Indice
Testo 1
Non più ora tra la piana sterminata
E il largo mare m'apparterò, né umili
Di remote età, udrò più sciogliersi, chiari,
Nell'aria limpida, squilli; nè più
Le grazie scerbe andrà nudando
E in forme favolose esalterà
Folle la fantasia,
Nè dal rado palmeto Diana apparsa
In agile abito di luce,
Rincorrerò
In un suo gelo altiera s'abbagliava,
Ma le seguiva gli occhi nel posarli
Arroventando disgraziate brame,
Per sempre
Infinito velluto.
E' solo linea vaporosa il mare
Che un giorno germogliò rapace,
E nappo d'un miele, non più gustato
Per non morire di sete, mi pare
La piana, e a un seno casto, Diana vezzo
D'opali, ma nemmeno d'invisibile
Non palpita.
Ah! questa è l'ora che annuvola e smemora.
Testo 2
Il sole rapisce la cittàNon si vede più
Neanche le tombe resistono molto
Analisi del testo e commento
Giuseppe Ungaretti nacque nel 1888 da genitori lucchesi ad Alessandria d’Egitto, dove visse sino all’età di 24 anni compiendo gli studi secondari e frequentando gli ambienti letterari di quella città. I suoi primi ricordi d'infanzia rimandano a questa città, che egli ricorda con nostalgia, da qui il titolo "Ricordo d'Affrica".
Nella prima poesia è facile intuire che il tema principale è il tempo e che col passare del tempo (= invecchiando) si tende a ricordare meno bene le cose. In questo caso i ricordi sono quelli della sua infanzia trascorsa nella sua città, Alessandria d'Egitto, con la consapevolezza che non potrà più rivivere quei momenti. Il raddoppio arcaico (= antico) della lettera "f" per Affrica anziché Africa serve a creare un'immagine ancora più lontana e legata al passato. E poi vi sono numerosi aggettivi e immagini per raccontare la nostalgia, il ricordo, la tristezza dell'appannamento lento della memoria.
In questa poesia descrive brevemente Alessandria d'Egitto da un punto di vista geografico alludendo al fatto che si trova tra deserto (piana sterminata) e mare (il largo mare), e che in essa si trova un palmeto.
La figura di Diana è un riferimento alla Dea romana e la utilizza in questa poesia non per ribadire che è una dea della caccia ma per esprimere un sentimento di purezza e sensualità che egli attribuisce al deserto africano.
La poesia si conclude sostenendo che è giunta l'ora in cui il cielo si copre di nuvole (= annuvola) e quindi il Sole essendo coperto crea l'immagine di una persona che prova a ricordare ma i ricordi sono offuscati.
La poesia si conclude sostenendo che è giunta l'ora in cui il cielo si copre di nuvole (= annuvola) e quindi il Sole essendo coperto crea l'immagine di una persona che prova a ricordare ma i ricordi sono offuscati.
Nella seconda poesia il luogo in questione è sempre la città di Alessandria d'Egitto che viene "rapita" dal sole, ovvero questo Sole che porta luce e protezione (a differenza della nebbia), è però così intenso che non permette di vedere, è accecante. Quindi Ungaretti paragona il bagliore del Sole alla difficoltà che ha nel rievocare i ricordi giovanili di quando viveva in Africa. Questi ricordi ci sono ancora, sopravvivono nella sua memoria, ma diventano lentamente sempre più friabili (= cioè si sgretolano facilmente) sotto il peso della lontananza e del trascorrere del tempo. Non è sufficiente nemmeno pensare alle persone care passate a miglior vita per permettere al ricordo di restare integro sotto un sole tanto accecante.
Figure retoriche
Nella prima poesia:
Piana sterminata = perifrasi (v. 1). Per indicare il deserto.
Nell'aria limpida squilli = allitterazione della L (v. 4).
Forme favolose folle fantasia = allitterazione della f (vv. 6-7).
Annuvola e smemora = endiadi (v. 23).
Nella seconda poesia:
Il sole rapisce la città = metafora (v. 1). S'intende che l'intera città è avvolta dal bagliore del sole.