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Sottovuoto o Sotto vuoto: come si scrive?


Sono corrette entrambe le forme, sia sottovuoto che sotto vuoto sono accettate nella lingua italiana. Stranamente non si trova nemmeno un articolo sull'Accademia della Crusca, celebre portale che rappresenta una delle più prestigiose istituzioni linguistiche d'Italia e del mondo.

La forma più comunemente utilizzata è sottovuoto e, come spesso accade per le parole composte, l'univerbazione viene preferita alla forma separata.

Il metodo sottovuoto viene usato per eliminare l'aria da un contenitore ermeticamente chiuso, per assicurare una perfetta conservazione del suo contenuto. In particolare si adopera per la conservazione degli alimenti e indumenti, per bloccarne la contaminazione da polveri e batteri. In ambito industriale viene usato anche per eliminare solo alcuni tipi di gas, come l'ossigeno principale responsabile dell'ossidazione.


ESEMPIO:
- Alcuni cibi sono molto deteriorabili e per conservarli occorre metterli sottovuoto.
- Abbiamo messo i piumoni sottovuoto per motivi di spazio.
- Se l'amore è nell'aria, probabilmente io sono sottovuoto.
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Inferno Canto 21: analisi, commento, figure retoriche

Illustrazione di Paul Gustave Doré.

In questo canto scontano la loro pena i barattieri, colpevoli di aver usato le loro cariche pubbliche per arricchirsi attraverso la compravendita di provvedimenti, permessi, privilegi. Qui Dante incontra i Malebranche (i diavoli), tra questi il più importante è Malacoda, decisamente inaffidabile e bugiardo. Inoltre un gruppo di diavoli fa da scorta ai due poeti lungo il viaggio.



Analisi del canto

Se la narrazione del canto XX dell'Inferno era maggiormente concentrata sulla compassione verso i dannati e la malinconia per la patria lontana, qui invece ritorna la descrizione vera e propria dell'Inferno con le grida dei dannati, le creature demoniache e l'ironia che andrà a caratterizzare il clima infernale. Quindi il canto precedente rappresentava "la tragedia" e invece questo per contrasto "la commedia". Questo canto insieme al canto XXII e la prima parte del canto XXIII trattano lo stesso argomento che è noto come "la commedia dei diavoli"; è detto "commedia" perché la struttura della narrazione ricorda quella teatrale tipica della cultura medievale ed è suddivisibile in diversi atti:
  • prologo (canto XXI, 1-21): arrivo di Dante e Virgilio nella quinta bolgia, quella dei barattieri, e descrizione dell'ambiente circostante (presenza della pece bollente); 
  • atto I (canto XXI, vv. 22-57): scena che illustra il trattamento che i diavoli riservano ai dannati nella pece;
  • atto II (canto XXI, vv. 58-139 ): Dante e Virgilio credono ingenuamente alle parole dei diavoli riguardo la via da seguire per raggiungere il ponte sulla sesta bolgia;
  • atto III (canto XXII, VV. 16-451): la scena del dannato Ciampolo che si prende gioco dei diavoli;
  • atto IV (canto XXII, vv. 1-57): azzuffamento dei diavoli e condizione favorevole per Dante e Virgilio per allontanarsi e scendere nella sesta bolgia.



La commedia dei diavoli

La commedia vede come protagonisti i diavoli, e gli altri personaggi di questo "teatro" sono i soliti Dante e Virgilio, e Ciampolo di cui se ne parlerà maggiormente nel canto XXII. Si tratta di uno dei canti più movimentati e comici della commedia caratterizzato da un vivace scambio di battute, da un'apparizione dinamica dei personaggi, da situazioni grottesche e da un linguaggio basso infatti i diavoli si esprimono a gesti (digrignamento dei denti, storcersi degli occhi, il nascondersi dietro le rocce, pernacchie, peti ecc.). Si ricorda che i diavoli erano già presenti nel canto IX dell'Inferno e sebbene lì mantennero un comportamento più o meno rispettoso secondo lo schema infernale, qui invece sono volgari e imbroglioni... comportamento tipico dei personaggi presenti nelle novelle popolari (anche i buffi nomi dei diavoli appartengono alla tradizione folklorica, che è quella adattare il nome di un personaggio in base al loro carattere). Virgilio mantiene un atteggiamento forte e sicuro ma viene ingannato e ciò dimostra che la Ragione umana non è sufficiente per avere il controllo della situazione, Dante è preoccupato e si affida al suo maestro, come del resto ha sempre fatto nelle situazioni di paura.
I dannati (i barattieri) rimangono fuori dalla scena in quanto si trovano sotto la pece bollente e ne appare solamente uno nel canto successivo, Ciampolo, la cui presenza non fa altro che risaltare la natura dei diavoli e la comicità di questa bolgia.




Le figure retoriche

Qui di seguito trovate tutte le figure retoriche del ventunesimo canto dell'Inferno. Per una migliore comprensione del testo vi consigliamo di leggere la parafrasi del Canto 21 dell'Inferno.


Altro parlando = anastrofe (v. 1). Cioè: "parlando d'altro".

Così di ponte in ponte...venimmo = iperbato (vv. 1-3).

Fessura / di Malebolge = enjambement (vv. 4-5).

Quale ne l’arzanà de’ Viniziani bolle l’inverno la tenace pece a rimpalmare i legni lor non sani...tal, non per foco, ma per divin’arte, bollia là giuso una pegola spessa, che ’nviscava la ripa d’ogne parte = similitudine (vv. 7-18). Cioè: "Come nell'Arsenale dei Veneziani d'inverno bolle la pece viscosa per riparare le loro navi danneggiate, così laggiù bolliva una pece densa, non per effetto del fuoco ma per arte divina, che invischiava ogni lato delle pareti della Bolgia".

Navicar non ponno = anastrofe (v. 10). Cioè: "non possono navigare".

Non per foco, ma per divin’arte = antitesi (v. 16). Cioè: "non per un fuoco ma per arte divina".

Lo duca mio = anastrofe (v. 23). Cioè: "il mio maestro".

Mi volsi come l’uom cui tarda di veder quel che li convien fuggire e cui paura sùbita sgagliarda, che, per veder, non indugia ’l partire = similitudine (vv. 25-28). Cioè: "mi volsi come fa l’uomo che è impaziente di vedere quello che gli conviene fuggire e a cui la paura toglie subito gagliardia, e che mentre osserva non esita comunque a scappare".

Ne l’aspetto fero = anastrofe (v. 31). Cioè: "feroce nell'aspetto".

L’omero = sineddoche (v. 34). La parte per il tutto, l'omero invece di dire la spalla.

Aguto e superbo = endiadi (v. 34). Cioè: "acuminata e rialzata".

