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Musica: Il Melodramma

Nel Seicento si affermano il melodramma e nuove forme musicali

Nel Seicento (fino alla prima metà del Settecento) si afferma una tendenza, in campo letterario e artistico, chiamata barocco. Nell'ambito musicale il barocco è caratterizzato da questi importanti elementi: ritorna ad affermarsi la monodia, attraverso la nascita di un nuovo genere, il melodramma (cioè dramma in musica); si sviluppa ulteriormente la musica strumentale e questo porta alla nascita di nuove forme musicali.

Le caratteristiche del melodramma

All'inizio del Seicento si afferma dunque, e nel giro di pochissimi anni, un nuovo genere musicale: il melodramma. Si tratta di uno spettacolo teatrale in cui l'azione è espressa attraverso la musica e il canto. Naturalmente, esistevano anche prima diversi spettacoli in cui alcune parti erano accompagnate dalla musica: dalla tragedia, che negli intervalli inseriva intermedi (intermezzi) musicali, fino alla favole pastorale e alla divertentissima commedia dell'arte (dove a cantare erano gli attori). Ma un intero spettacolo tutto musicato era una novità assoluta.
Una delle caratteristiche del melodramma è la monodia: il cantante ha la parte più importante, e gli strumenti hanno una funzione di semplice accompagnamento.
Come si cantava nel melodramma? Non dobbiamo pensare a un canto spiegato, come quello a cui siamo abituati oggi, ma piuttosto a una specie di recitazione, intonata ma molto poco melodica, che veniva detta appunto recitar cantando.

Il melodramma si sviluppa prima nelle corti, poi nei teatri

Il nuovo genere per musica fu coltivato dapprima nelle corti, che incaricavano il poeta e il musicista di creare un elemento spettacolare da inserire in una festa importante. Per esempio, il primo melodramma, l’Euridice di Jacopo Peri, venne composto per le nozze del granduca di Toscana.
Il melodramma era quindi uno spettacolo non frequente, costoso, cortigiano in quanto si rivolgeva ai gentiluomini e alle gentildonne della corte (che partecipavano come a una cena o a un ballo, certo senza pagare il biglietto!)
Ma nel 1637 il dramma per musica esce per la prima volta dal chiuso delle corti ed entra nel vivo dei teatri. Non è più lo spettacolo inserito in una festa e rappresentato magari solo in quell’occasione; è uno spettacolo indipendente, che viene replicato, cioè ripetuto, finché c’è gente disposta a pagare per andarlo a vedere.
L’invenzione spetta a Venezia, che proprio nel 1637 apre alla musica il teatro di S. Cassiano. Da allora, in breve, i teatri aumentarono di numero, prima di Venezia, poi in Italia, e in poco tempo il melodramma si diffuse in tutta l’Europa.

Il primo grande compositore di melodrammi: Claudio Monteverdi

I primi anni della storia del melodramma sono dominati dalla grande figura di Claudio Monteverdi (Cremona 1567 – Venezia 1643), di cui abbiamo già parlato come autore di madrigali.
Con Monteverdi la struttura del melodramma venne perfezionandosi e il nuovo genere ebbe un grande sviluppo.
Il recitar cantando era un po’ monotono e la sua uniformità avrebbe ben presto allontanato gli spettatori. Monteverdi inserì quindi dei pezzi strumentali e soprattutto delle vere e proprie arie, cioè dei pezzi più melodici, più orecchiabili, e anche più difficili da cantare, che servivano per approfondire la psicologia del personaggio.
L’importanza di Monteverdi nel campo del melodramma risultò chiara fin dalla sua prima opera, l’Orfeo composto nel 1607, ma l’opera più matura di questo compositore è L’incoronazione di Poppea, rappresentata nel 1643. Quest’opera narra la vicenda della seconda moglie dell’imperatore romano Nerone; la novità dell’opera consiste soprattutto nella scelta di un argomento storico e nell’abbandono dell’argomento mitologico (Nerone e Poppea sono personaggi realmente esistiti, Orfeo ed Euridice sono personaggi fantastici). Una strada, questa, che rispondeva alle esigenze di un pubblico teatrale, diverso da quello cortigiano. Un principe poteva infatti appassionarsi alle favole antiche, i cortigiani potevano avere la cultura necessaria per comprendere il significato dei miti greci, ma il pubblico dei teatri voleva cose più reali, più vicine alla propria esperienza e alla propria mentalità.


