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In morte del fratello Giovanni, Foscolo: parafrasi, analisi, commento

Testo e spiegazione della poesia di Ugo Foscolo intitolata In morte del fratello Giovanni, con parafrasi e individuazione di tutte le figure retoriche
Morte

In morte del fratello Giovanni è una poesia scritta da Ugo Foscolo nel 1803 e contenuta nella raccolta Sonetti. In questa poesia il tema dominante è la morte del fratello minore di Ugo Foscolo, ma questo doloroso lutto familiare dà modo al poeta di affrontare altre tematiche riguardante il presente e il futuro.





In morte del fratello Giovanni: scheda poesia

Titolo In morte del fratello Giovanni
Autore Ugo Foscolo
Genere Poesia lirica
Raccolta Sonetti
Corrente letteraria Neoclassicismo
Data 1803
Temi trattati La morte del fratello minore, il rapporto tra la vita e la morte, la ricerca della quiete
Frase celebre «Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo di gente in gente, me vedrai seduto su la tua pietra»




Testo

Un dì, s'io non andrò sempre fuggendo
di gente in gente, me vedrai seduto
su la tua pietra, o fratel mio, gemendo
il fior de' tuoi gentil anni caduto.

La Madre or sol suo dì tardo traendo
parla di me col tuo cenere muto,
ma io deluse a voi le palme tendo
e sol da lunge i miei tetti saluto.

Sento gli avversi numi, e le secrete
cure che al viver tuo furon tempesta,
e prego anch'io nel tuo porto quiete.

Questo di tanta speme oggi mi resta!
Straniere genti, almen le ossa rendete
allora al petto della madre mesta.




Parafrasi

Un giorno, se non continuerò sempre a vagare
da un luogo all'altro, mi vedrai seduto
sulla tua tomba, o fratello mio, a piangere
la tua giovinezza stroncata prematuramente.

Ora solo nostra Madre, trascinando la propria vecchiaia,
parla di me alle tue mute spoglie,
ma io invano tendo le mani verso di voi
e saluto solo da lontano la mia patria.

Sento il destino avverso, e gli intimi
tormenti interiori che devastarono la tua esistenza,
e prego anch'io (di trovare) la pace nella morte.

Questo è ciò che mi resta oggi di tante speranze!
Popoli stranieri, almeno restituite le mie spoglie
al cuore della madre addolorata.



Analisi del testo

Schema metrico: è un sonetto composto 4 strofe di cui due quartine e due terzine. I 14 versi sono tutti endecasillabi.
Lo schema delle rime è ABAB, ABAB; CDC, DCD (rima alternata).

Il sonetto ha una struttura essenziale e rapida come era lo stile della poesia classica, ma in esso viene messo in risalto anche anche il sentimento tipico del movimento letterario del romanticismo. In ogni verso si può avvertire la voce sincera e commossa del poeta che sembra capire cosa ha passato suo fratello, nella sua vita breve e tormentata perché egli stesso sta sentendo gli stessi tormenti interiori. La figura dominante del sonetto è quella della madre distrutta dal dolore, che pur essendo sola rappresenta tutta la famiglia Foscolo in patria.

Vi è una curiosità che riguarda l'espressione "pietra" per indicare la tomba, perché secondo un'antica usanza del mondo classico, i parenti del defunto andavano a sedersi sulla tomba (pietra) per raccontare le proprie pene.

Nel sonetto il poeta usa anteporre l'aggettivo al nome per spostare l'attenzione sul sostantivo; inoltre inverte più volte l'ordine logico della frase mettendo il complemento oggetto prima del predicato. In altre parole fa un ampio uso dell'anastrofe e dell'iperbato.

L'uso dei modi e dei tempi verbali serve a dare maggiore profondità al testo, in particolare il modo gerundio sta ad indicare una vita sofferta (fuggendo, gemendo), mentre i participi passati indicano la morte (caduto, seduto).


I temi trattati

  1. L'esilio
  2. Il destino avverso
  3. Il dolore per la morte del fratello
  4. la vana speranza di tornare a Venezia, sua patria
  5. La madre chiusa nel suo dolore
  6. Il desiderio di aver pace nella morte (Foscolo ebbe un'esistenza molto inquieta)
  7. Il dubbio assillante di morire in un paese straniero


Confronto con i poeti classici ai quali si è ispirato

Catullo, Carme CI
Dopo aver attraversato tante terre e tanti mari,
eccomi, con queste povere offerte agli dei sotterranei,
estremo dono di morte per te, o fratello,
e a dire vane parole alla tua cenere muta,
perché proprio te la sorte m’ha portato via,
o infelice fratello, strappato a me così crudelmente.
Ma ora, così come sono, accetta queste offerte
Bagnate di molto pianto fraterno:
le porto seguendo l’antica usanza degli avi,
come dolente dono agli dei sotterranei.
E ti saluto per sempre fratello, addio!