Con quel furore e con quella tempesta ch’escono i cani a dosso al poverello che di sùbito chiede ove s’arresta, 69 usciron quei di sotto al ponticello, e volser contra lui tutt’i runcigli = similitudine (vv. 67-71). Sta a significare "Con lo stesso furore e fragore di latrati con cui i cani si lanciano contro il mendicante che si ferma e chiede la carità da quel punto, i diavoli uscirono da sotto il ponte e rivolsero contro Virgilio tutti i ferri uncinati".

Per ch’io mi mossi, e a lui venni ratto; e i diavoli si fecer tutti avanti, sì ch’io temetti ch’ei tenesser patto; così vid’io già temer li fanti ch’uscivan patteggiati di Caprona, veggendo sé tra nemici cotanti = similitudine (vv. 91-96). Sta a significare "Perciò mi mossi e lo raggiunsi rapidamente; e i diavoli avanzarono tutti insieme, così che ebbi paura che non rispettassero i patti; allo stesso modo vidi temere i soldati che uscivano dal castello di Caprona dopo le trattative per la resa, vedendosi tra tanti nemici".

Tra nemici cotanti = anastrofe (v. 96). Cioè: "tra tanti nemici".
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Frasi divertenti sul diploma e i diplomati


Ogni anno una nuova generazione di giovani trascorrerà un mese lunghissimo, ricco di emozioni e palpitazioni, quello dedicato agli esami di maturità. La paura di fallire sarà tanta, e non importa se si ha una buona media, più gli esami procedono e più questa aumenta. Il mio augurio è semplice e concreto: mettetecela tutta!
Oltre allo studio, oltre alle nozioni imparate a forza, metteteci impegno, costanza ed intelligenza. Siate padroni del vostro futuro e ricordate che il futuro inizia proprio da qui: dai banchi di scuola.
Quando si sarà concluso questo vostro percorso, quando le porte delle superiori vi si chiuderanno alle spalle, allora sentirete una grande nostalgia... vi mancheranno i compagni, i professore ed i ritmi scolastici così ripetutamente impressi nelle vostre giornate. Capiterà che prenderete delle sbandate, che vi perderete e vi troverete nella situazione di non sapere cosa fare della vostra vita. Succederà che vi sentirete depressi e demoralizzati, ma troverete ugualmente la forza per andare avanti. Comunque vada, qualunque cosa vi riserberà il vostro futuro, ricordate solo una cosa: siamo noi gli artefici del nostro destino.

In questa pagina trovate una raccolta di frasi, aforismi, citazioni e battute divertenti sul diploma, un attestato che viene sempre più spesso snobbato dai giovani perché pur impegnandosi a scuola non riescono ugualmente a trovare un lavoro in base al proprio titolo di studio, ma la sua importante resta immutata perché senza di esso non si viene "quasi" nemmeno presi in considerazione nel mondo del lavoro. Leggerle a esame concluso vi farà sicuramente sentire meglio.


Le frasi

Un pezzo di carta in casa, fa sempre comodo, per la pulizia personale. (Ignazio Silone)

Il problema di imparare dall'esperienza è che non riceverai mai un diploma. (Doug Larson)

La scuola è fatta per avere il diploma. E il diploma? Il diploma è fatto per avere il posto. E il posto? Il posto è fatto per guadagnare. E guadagnare? È fatto per mangiare. Non c’è che il mangiare che abbia fine a se stesso, sia cioè un ideale. Salvo in coloro, in cui ha per fine il bere. (Giuseppe Prezzolini)

Sto imparando tutto il tempo. La lapide sarà il mio diploma. (Eartha Kitt)

Si leggono i classici come se fossero la bolletta del telefono o le ricette del medico. Le parole lette, anche quelle dei grandi autori, restano solo parole, svuotate di tutta la loro forza, perché ridotte al rango di esercizio. La cultura non arriva al cervello perché è stata ridotta a compito da svolgere per il giorno dopo, a pedaggio da pagare per ottenere un voto, che poi darà diritto ad un diploma, e quindi, eventualmente e fortunosamente, ad un impiego, in attesa della pensione. (Mina)

Diploma: permesso di dimenticare - o perlomeno - di non imparare più. (Georges Elgozy)

Ogni volta che vedi una persona di successo, vedi solo la gloria pubblica, mai i sacrifici privati ​​per raggiungerla. (Vaibhav Shah)

Un uomo colto è ricco. Uno povero è colui che non ha saputo apprendere dal passato. (Umberto II di Savoia)

In Italia con un diploma non puoi insegnare neppure all'asilo nido, però puoi diventare Ministro dell'Istruzione. Gran paese il nostro. (TristeMietitore, Twitter)

A quelli che si sentono "superiori" voglio dire solo una cosa: Sentitevi "università" che ormai il diploma non serve a nulla. (Ty_il_nano, Twitter)

Il mio discorso al diploma:
"Ho odiato la scuola superiore e ancora di più ho odiato ognuno di voi e spero che bruciate all'inferno.
Grazie."
(DisagiatoComune, Twitter)

Per ottenere un titolo di studio mi sono impegnato fino alla morte. Adesso ho un diploma da perito. (ilmarziano, Twitter)

Il Paradiso è governato dal Signore. L’Inferno dal Signore del Male.
Signori, non Dottori.
Anche nell'Aldilà fai carriera solo col Diploma.
(DIavolo, Twitter)

E venne il leccaculo. Che si mangiò il diplomato. Che bruciò il laureato. Che superò il merito. Che in tre secondi, il lavoro trovò. (TweetDaRidere, Twitter)

«Ora so scrivere "disoccupato" sia in latino che in greco!»
~ Studente del liceo classico appena diplomato.
(Noncilcopedia)

Per esame di stato, o più comunemente maturità, si intende quel particolare periodo della carriera scolastica di ogni alunno di quinta superiore che precede la consueta sbronza da post-diploma. (Noncilcopedia)

Dio non ci valuta in base al numero di medaglie o diplomi, ma per le cicatrici. (Elbert Hubbard)

Se hai una brillante idea, nessuno mai si preoccuperà del tuo diploma. (Alan Gerry)
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Frasi di auguri per il diploma di maturità


Ad ogni studente in Italia, che ha conseguito l'esame di maturità, viene rilasciato il diploma di maturità. È un attestato scolastico che certifica il tipo di studio che si è seguito e si ottiene alla fine delle scuole superiori (liceo, istituto tecnico o professionale) della durata di 5 anni, sostenendo e superando l'esame finale, ovvero l'esame di stato. Esso permette di proseguire gli studi e, quindi, l'iscrizione a tutti i corsi di laurea universitari; è comunque un requisito minimo richiesto nella maggior parte dei lavori dove l'esperienza da sola a quanto pare non sembra bastare.

In questa pagina trovate una raccolta di frasi di auguri per chi è riuscito ad ottenere il diploma di maturità, un modo carino per dimostrare al neodiplomato che siete felici per lui di questa piacevole notizia. Queste frasi originali possono essere utilizzate per dedicare gli auguri a distanza, ad esempio attraverso un messaggio WhatsApp o Facebook, e anche come frase per il biglietto di auguri da allegare al regalo. Vedi anche le frasi divertenti sul diploma.