Il settecento viene diviso in due parti

Il Settecento viene tradizionalmente diviso in due parti. Nella prima metà del secolo la musica conserva infatti molti dei caratteri tipici del Seicento, e viene perciò definita tardo-barocca. Nella seconda metà del secolo, invece, il linguaggio musicale cambia radicalmente, dando luogo all’epoca classica della storia della musica.

Nel Settecento: Opera seria e buffa

La grande fortuna del melodramma continua anche nel Settecento. In questo periodo, tra un atto e l’altro del melodramma, mentre si cambiavano le scene e si concedeva un po’ di riposo ai cantanti, gli autori incominciavano a inserire dei brevi intermezzi, cioè scenette che si svolgevano davanti al sipario chiuso per intrattenere il pubblico e non farlo annoiare.
Le vicende di questi intermezzi avevano un carattere comico e i personaggi protagonisti non erano dèi, eroi, e imperatori, ma piuttosto gente comune, spesso di umili origini.
Gli intermezzi ebbero un enorme successo e portarono alla nascita di un vero e proprio genere, che venne detto opera buffa, o opera comica, per distinguerlo dalla tradizionale opera seria, di argomento storico o mitologico.
Quasi sicuramente inventata a Napoli, l’opera buffa invase ben presto l’Italia e l’Europa. Il capolavoro del genere comico, rappresentato per la prima volta nel 1733, è La serva padrona, del jesino Giovanni Battista Pergolesi (1710 – 1736).

L’opera italiana aveva grande successo anche all'estero

Buffa o seria, nel Settecento l’opera godette di una fortuna sempre maggiore: in alcuni centri, come Napoli e Venezia, i teatri avevano già avuto un grande sviluppo nel Seicento; ma con il nuovo secolo innumerevoli teatri sorsero anche in altre città italiane, e perfino in numerose città di provincia, per non parlare delle grandi capitali straniere.
Soprattutto a Vienna l’opera italiana godeva di immensa fortuna. A corte si trovava infatti il poeta Pietro Metastasio (1698-1782), i cui celebri libretti furono musicati da decine e decine di compositori.

Il melodramma nella seconda metà del Settecento

Il successo del melodramma non impediva che alcuni lo criticassero. I compositori, secondo questi critici, prevedevano per le loro opere troppi abbellimenti, troppi passi difficili, che facevano risaltare la bravura del cantante ma distraevano dall'andamento della vicenda e confondevano le idee sulla psicologia del personaggio.
Non solo: poiché i cori e i balletti costavano molto, gli impresari teatrali spingevano i compositori a metterne pochi, o a eliminarli, anche quando sarebbero stati necessari. Il risultato era che gli argomenti antichi e mitologici, benché drammatici e spesso tragici, erano ridotti a delle banali storielline di capricci e di dispetti fra innamorati.

Gluck rinnovò il melodramma eliminando l’eccesso di abbellimenti e aumentando l’importanza dei cori e dell’orchestra

Per queste ragioni, nella seconda metà del Settecento si ebbe un profondo rinnovamento del melodramma. Christoph Willibald Gluck (Erasbach 1714 – Vienna 1787) s’avviava verso la cinquantina e aveva già ottenuto molti successi con opere tradizionali quando, a Vienna, conobbe il librettista Ranieri de’ Cakzabigi, con il quale progettò di scrivere un melodramma di tipo completamente nuovo. Nacque così, nel 1762, Orfeo ed Euridice.
La novità, naturalmente, non è nella scelta dell’argomento, ma nel modo di svolgerlo. Quando si apre il sipario, per esempio, si vede una scena di cimitero, con la tomba di Euridice appena morta e sepolta, con Orfeo che piange cantando un’aria semplice e commovente, con il coro degli amici di Orfeo che compiangono l’infelice.
In precedenza non ci sarebbe stato il coro e il protagonista avrebbe cantato un’aria molto più difficile: il coro costava troppo ed era meglio eliminarlo; il cantante costavo caro ed era meglio impegnarlo a fondo fin dall'inizio per accontentare il pubblico.
Un ultimo elemento importante va segnalato. Nelle opere di Gluck l’orchestra ha un’importanza maggiore che in passato: non si limita ad accompagnare il cantante, ma interviene per creare l’atmosfera, per sottolineare certi passaggi, insomma ha un ruolo più attivo.



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