia, quando ormai la musica dodecafonica di Schonberg si era affermata in tutto il mondo, Stravinskij pensò che, dopo aver imitato i grandi maestri del passato, poteva imitare anche i maestri a lui contemporanei, e scrisse musica dodecafonica. Ma la sua musica, pur utilizzando lo stesso linguaggio, resta molto diversa da quella di Schonberg: Stravinskij infatti, che in gioventù era diventato celebre come autore di balletti, continuava a dare al ritmo un’importanza particolare, che rende le composizioni inconfondibili.

Musica popolare

Schonberg e Stravinskij, la dodecafonia e il neoclassicismo, rappresentano le due strade principali seguite dalla musica del Novecento fino alla seconda guerra mondiale. Nello stesso periodo, però, emersero anche altre idee, i musicisti seguirono anche altre strade. Due di queste strade furono quella del jazz e quella della musica popolare. Del jazz parleremo in un'altra discussione, della musica popolare è giusto dire qualche cosa prima di concludere il nostro discorso.
Nel nostro secolo, sulla scia dell’interesse romantico per le musiche popolari, è nata e si è sviluppata una vera e propria scienza, l’etnomusicalogia, che studia le tradizioni musicali popolari, europee ed extraeuropee.
Il fenomeno delle scuole nazionali, che aveva dominato la seconda metà dell’Ottocento, è tutt'altro che esaurito: in Spagna Manuel De Falla scrisse canzoni e splendidi balletti ispirandosi alle tradizioni musicali della sua terra, interpretate secondi il linguaggio musicale moderno; in Brasile operò Heitor Villa Lobos, che scrisse molte musiche per chitarra, rivitalizzando uno strumento che l’Ottocento romantico aveva ingiustamente trascurato.
In Ungheria nacque uno dei più grandi compositori del secolo, Béla Bartok (1881-1945).

Béla Bartok

Fin da giovani, Bartok si dedicò intensamente alla ricerca e allo studio degli antichi canti popolari rumeni, bulgari, ungheresi ecc., che poi utilizzò nelle sue composizioni.
Grande pianista, egli scrisse concerti, opere, sonate, quartetti ecc. Ma il nome delle sue composizioni non deve farci credere che si tratti di musiche tradizionali: il celebre Concerto per orchestra, per esempio, è già nel titolo un’eccezione, dato che dal Seicento in poi il termine concerto non indicava più una composizione per sola orchestra.
Inoltre Bartok creò insiemi diversi, utilizzando molti strumenti a percussione e inserendo il pianoforte nell'orchestra.
Il suo lavoro è molto importante anche sul piano didattico: egli scrisse infatti un’opera, Mikrokosmos, destinata ai giovani che iniziano a studiare il pianoforte; era infatti convinto che la musica dovesse diffondersi il più possibile, e che il maggior numero possibile di persone dovesse poter non soltanto ascoltare, ma anche suonare direttamente.

Altro ancora…

La storia della musica, naturalmente, non è finita. Nella seconda metà del secolo si sono sviluppate nuove esperienze, che qui ci limitiamo ad accennare brevemente.
Da Anton Webern, un altro importante esponente della musica d’avanguardia, ha preso le mosse la scuola chiamata Nuovo Serialismo, che annovera tra i suoi maestri il tedesco Karlheinz Stockhausen e il francese Pierre Boulez.
L’americano John Cage ha fondato tutta la sua musica sull'occasionalità, sul caso, sull'improvvisazione.
Grande sviluppo ha avuto la musica elettronica, che sfrutta l’elettricità per ottenere nuovi suoni o per deformare e variare quelli tradizionali.
In Italia si sono imposti i nomi di musicisti quali Goffredo Petrassi, Bruno Maderna, Luciano Berio, Luigi Nono e Giacomo Manzoni, che testimoniano la ricchezza del panorama e la vivacità delle esperienza contemporanee.



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