Le frasi

Complimenti! Ben arrivato anche tu nella schiera dei neodiplomati! E adesso? Beh... intanto goditi la festa e gli onori... Alla disoccupazione ci penserai un altro giorno! Con affetto.

Non è giusto. Oggi tutti festeggiano il tuo diploma... e nessuno che faccia un complimento a chi ti ha sopportato/a mentre dicevi che non ci saresti mai riuscito/a. Tanti Auguri!

È stata dura ma ce l'hai fatta, ora hai raggiunto uno dei tuoi obiettivi, ma tieni sempre la testa sulle spalle e lotta perché, ricorda: puoi ancora migliorare. Complimenti!

Dopo aver raggiunto questo traguardo vogliamo premiarti con un altro diploma, quello di persona gentile, amabile e generosa: il diploma di migliore amico. Congratulazioni!!!

Il primo traguardo scolastico l'hai raggiunto egregiamente...ma la vita è lunga, e ci saranno tante altre mete da conquistare, e tanti altri ostacoli da superare! Quindi procedi sempre con forza, coraggio e determinazione, proprio come hai fatto finora! Complimenti!!!

È stata dura, ma ci sei riuscito... il diploma è tra le tue mani! Complimenti, ti auguro il meglio per qualunque cosa tu decida di fare...

Siamo al tuo fianco per aiutarti a raggiungere mete sempre più alte.

Auguri per il diploma, adesso anche tu puoi vantare di avere la carta d'imbarco verso la noia e i problemi reali della vita!

Ad maiora semper!
.... ed il bruco divenne una crisalide, la crisalide ora è una splendida farfalla che volerà sempre più in alto !
Ora ci faremo una lunga vacanza. Ti prego dimentica a casa libri e occhiali.
Datti alla pazza gioia, dopo tanti anni di studio meriti un premio!
Con le tue qualità raggiungerai vette sempre più alte... Continua così... Auguri per il tuo diploma!

Sei stato in gamba, siamo fieri di te!

Ora ti aspetta l'università, mi auto invito alla prossima festa!

Conserva sempre la tua determinazione e la tua volontà, andrai lontano.

Siamo davvero orgogliosi di essere i parenti di un Cento: che nella vita tu possa avere le stesse soddisfazioni che hai meritato dalla scuola.

Questo diploma ti apre molte strade, non aver paura di percorrerle.

Il tuo impegno e la tua costanza hanno dato i loro frutti... Siamo felici per te.

Un importante percorso si è appena concluso; ora sei pronto ad aprirti nuove strade... Congratulazioni.

Hai compiuto un passo importante. Ora ti aspetta una lunga vita di impegni. Non demordere e tanti auguri.

Complimenti, hai dato prova di grande determinazione e di impegno. Ti auguriamo di raggiungere ogni altro obiettivo della tua vita. Un forte abbraccio.

Le nostre congratulazioni per il tuo talento, impegno e dedizione.

E ora datti alla pazza gioia. Dopo anni di studio, meriti un bel premio!

Oggi mi sembri diverso in viso, ma certo, dimenticavo che hai preso la "maturità" e, probabilmente sarà per questo! Auguri diplomato!

Sei stato davvero in gamba, sono felice per il tuo meritato diploma di maturità ed auguri per il tuo futuro!

Evvai, finalmente diplomato. Adesso ti auguro che tu possa goderti al meglio le tue meritate vacanze. Tantissimi auguri per il tuo futuro.

Vai e dimostra chi sei... E mi raccomando, rimani concentrato per fare gli esami al meglio. Auguri per la tua "Maturità"!

Vedrai che con la preparazione che hai e la giusta dose di concentrazione l'esame di maturità sarà una passeggiata. In bocca al lupo!

È arrivato il grande momento, mi raccomando, concentrati e dai il massimo, ti aspetta l'estate più lunga e più bella della tua vita. Auguri per i tuoi esami di maturità!

Coraggio, ancora qualche sacrificio e sarai "Maturo" anche tu! In bocca al lupo per gli esami.

Tanti auguri al nuovo diplomato... È stata dura, lo so bene, ma adesso goditi la tua "maturità" e rifletti bene sul tuo futuro e sulla strada da intraprendere...

In questi momenti paura e confusione prendono il sopravvento ma gli esami passano presto e ti ritroverai con la Maturità ed un bel viaggio da fare insieme agli amici! In bocca al lupo.

Tanti auguri per il tuo diploma, spero che possa essere un primo passo, importante, da percorrere sulla strada del mondo del lavoro.

Hai studiato seriamente ed i sacrifici profusi per prendere la maturità sono stati ampiamente ripagati. Adesso goditi le vacanze più lunghe della tua vita.

La maturità è la prima tappa davvero importante nella vita di ognuno di noi, e prendere il diploma vuol dire anche crescere e cominciare a capire che nella vita bisogna fare qualche sacrificio per conquistarsi un buon futuro! Auguri!

Il diploma di maturità è sicuramente una delle tappe della vita che rimarranno più vive nei tuoi ricordi. Ti auguro un futuro pieno di belle soddisfazioni professionali.

Questa è una fase importante della tua vita perché questo pezzo di carta ti cambierà la vita ed entrerai in un mondo tutto nuovo. Complimenti ed auguri per il futuro.

Orgogliosi di te come sempre, ti staremo accanto nel faticoso cammino che dovrai affrontare all'Università. I nostri cuori saranno sempre accanto al tuo ... mamma e papà.

Complimenti! Spero che questo diploma sia il trampolino di lancio per una sfolgorante carriera universitaria!

La vita insegna che fare qualche piccolo sacrificio regala tante soddisfazioni. Potrà anche essere stata dura, ma adesso goditi il meritato successo! In bocca al lupo per la maturità appena conseguita e per il tuo futuro.

Non è importante ciò che trovi alla fine di una corsa. È importante ciò che provi mentre corri. Auguri per la maturità!

D’ora in poi, quando stai per realizzare qualcosa di importante per il tuo futuro ricorda queste quattro domande. Perché? Perché no? Perché non io? Perché non adesso?

Auguri per la maturità! Questo tuo traguardo rappresenta molto per me. Ho ripreso a sperare nelle missioni impossibili!

Congratulazioni per il tuo diploma! Adesso ti sembrerà che il peggio sia passato..ma ricorda che il bello deve ancora venire!

