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Riassunto: Uno, nessuno e centomila - Pirandello

di Luigi Pirandello
Riassunto:

Vitangelo Moscarda, soprannominato Gengè da parenti e amici, è un uomo agiato (è un usuraio benestante, proprietario di un banco di pegni) e istruito. Un giorno è allo specchio e la moglie Dida gli dice che ha il naso storto. Vitangelo non se n'era mai accorto prima!
L'improvvisa rivelazione che gli altri ci vedono diversamente da come noi ci vediamo rivoluziona la sua visione della realtà. Lo scopo di Moscarda diviene adesso poter esprimere in modo libero e autentico la sua personalità. Perciò egli si ripropone (prima Mattia Pascal) di distruggere il proprio vecchio io, condizionato dalla nascita dall'educazione, dall'ambiente cerca insomma di cancellare l'immagine che di lui hanno gli altri a cominciare dalla moglie.
Se Mattia aveva fatto ricorso alla fuga, all'evasione, Moscarda sceglie invece un modo più concreto e surreale annulla la sua immagine di rispettabilità borghese parlando solo con la cagnetta e compiendo inespicabili gesti di altruismo e generosità. Invece delle lodi, questi atti lo fanno giudicare folle da tutti. Moglie e amministratori cercano di far interdire Vitangelo come pazzo per rubargli il patrimonio.
Solo un'amica della moglie, Anna Rosa, gli manifesta simpatia. Ma Vitangelo, con i suoi strambi ragionamenti, la confonde al punto che Anna Rosa, temendo d'impazzire, gli spara due colpi di pistola. Al processo il giudice cerca di dimostrare che Anna Rosa si è difesa dalle attenzioni erotiche di Moscarda, ma la donna confessa la verità; Moscarda però si addossa ogni colpa. In segno di ravvedimento, seguendo i consigli del furbo canonico Sclepis, fa costruire un ospizio per i poveri e vi si ritira, alienato tra gli altri ospiti della casa, privo di nome, un nessuno, che vive nella natura senza più contrasto fra l'essere e le apparenze.

Analisi del testo
L'ultimo romanzo di Pirandello fu da lui lungamente elaborato e meditato, all'incirca per un quindicennio. Avviato nel 1910 e pubblicato nel 1925-1926 nella "La fiera letteraria" di Milano.
Pirandello definì uno, nessuno, centomila il romanzo della scomposizione della personalità. In effetti se l'io è essenzialmente un essere per l'altro, l'unita della sua persona si scompone, si disgrega nelle centomila immagini che il soggetto offre agli altri di sé. L'io non è affatto uno, è un flusso di percezioni mutevoli, un insieme di frammenti che cambiano di minuto in minuto.
Moscarda scopre che la moglie non ama lui ma l'altro lui, in poche parole è il falso io creato da Dida ed a Moscarda non rimane scelta che diventare ombra, un'anima senza corpo. La vita per Pirandello non conclude perchè è un flusso continuo non può quindi placarsi non può fissarsi in una forma se si irrigidisse morirebbe. Soltanto la forma può concludere nel senso che si fissa in modo stabile, perciò una forma equivale alla morte, così è come l'equivalente di indossare una maschera, oppure identificarsi in un nome, cioè possedere un'identità realmente conosciuta. La vita che non conclude , l'esatto contrario della morte, coincide con il perenne divenire delle cose di natura. Solo annullandosi in esse Vitangelo può realmente esistere, per qualche attimo, come proclama nell'ultimo capitolo del romanzo.

Parte culminante del romanzo:
Il romanzo comincia da una banale osservazione della moglie che il marito ha il naso storto, e come mai non se ne è mai accorto…
A cui fa seguito una lunga riflessione da parte del protagonista. Vitangelo chiede conferma a un amico se davvero avesse il naso storto. Non ne ricava una risposta certa, ma il dubbio ormai a cominciato a scavare dentro di lui. Se mai, prima, aveva notato quel piccolo difetto fisico, chissà quanti altri aspeti della sua personalità, noti agli altri, gli saranno sfuggiti: credevo di essere un Moscarda col naso dritto, mentr’ero invece per tutti un Moscarda col naso storto.
E’ l’avvio di una crisi d’identità, un male dai risultati potenzialmente devastanti: certo ne sarei morto o impazzito ove in esso medesimo non avessi trovato il rimedio che doveva guarirmene. Il rimedio sarà narrato dal protagonista-narratore nel seguito del romanzo: l’abbandono del suo ruolo sociale, il rifugio in una vita di natura, primitiva.
L’io di Moscarda si dissolverà col il procedere del romanzo in un lento ma inesorabile processo di sparizione. Il risultato del guardarsi allo specchio è la follia, la dissociazione di chi si scopre contemporaneamente uno, nessuno, centomila.



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