La poesia "Il tuono" è stata scritta da Giovanni Pascoli nel 1890, fa parte della raccolta Myricae e si trova nella sezione Tristezze.
Il tuono: testo
E nella notte nera come il nulla,
a un tratto, col fragor d'arduo dirupo
che frana, il tuono rimbombò di schianto:
rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,
e tacque, e poi rimareggiò rinfranto,
e poi vanì. Soave allora un canto
s'udì di madre, e il moto di una culla.
Il tuono: parafrasi
E in una notte buia come il nulla
all'improvviso, con il fragore di una rupe
che frana, il tuono rintronò di colpo:
rimbombò, riecheggiò, rotolò minaccioso,
poi tacque, e poi rumoreggiò come un'onda di mare che si infrange sopra gli scogli,
e infine scomparve. A quel punto si sentì il dolce canto
di una madre, e il dondolìo di una culla.
Il tuono: analisi del testo
Schema Metrico: stanza di ballata piccola, composta di versi endecasillabi rimati secondo lo schema A BCBCCA.Il titolo "Il tuono" ha lo scopo di informare il lettore di ciò di cui si sta parlando. Tuttavia a differenza delle poesie di Ungaretti (vedi: Soldati) dove in assenza del titolo non sarebbe facile capire il soggetto della poesia, in Pascoli è più semplice perché "il tuono" viene nominato anche all'interno del testo al 3° verso, e a questo fenomeno atmosferico sono collegati la maggior parte dei verbi successivi. La lirica può essere suddivisa in due parti in contrasto tra loro:
- la prima parte, in cui viene descritto il suono del tuono che è rumoroso, potente, devastante, spaventoso;
- la seconda parte, in cui viene messo da parte il tuono per fare spazio al canto della madre che culla il suo bambino, i cui suoni rasseneranti sono il canto leggero e il dondolìo della culla.
Nella prima parte (fatta eccezione per il primo verso) il ritmo della lirica è veloce e lo si può notare dalla rapida successione delle voci verbali. Dal 5° verso il ritmo cala (tacque, e poi vanì), per poi appiattirsi del tutto nei due versi finali dove avviene un cambiamento di scena e di tono.
Da segnalare che i verbi sono coniugati al passato remoto e che quelli principali, ovvero rimbombò, rimbalzò e rimareggiò iniziano tutti con il gruppo "rim"; e anche l'uso ripetuto di parole che contengono la vocale u (arduo, dirupo, tuono, cubo). Tale scelta dell'autore è dovuta per imitare la natura anche nei suoi suoni, in questo caso quelli del tuono.
In conclusione, quando il tuono esce di scena, subentra la figura materna che simboleggia la protezione, la sicurezza e la serenità.
Notare anche che il primo verso (nulla) rima con l'ultimo verso (culla). Anche queste due parole sono in contrasto fra loro, il nulla del mondo esterno è un qualcosa che ci spaventa e ci dà un senso di smarrimento, è come non avere nulla a cui aggrapparci quando stiamo per cadere, oppure provate a immaginare voi stessi che state camminando, quando d'un tratto sparisce la superficie sotto ai vostri piedi e cadete nel vuoto (qualcuno di voi potrebbe anche aver già sognato qualcosa di simile): ecco, è questo il nulla affrontato in questa lirica. La culla invece è il rifugio perfetto, il luogo più protetto e rassicurante, e la figura materna aggiunge ulteriore protezione dal momento che cerca di distrarre il fanciullo da un evento così terribile e violento con un dolce canto (il nido, tema classico della poesia pascoliana). Da un lato abbiamo il nulla, che non è esattamente la morte ma è qualcosa di molto brutto, e dall'altro la culla che simboleggia la nascita, ovvero qualcosa di meraviglioso.
Significato parole:
- NERA COME IL NULLA: la similitudine vuol suscitare l'impressione del buio intenso, pauroso.
- COL FRAGOR: con il fragore di una rupe che frani dall'alto (arduo).
- DI SCHIANTO: all'improvviso, di colpo.
- RIMBALZO': riecheggiò a tratti.
- RIMAREGGIO' RINFRANTO: rumoreggiò lontano nella notte come onda di mare che si frange contro gli scogli.
- SOAVE ALLORA: l'impressione visiva (notte nera) e uditiva (fragor, rimbombo, schiantò) si dissolvono in una impressione affettiva (il canto soave di una madre che cerca di sopire il pianto del suo bambino svegliato dal tuono).
Il tuono: figure retoriche
- Nella notte nera nulla = allitterazione della N (v. 1).
- Come il nulla = similitudine (v. 1). Per dare un impressione di buio cupo da far paura.
- Tratto, fragor d'arduo dirupo frana = allitterazione della R (vv. 2-3).
- Dirupo / che frana = enjambement (vv. 2-3).
- Rimbombò = onomatopea (v. 3)
- Rimbombò, rimbalzò, rotolò = enumerazione per asindeto (v. 4). Cioè non ci sono congiunzioni, ma solo la punteggiatura debole che separa i verbi.
- Rimbombò, rimbalzò, rotolò = sinestesia (v. 4). I seguenti verbi hanno sia la sensazione visiva che uditiva.
- E tacque, e poi rimareggiò rinfranto, e poi vanì = enumerazione per polisindeto (vv. 5-6)
- Soave ... un canto = iperbato (v. 6).
- canto / S'udì di madre = anastrofe (vv. 6-7). Cioè: "canto di madre s'udì".
- Canto / S'udì = enjambement (v. 6).