Se vuoi realizzare i tuoi obiettivi d’ora in poi, fa della perseveranza il tuo migliore amico, dell’esperienza il tuo saggio consigliere, della cautela il tuo fratello maggiore e della speranza il tuo angelo custode. (Joseph Addison)
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Inferno Canto 20: analisi, commento, figure retoriche

Gli Indovini, illustrazione di Giovanni Stradano

Analisi del canto

La pena degli indovini e la pietà di Dante
Dante condanna gli indovini per la presunzione di aver voluto "veder troppo davante", cioè per la capacità di poter vedere il futuro e questo è un privilegio divino. Quando dante li vede procedere con la testa rivoltata all'indietro e a camminare a ritroso, perché questa è la loro crudele pena per contrappasso, Dante si commuove e Virgilio gli dice che non deve versare lacrime per loro. La pietà di Dante è da un lato reazione sincera, dall'altro un mezzo usato per introdurre il tema della giustizia divina e il contrasto fra sentimento e ragione attraverso la reazione di Virgilio. È comunque da notare il fascino che l'astrologia esercita su Dante e il suo modo costante di operare con i testi dei poeti antichi, ricchi di suggestioni magiche.


Virgilio protagonista
Il poeta latino, simbolo della ragione umana liberata dalle superstizioni, è naturale protagonista del canto; in questo modo Dante lo riscatta anche dalla fama di indovino che il Medioevo gli attribuiva. Ma Virgilio è qui protagonista anche sentimentale, con la rievocazione della nativa Mantova.


Il tema geografico
Dante adotta le indicazioni e le digressioni geografiche per descrivere le origini di Mantova in questo canto.




Le figure retoriche

Qui di seguito trovate tutte le figure retoriche del ventesimo canto dell'Inferno. Per una migliore comprensione del testo vi consigliamo di leggere la parafrasi del Canto 20 dell'Inferno.


Io era già disposto tutto quanto = metonimia (v. 4). Il concreto per l'astratto, dice che era presente con il fisico anziché che era pronto a osservare.

Angoscioso pianto = anastrofe (v. 6).

Per lo vallon tondo venir = anastrofe (v. 7). Significa "che procedevano nel fossato tondo".

Al passo che fanno le letane in questo mondo = similitudine (vv. 8-9). Significa "con andatura lenta simile a quella delle processioni sulla terra".

Né credo che sia = ellissi (v. 18). Inteso come "e non credo che sia...mai successo".

Com’io potea tener lo viso asciutto = metonimia (v. 21). L'effetto per la causa, dice "io come potevo tenere il viso asciutto" anziché "io come potevo evitare di piangere".

Passion comporta = anastrofe (v. 30). Significa "prova passione".

Drizza la testa, drizza = anadiplosi (v. 31).

S’aperse a li occhi d’i Teban la terra = iperbato (v. 32). Invece di "si aprì la terra davanti agli occhi dei Tebani".

Le membra tutte quante = anastrofe (v. 42). Invece di "tutte le membra".

Ribatter li convenne li duo serpenti avvolti, con la verga = iperbato (vv. 43-44). Cioè: "e gli fu necessario colpire di nuovo con la verga i due serpenti avvolti".

Le maschili penne = anastrofe (v. 45). Cioè: "gli attributi maschili".

Nacqu’io = anastrofe (v. 56). Cioè: "io nacqui".

Loco è nel mezzo = anastrofe (v. 67). Cioè: "nel mezzo c'è un luogo".

Siede Peschiera...ove la riva ’ntorno più discese = iperbato (vv. 70-72).

Euripilo ebbe nome = anastrofe (v. 112). Cioè: "Si chiamò Euripilo".

L’alta mia tragedìa = perifrasi (v. 113). S'intende l'Eneide.

Michele Scotto fu = anastrofe (v. 116). Cioè: "fu Michele Scotto".
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Frasi sugli esami di Maturità


La maturità non è soltanto un esame che si fa dopo cinque anni di scuola superiore. La maturità non è solo un bagaglio di conoscenze e competenze. La maturità è imparare a stare nel mondo, relazionandosi in modo corretto con gli altri, avendo stima di se stessi, facendo scelte in modo autonomo e soprattutto pensare con la propria testa, e non seguendo il branco. Non è certo qualcosa legata all'età; bisogna conquistarla con il tempo, con le esperienze. Ci sono molte persone che a vent'anni sono ancora molto immature e magari altre che a sedici lo sono già. Non è qualcosa di automatico con lo scoccare dei 18 anni!

In questa pagina trovate una raccolta di frasi, aforismi, citazioni e battute divertenti sugli esami di maturità. Sono giorni che solitamente il maturando medio vive con pessimismo, in preda all'ansia e alla paura di dimenticarsi tutto e sbagliare. Vedi anche le frasi di auguri per gli esami di Maturità.


Le frasi

Agli esami gli sciocchi fanno spesso domande a cui i saggi non sanno rispondere. (Oscar Wilde)

L’ottanta per cento di un esame si basa sull’unica lezione a cui non sei andato, nella quale si parlava dell’unico libro che non hai letto. (Arthur Bloch)

Ah, che bella cosa è saper qualcosa. (Molière)

Gli esami non finiscono mai. (Eduardo De Filippo)

Gli esami finali sono eventi simili alla morte. (Richard Gordon)

Non ho passato il mio esame in diverse occasioni. I miei amici, invece, sì. Ora loro sono ingegneri e lavorano alla Microsoft. Io invece ne sono il proprietario. (Bill Gates)

Prima bisogna sapere il latino e poi bisogna dimenticarlo. (Montesquieu)

Non studiavo niente e perciò imparavo molto. (Anatole France)

Agli esami risponderò solo in presenza del mio avvocato. (Anonimo)

In periodo d'esami è sempre Lunedì. (Alessandro Fasanella)

Il grande genio della matematica Evaristo Galois, morto a vent'anni nel 1832 e autore di una serie di straordinarie opere matematiche non ancora completamente comprese, quando si presentò al Politecnico per gli esami di ammissione, venne bocciato in quanto, dopo aver ascoltato le domande dell'esaminatore, gli tirò in faccia il cancellino della lavagna gridandogli: "Si vergogni di porre domande così facili!".

100 non fa cultura, 60 non fa paura.

All'esame ci pensi Dio che a divertirmi ci penso io.

Prof, quando arrivo a 60 fermatemi!