Tibullo, Elegia II, 6, vv.29\34
Risparmiami, ti prego, per le ossa di tua sorella precocemente morta:
così che la giovane possa riposare tranquilla e la terra le sia dolce.
Ella è sacra per me, al suo sepolcro io porterò doni
E ghirlande bagnate delle mie lacrime,
presso la sua tomba io mi rifugerò, in preghiera vi resterò seduto
e con la sua cenere muta compiangerò il mio fato.



Figure retoriche

Di seguito trovate tutte le figure retoriche presenti nel testo:
  • Metafora = "il fior de' tuoi gentili anni" (v.4). Riferimento alla giovinezza.
  • Allitterazione della S = "sol suo" (v.5).
  • Metafora = "dì tardo" (v.5). Riferimento alla vecchiaia.
  • Allitterazione della T e della R = "tardo traendo" (v.5).
  • Sinestesia = "cenere muro" (v.6). Sfera sensoriale della vista e dell'udito.
  • Metafora = "furon tempesta" (v.10). Riferimento al tormento interiore.
  • Metafora = "nel tuo porto" (v.11). Riferimento alla morte.
  • Metonimia = "su la tua pietra" (v.3), per indicare la lapide.
  • Ipallage = "io deluse a voi le palme tendo" (v.7). Cioè il poeta è deluso e non le sue mani.
  • Anastrofe = "gentili anni" (v.4); "dì tardo traendo" (v.5); "a voi le palme" (v.7); "i miei tetti saluto" (v.8); "avversi Numi" (v.9); "viver tuo" (v.10); "prego anch'io" (v.11); "porto quiete" (v.11).
  • Iperbato = "il fior ... caduto" (v.4); "ma io ... tendo" (v.7); "questo ... mi resta" (v.12).
  • Antitesi = "parla" (v.6) e "muto" (v.6). Le due parole sono in contrasto fra loro.
  • Sineddoche = "i miei tetti" (v.8); "le palme tendo" (v.7). Cioè i tetti per le case, e i palmi per le mani.
  • Apostrofe = "o fratel mio" (v.3); "straniere genti" (v.13).
  • Enjambement = "fuggendo / di gente in gente" (vv. 1-2); "gemendo / il fior" (vv. 3-4); "e le secrete / cure" (vv. 9-10); "rendete / allora al petto" (vv. 13-14).



Commento

Ugo Foscolo scrisse questo sonetto quasi due anni dopo la morte del fratello Giovanni Dionigi, ufficiale della Repubblica Cisalpina, che, non avendo potuto ripagare un debito di gioco, l'8 dicembre del 1801 si era suicidato a Venezia. Il tragico avvenimento lasciò nell'animo del poeta una profonda ferita, aggravata ancor di più dall'esilio che non gli permette di ritornare in patria.
Il poeta spera che forse un giorno, se il destino non lo costringerà a continuare fuggire da un luogo all'altro, potrà andare a sedersi sulla pietra che copre il sepolcro del fratello a piangerne la giovinezza stroncata nel fior degli anni.
Ora solo la madre, stanca e invecchiata dal dolore, parla del figlio lontano (Ugo) davanti alla tomba del figlio defunto (Giovanni), ma non può trovare conforto in questa comunicazione perché appunto essendo morto non può ricevere alcuna risposta (cenere muto).
Ma neppure Ugo può consolare il suo dolore e invano protende verso i suoi cari le braccia in un gesto affettuoso e disperato: egli infatti sente che il suo desiderio resterà inappagato e vana la speranza di ritornare a Venezia. E così si accontenta di salutare da lontano la sua casa, sente che il destino non è dalla sua parte e prova la stessa angoscia e i trepidi affanni che resero tormentata l'esistenza del fratello. Eccolo perciò invocare anche lui quella pace che solo il sepolcro (= la morte) può dare. Questo gli resta dopo tante delusioni patite!
Si rivolge quindi ai popoli stranieri, fra le quali è costretto a peregrinare, affinché, quando sarà morto, restituiscano le sue spoglie (ossa) alla madre infelice.



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