La vita è un'attesa tra un esame e un altro. (Sergio Leone)

Maturare è scoprire l'altra faccia delle cose. (Nicolás Gómez Dávila)

Maturare non vuol dire rinunciare alle nostre aspirazioni, ma accettare che il mondo non è obbligato a soddisfarle. (Nicolás Gómez Dávila)

È maturo solo chi si ritiene immaturo, perché solo chi si ritiene immaturo cerca di colmare le sue lacune. (Mario Canciani)

Comincia da dove sei, usa quello che hai, fai quello che puoi. (Arthur Ashe)

Le sfide sono ciò che rendono la vita interessante... Superarle è ciò che le dà significato. (Joshua J. Marine)

Ricorda, oggi è il domani di cui ti preoccupavi ieri. (Dale Carnegie)

Sapete chi ha inventato l'esame di maturità? Eccolo qui. Il filosofo Giovanni Gentile. Era il 1923, e da allora intere generazioni di studenti sono state traumatizzate per sempre dal diabolico evento. (Film: Notte prima degli esami - Oggi)

Il bambino che oggi inizia gli esami di maturità e tu "non sapevo che adesso si facessero a 9 anni" "ne ho 18" "9 anni, assurdo". (Tremenoventi, Twitter)

È uscito Pirandello alla maturità: uno. Nessuno. Centomila bocciati. (Stanzaselvaggia, Twitter)

Quando mi chiedono di andare a correre penso all'ultima volta che l'ho fatto: esame di maturità, per l'ultimo banco. Sono finito al secondo. (Pao_LOST, Twitter)

Se si scoprisse che il prezzo da pagare per l'eterna giovinezza è rifare in continuazione l'esame di maturità, nessuno la bramerebbe tanto. (TristeMietitore, Twitter)

Gli esami di maturità, quanti ricordi. Io sperai fino all'ultimo che uscisse il tema su Ken il guerriero. (Ty_il_nano, Twitter)

Qualcosa di cui raccoglierai i frutti per tutta la vita. Non la maturità, i diritti SIAE che incassa Venditti per "Notte prima degli esami". (ItsCetty, Twitter)

La maturità di una persona non si misura da un esame, ma da come riesci a celare gli appunti senza farti scoprire. (MaxMangione, Twitter)

I reduci dalle guerre più terribili della storia hanno dichiarato 'è stata dura, ma non come gli esami di maturità'. (Dio, Twitter)

Il mio discorso alla maturità:
"Ho odiato la scuola superiore e ancora di più ho odiato tutti voi, spero che bruciate all'inferno.
Grazie"
(chevitaorribile, Twitter)

"A volte il modo migliore per trovare una soluzione è ignorare il problema".
Io allo scritto di matematica alla maturità.
Presi 3.
(FBiasin, Twitter)

Forse la vera maturità è andarsene senza lasciare traccia, per poi prendere un foglio bianco e scrivere una nuova storia per conto proprio. (p_episcopo, Twitter)

Durante la mia maturità il commissario interno mi guardava così male che pensavo di essere io l'assassino. (p_episcopo, Twitter)

Essere innamorati è bello, ma pure svegliarsi nella notte e accorgersi che rifare l'esame di maturità era solo un incubo non ce lo scordiamo. (esterviola_, Twitter)

L'esame di maturità è quell'ultimo ostacolo che separa un giovane dalla disoccupazione. (Il_Brillante, Twitter)

"Domani esame di Maturità"
E poi:
- Studi tutto
- Sai più dei prof
- Prendi 100 e lode
- Applauso della classe
- Ti svegli tutto sudato
(Droghiere, Twitter)

Sono partiti quelli con i ricordi della maturità fatta 234 anni fa. Tipo i nonni quando attaccavano con i tempi della guerra. (Ty_il_nano, Twitter)

"Studio, quest'anno ho la maturità"
E poi:
- L'anno in cui studi meno
- Cos'è la tesina?
- Non so che fare all'Università
- Sto nella merda
(Droghiere, Twitter)

L'esame di maturità è quel momento in cui capisci che ci sono delle altre persone che possono influire sul tuo destino oltre ai genitori. (insopportabile, Twitter)

Voglio fare l'alunno intervistato da Studio Aperto: "Non ho studiato niente, tanto per fare un TG di merda come il tuo non serve". #Maturità (Zziagenio78, Twitter)

"Esami di maturità:
- Ci dica, cosa le è rimasto dei Promessi Sposi?
- Le bomboniere."
(inDOMEstico,Twitter)

All'esame di maturità mi fecero una domanda sugli ossimori. Fui promosso a pieni vuoti. (tragi_com78, Twitter)

All'esame di maturità copiai tutto. Per la prova di italiano mi preparai addirittura una Carducciera. (tragi_com78, Twitter)

Tranquilli ragazzi, la maturità non è la morte, anche se ci assomiglia dannatamente. (TristeMietitore, Twitter)

Si chiama Maturità, ma non fate troppo caso al nome altisonante: potrete continuare a fare i cazzoni anche oltre i 30. (TristeMietitore, Twitter)

Alle tracce di maturità, se esce Quasimodo, io andrei alla grande, conosco il cartone Disney "Il gobbo di Notre Dame" a memoria. (RubinoMauro, Twitter)

Di questo passo, tra qualche anno, per essere ammessi alla maturità basterà solo la sufficienza respiratoria. (pellescura, Twitter)

Ricordo ancora il mio esame di #maturità. Anche quest'anno niente Alzheimer. (Microsatira, Twitter)

Alla maturità feci un tema davvero penoso. Per cercare di impressionare la commissione lo finii con "Luke, sono tuo padre". (marcosalvati, Twitter)

Maturità, il momento in cui scopri se negli ultimi 5 anni hai fatto il possibile per diventare amico di quello passa il compito. (ItsCetty, Twitter)

Il senso dell’esame di maturità: professori con cui hai a che fare cinque ore al giorno per cinque anni che poi devono dire "Hmm, ancora non ho capito bene quanto vali, ma potrò stabilirlo definitivamente grazie alle prove casuali che farai nei prossimi tre giorni". (diodeglizilla, Twitter)

Forse è il caso di avvertire i ragazzi impegnati con la #maturità: è inutile seguire le tracce, non riuscirete a trovare un futuro. (Comeprincipe, Twitter)

Ricordo che quando alla Maturità mi chiesero cosa pensassi del Dolce Stil Novo risposi che mi piaceva, ma che mia mamma lo faceva meglio. (MaxMangione, Twitter)

Comincio a pensare che si chiami esame di maturità perché ne rappresenta il picco massimo e poi è tutta discesa. (bon1z, Twitter)

Il 100 alla maturità fa salire dell'80% le chance di lavorare, facendole passare dallo 0,1% allo 0,18%. (arobalengo, Twitter)

Per colpa vostra sognerò di fare gli esami di maturità. Almeno fatemi copiare. (Totonno1980, Twitter)

Tanto più si avvicina l'esame tanto maggiori sono le probabilità che i muratori dovranno fare dei lavori intorno a te. (Ri_Ghetto, Twitter)
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Inferno Canto 19: analisi, commento, figure retoriche

La bolgia dei simoniaci, illustrazione di Gustave Doré

Il canto in cui sono puniti i simoniaci (coloro che facevano mercato con le cose sacre). Qui Dante incontra papa Niccolò III che gli predice la futura dannazione di Bonifacio VIII e Clemente V; in seguito Dante esplode in una violenta invettiva contro papa Niccolò e tutti i papi dediti alla simonia (simbolo della corruzione ecclesiastica).



Analisi del canto

Il canto dei papi simoniaci
È un canto completo perché ciò che avviene in questo canto si conclude in questo canto: inizia con Dante sostenuto da Virgilio che scende nella terza bolgia dove sono condannati i simoniaci e alla fine del canto preso in braccio dal suo maestro risale verso la bolgia successiva.

Questo è tutto ciò che avviene nel canto:
  • Dante rivolge parole dure a Simon mago e osserva dal punto più alto della bolgia quanta è la giustizia divina che si manifesta nel mondo. (vv. 112);
  • la descrizione dei simoniaci, e la discesa nella bolgia (vv. 13-45);
  • l'animato incontro con Niccolò III (vv. 46-87);
  • invettiva di Dante contro la corruzione del papato (vv. 88-123);
  • approvazione di Virgilio per l'invettiva di Dante e risalita verso la bolgia successiva (vv. 124-133).


Simon mago
Simon mago è un personaggio degli Atti degli apostoli, e di lui si narra che volesse comprare con il denaro la facoltà di comunicare con lo Spirito Santo, ma Pietro e Giovanni lo rimproverarono.
Il termine "simoniaco" deriva dal suo nome e appartengono a questo gruppo tutti coloro che vendono o comprano beni spirituali, cariche ecclesiastiche, indulgenze ecc.


Lo stile
Quando Dante incontra papa Niccolò III, quest'ultimo non potendolo vedere, crede che chi ha di fronte sia Bonifacio VIII (vv. 44-66). Questo stratagemma dell'equivoco viene usato da Dante per vivacizzare la narrazione e, nel caso ci fossero dei dubbi, per confermare che l'odiato papa Bonifacio VIII non ha possibilità di salvezza e che è destinato all'Inferno (si tratta di una dura condanna per un personaggio che in quel momento era ancora in vita).

Nel formulare l'invettiva scagliata contro i papi simoniaci, Dante fa uso di un linguaggio ricco di retorica, come: domande retoriche (vv. 90-92; 113-114), richiami biblici (vv. 106-112); versi con punti esclamativi (vv. 115-117).


La polemica antiecclesiastica
In questo canto Dante dà completo sfogo alla critica nei confronti della Chiesa. A rappresentare il peccato di simonia, cioè la volontà di comprare o vendere un bene spirituale in cambio di denaro, vi sono i papi, perché la responsabilità maggiore della Chiesa ricade proprio su di loro. Il papa che incontra è Niccolò III, con l'espediente dell'equivoco nomina anche Bonifacio VIII (nemico personale di Dante) e infine Clemente V (il papa che spostò la sede pontificia da Roma ad Avignone).
All'origine di questi conflitti comunque c'è la donazione dell'antico imperatore romano Costantino (convertito al Cristianesimo), il quale avrebbe concesso "in buona fede" la città di Roma a Papa Silvestro I, inconsapevole che questo dono sarebbe stato causa di tanti mali.




Commento

Una distesa di fori da cui fuoriescono le gambe e i piedi dei peccatori, lambiti da fiamme ardenti: ecco lo scenario della terza bolgia infernale che raccoglie i simoniaci. Questi dannati fecero commercio di cose sacre, stravolgendo completamente il compito loro affidato. La colpa è terribile e tanto odiosa che Dante, decisamente disgustato nel presentarla, adotta un linguaggio sarcastico, quasi da produrre un effetto comico. La Commedia non fa quasi mai ridere, perché affronta tematiche di alto valore esistenziale, ma qui, nella figura di un papa simoniaco conficcato a testa in giù, coi piedi che bruciano e che si storcono a esprimere sofferenza e disappunto, c'è il divertimento del cristiano "giusto" e dell'uomo onesto di fronte a una rappresentazione grottesca. Dante in questo canto non è sfiorato dalla compassione, perché la colpa dei simoniaci non ha radici in qualche sentimento di apprezzabile spessore umano, ma nella meschinità di un cuore avido, spregiatore degli uomini e di Dio. Così Dante si diverte e comunica ai lettori questo suo gusto che culmina nelle parole di papa Niccolò III: Se' tu già costi ritto, se' tu già costi ritto, Bonifazio? È a questo punto, infatti, che viene a sapere che il suo acerrimo nemico, Bonifacio VIII, è atteso nella bolgia. Il comico nasce, come teorizza lo scrittore Luigi Pirandello, dall'avvertimento del contrario", cioè dal capovolgimento del consueto sistema di riferimento: il papa teocratico, il capo assoluto della Chiesa che impone le norme al cristiano e intanto si dà a loschi intrallazzi politico-economici, presto si troverà a testa in giù, conficcato in un pozzetto, coi piedi in fiamme, a scontare eternamente il sovvertimento del messaggio d'amore e di salvezza di Cristo. È questo rovesciamento di immagini e di situazioni che colpisce, ma l'aspetto buffo presto si trasforma in sarcasmo e in invettiva. Il culmine è raggiunto nell'anticipazione dell'arrivo di Clemente V, autore di più laida opra.
Dante allora, con la coscienza di chi mai si è macchiato di tali colpe, si scaglia contro i papi simoniaci così violentemente da dubitare di incorrere in un giudizio di suprema temerarietà: egli, semplice cristiano, può forse osare una denuncia così radicale contro i papi? La sua audacia nasce dalla consapevolezza che, davanti a Dio, non ci sono papi o umili, ma solo uomini che hanno o non hanno rispettato il Vangelo e le norme che governano i corretti rapporti sociali. Dante fa risuonare la tromba apocalittica che divide i giusti dai colpevoli e la colpevolezza qui suona tanto più chiara e definitiva quanto più alta è stata la responsabilità morale e religiosa che i dannati hanno avuto in vita. L'istituzione tuttavia è salva e la feroce critica di Dante a coloro che la rappresentano ribadisce il bisogno di una religiosità limpida, che era già presente nei movimenti ereticali dell'epoca.



Le figure retoriche

Qui di seguito trovate tutte le figure retoriche del diciannovesimo canto dell'Inferno. Per una migliore comprensione del testo vi consigliamo di leggere la parafrasi del Canto 19 dell'Inferno.


Le cose di Dio = metonimia (v. 2). L'autore per l'opera, cioè al posto di dire "le cose sante".

Che ne la terza bolgia state = anastrofe (v. 6). Sta a significare "che state nella terza bolgia".

A la seguente tomba = anastrofe (v. 7). Sta a significare "nella bolgia successiva".

De lo scoglio = sineddoche (v. 8). La parte per il tutto, s'intende il "ponte roccioso".

O somma sapienza = apostrofe (v. 10).

Piena la pietra livida di fóri = anastrofe (v. 14). Sta a significare "la roccia scura piena di buchi".

D’un largo tutti = anastrofe (v. 15). Sta a significare "tutti della stessa larghezza".

Li piedi e de le gambe infino al grosso = climax ascendente (vv. 23-24). Sta a significare "i piedi, le gambe e le cosce".

Ritorte e strambe = endiadi (v. 27). Sta a significare "attorte e intrecciate".

Qual suole il fiammeggiar de le cose unte muoversi pur su per la strema buccia, tal era lì dai calcagni a le punte = similitudine (vv. 28-30). Sta a significare "Come la fiamma che brucia le cose unte è solita lambire solo la superficie esterna, tale era il fiammeggiare sui piedi dei dannati, dai calcagni alle punte".

Tu se’ segnore, e sai = allitterazione della "s".

Anima trista come pal commessa = similitudine (v. 47). Sta a significare "anima triste conficcata come un palo".

Io stava come ’l frate che confessa lo perfido assessin, che, poi ch’è fitto, richiama lui, per che la morte cessa = similitudine (vv. 49-51). Sta a significare "Io ero nella posizione del frate che confessa il perfido assassino, il quale, dopo essere stato messo nella buca a testa in giù, lo chiama per evitare la morte".

La bella donna = perifrasi (v. 57. Per indicare la chiesa.

Tal mi fec’io, quai son color che stanno, per non intender ciò ch’è lor risposto, quasi scornati, e risponder non sanno = similitudine (vv. 58-60). Sta a significare "Io divenni allora come quelli che non capiscono cosa è stato loro risposto, quasi interdetti, per cui non sanno cosa ribattere".

Non son colui, non son colui = anadiplosi (v. 62).

Se di saper = ellissi (v. 67). Sta a significare "se ti preme sapere, se ti interessa sapere".

Qui me misi in borsa = metafora (v. 72). Sta a significare "Qui ho messo in borsa me stesso".

E come a quel fu molle suo re, così fia lui chi Francia regge = similitudine (vv. 86-87). Sta a significare "come il suo re fu accondiscendente con lui, così sarà verso il papa il re di Francia".

In prima da san Pietro ch’ei ponesse le chiavi = anastrofe (vv. 91-92). Sta a significare "a San Pietro prima di affidargli le chiavi".

Al loco che perdé = anastrofe (v. 96). Sta a significare "per prendere il posto".

L'anima ria = perifrasi (v. 96). Per indicare l'anima malvagia, Giuda.

Delle somme chiavi = perifrasi (v. 101). Per indicare la Chiesa.

Colei che siede sopra l’acque = perifrasi (v. 107). Per indicare la Chiesa.

Al suo marito = perifrasi (v. 111). S'intende il marito della Chiesa, ovvero il papa.

Fatto v’avete = anastrofe (v. 112). Sta a significare "vi siete fatti, vi siete fabbricati".

Il primo ricco patre = perifrasi (v. 117). S'intende papa Silvestro.
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Veglia - Ungaretti: parafrasi, analisi e commento

Veglia

L'autore di questa poesia intitolata Veglia è Giuseppe Ungaretti. Scritta il 23 dicembre del 1915 a Cima Quattro e tratta dalla raccolta "L'allegria". È una poesia che descrive una scena di guerra in cui il fante poeta in veste di soldato si ritrova vicino al compagno caduto e ne vede gli effetti della morte.





Veglia - Ungaretti

In questa pagina trovate tutto ciò che riguarda la poesia Veglia di Giuseppe Ungaretti: la scheda riepilogativa della poesia, il testo originale della poesia, la parafrasi della poesia realizzata da noi per leggere il testo attraverso parole meno complicate, l'analisi del testo della poesia per capire la scelta di quelle parole, le figure retoriche che servono ad aggiungere altri significati che potrebbero risultare nascosti a chi non conosce la poetica di questo poeta. Infine per capire se si è riusciti ad apprendere ogni cosa abbiamo realizzato anche una verifica incentrata solo ed esclusivamente su questa poesia.

Titolo Veglia
Autore Giuseppe Ungaretti
Genere Poesia
Raccolta L'Allegria
Corrente letteraria Ermetismo
Data 23 dicembre del 1915
Luogo Cima Quattro sul Monte San Michele, rilievo del Carso
Contesto storico Prima guerra mondiale
Temi trattati l'orrore della guerra, la caducità della vita
Personaggi principali Ungaretti poeta-soldato, soldati in guerra
Frase celebre «Non sono mai stato tanto attaccato alla vita»



Testo

Un'intera nottata
buttato vicino
a un compagno
massacrato
con la sua bocca
digrignata
volta al plenilunio
con la congestione
delle sue mani
penetrata
nel mio silenzio
ho scritto
lettere piene d'amore

Non sono mai stato
tanto
attaccato alla vita



Parafrasi

Tutta la notte
coricato per terra vicino
a un compagno
morto
con la sua bocca
aperta
sotto il bagliore della luna piena
con le mani gonfie e livide,
che entrano nel profondo della mia anima;
ho scritto
lettere piene d’amore
Non sono mai stato
così tanto
attaccato alla vita.




Parafrasi discorsiva

Un'intera notte scaraventato vicino ad un compagno massacrato, con la sua bocca aperta con i denti scoperti e il volto indirizzato verso il cielo con la luna piena, con le sue mani gonfie che rimanevano di fronte a me silenzioso; io ho scritto delle lettere piene d'amore. Non sono mai stato così attaccato all'esistenza



Analisi del testo

METRICA: versi liberi, in due strofe di lunghezza diversa.

Livello sintattico: assenza della punteggiatura e prevalenza della coordinazione.

Livello fonetico: c'è una prevalenza di doppie che costituiscono suoni aspri: nottata, buttato, attaccato. Questa prevalenza di doppie c'è per sottolineare l'assurdità della guerra che è causa di morte. La scelta delle parole scabre, essenziali poiché l'autore è costretto a vivere in mezzo ai morti.

Temi: l'insensata brutalità della guerra - l'amore per la vita, malgrado tutto.


Il tema della lirica è racchiuso nel titolo: la veglia è sia il senso interminabile del tempo trascorso accanto al cadavere dilaniato del compagno, sia l'atteggiamento di fraterna partecipazione a quello strazio, dunque la "veglia funebre". Il primo significato è illustrato dalla prima strofa della poesia, assai più lunga. Dominano in essa immagini di crudo realismo, sottolineato da versi-parola (massacrato-digrignata-penetrata): essi costringono brutalmente il lettore a urtarsi con il disfacimento e la morte. L'uso dei participi (ben cinque) e il ricorso frequente al gruppo consonantico -tt- creano un ritmo aspro, secco duro. Il successivo spazio di silenzio (lo stacco tra le due strofe) serve al poeta per scendere fino al fondo del proprio animo. Segue la seconda, breve strofa: proprio la guerra consente di cogliere il senso più profondo e il valore dell'esistere umano; il poeta proclama quindi: Non sono mai stato / tanto / attaccato alla vita.

Tutte le poesie di Ungaretti sono auto-biografiche. Accanto ad ogni titolo delle poesie di Porto Sepolto troviamo sempre data e luogo, come una sorta di personale diario di guerra.
Questa poesia indica che ogni uomo ha diritto alla vita.

Ci sono due campi semantici: della morte e della vita.
  • Le parole del campo semantico della morte: massacrato, bocca digrignata, congestioni delle sue mani.
  • Le parole del campo semantico della vita: plenilunio, lettere piene d'amore, vita.


Alcune caratteristiche evidenti:
  • Brevità della poesia e brevità dei versi, addirittura ci sono dei versi formati da una sola parola che diventano parole chiave che vengono isolate nel verso.
  • Non c’è punteggiatura e la sintassi è abbozzata. Tutto ciò ha lo scopo di darci degli squarci di quello che si vuole evocare.



Spiegazione per parola

  • Digrignata: sfigurata. Lo spasimo della morte produce un ghigno quasi bestiale.
  • Plenilunio: luna piena.
  • Congestione: tumefazione, arrossamento causato dal blocco della circolazione sanguigna.
  • Lettere...amore: poesie di poche, straziate parole, come lettere rivolte a tutta l'umanità; la poesia è riflessione, testimonianza, rivelazione.



Figure retoriche

Di seguito trovate tutte le figure retoriche della poesia Veglia di Giuseppe Ungaretti.
  • Allitterazione della "t" = intera, nottata, buttato (vv. 1-2).
  • Allitterazione della "e" = "lettere piene d'amore" (v. 13).
  • Assonanza "a, o" = buttato, compagno, massacrato (vv. 2-4) - bocca e volta (vv. 5-7) - stato, tanto, attaccato (vv. 14-16)
  • Metonimia = con la congestione delle sue mani (vv. 8-9). Il poeta dice la "congestione delle sue mani" e non "le sue mani congestionate".
  • Metafora = penetrata nel mio silenzio (vv. 10-11). È presente la percezione tattile e uditiva.
  • Enjambement = vv. 1-2; 2-3; 3-4; 4-5; 5-6; 6-7; 8-9; 9-10; 10-11; 12-13; 14-15; 15-16.


Commento

Giuseppe Ungaretti prese parte alla Prima guerra mondiale e questa poesia fu proprio scritta durante questo conflitto, a pochi giorni dal giorno di Natale (l'indicazione «Cima quattro il 23 dicembre 1915»). Il tema trattato è la sofferenza patita in guerra, la caducità della vita (vita destinata e finire in breve tempo), l'angoscia della morte che incombe.
Ha trascorso un'intera nottata (una nottataccia) a fianco a un compagno massacrato con la bocca deformata rivolta verso la luna piena e con le dita delle sue mani rigide e gonfie per la morte, che lasciano un profondo senso di sgomento in lui e, ammutolito, non può fare altro che restargli accanto. In questo momento il poeta ha sentito l'esigenza di scrivere lettere d'amore (per il bisogno di dichiarare affetto ai suoi cari) e qui, di fronte alla tragedia della morte, rivela che non si era mai sentito così tanto attaccato alla vita (segno della protesta contro la guerra).
Avviene, cioè, quella cosa che i greci chiamavano eros e thanatos: quanto più ti senti vicino alla morte tanto più ti senti legato alla vita e all'amore!
E per quanto possa essere ingiusta la vita vale certamente la pena di viverla pienamente, come si dice spesso "la vita è una e va vissuta al 100%", ma non è necessario aspettare di vedere la morta in faccia per incominciare a non sprecarla. Seppure in maniera più astratta è comunque questo il significato che il poeta fante Giuseppe Ungaretti ci ha voluto trasmettere.



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Domande & Risposte
Cosa racconta la poesia Veglia?
In questa poesia di guerra Ungaretti descrive l'esperienza di veglia notturna accanto ad un compagno soldato morto.
Cosa significa il titolo Veglia di Ungaretti?
Il titolo Veglia crea un paragone con la veglia funebre data la vicinanza forzata del compagno morto in guerra.
Qual è il messaggio che Ungaretti vuole comunicare con la poesia Veglia?
Il messaggio della poesia Veglia è che l'autore nel vedere la scena di morte del compagno morto, ha ancora più voglia di vivere.


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Ce l'abbiamo fatta o C'è l'abbiamo fatta: come si scrive?


La forma corretta è Ce l'abbiamo fatta, così come la vedete, senza l'accento sulla vocale "e" (ovvero senza il verbo essere) e senza apostrofo.

Non ci vuole il verbo essere perché quel "CE" è la variante della particella "CI" davanti ai pronomi (lo, la, li, le, ne). Un trucco per non sbagliare è quello di inserire la parola "essere" al posto della E con accento.

E avremmo avuto una frase senza senso (a meno che non esista una cosa o una persona che si chiama "Abbiamo Fatta", cosa alquanto improbabile):
ce l'abbiamo fatta
c'essere l'abbiamo fatta

Invece, nella frase che segue:
c'è bel tempo
c'essere bel tempo
...seppure la frase continui a stonare, ha un senso rispetto a quella precedente. Proprio perché ha un senso vuol dire che in questa frase è corretto utilizzare l'accento. Infatti "C'È" è la forma contratta di "CI È". Il verbo essere indica che è presente il bel tempo!



Tutte le possibili combinazioni

  • Io ce l'ho fatta;
  • Tu ce l'hai fatta;
  • Lui / Lei / Egli ce l'ha fatta;
  • Noi ce l'abbiamo fatta;
  • Voi ce l'avete fatta;
  • Loro / Essi ce l'hanno fatta.


ESEMPIO:
- Non è stato semplice ma alla fine ce l'abbiamo fatta.
- Dimmi che ce l'abbiamo fatta.
- Purtroppo non ce l'abbiamo fatta.
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Inferno Canto 18: analisi, commento, figure retoriche

I ruffiani e seduttori, illustrazione di Gustave Doré

Nella I bolgia scontano la loro pena i ruffiani e i seduttori (tra loro vi sono Venedico Caccianemico e Giasone), nella II bolgia gli adulatori (tra cui Alessio Interminelli e Taide).



Analisi del canto

La rappresentazione di Malebolge
Nella struttura e nel paesaggio dell'Inferno un posto di privilegio occupa lo spazio architettonico di Malebolge, cui corrisponde una gerarchia morale. Il vallone di pietra suddiviso in dieci bolge (simili ai fossati posti a difesa dei castelli medievali) è un luogo geometrico imponente, caratterizzato da un'atmosfera disumana e dalla gravità delle colpe di fraudolenza qui scontate.


La meschinità dei dannati
Le pene delle prime due bolge producono una sensazione di umiliante vergogna e meschinità, commisurata alle colpe (ruffiani, seduttori, adulatori) e ai dannati, che trova corrispondenza negli atteggiamenti dei dannati: dagli occhi bassi di Caccianemico alla volgare scompostezza della prostituta Taide.


Il linguaggio e lo stile
Per sottolineare il suo disprezzo verso i dannati della vergognosa colpa della frode (che avvilisce la dignità umana), Dante adotta un linguaggio dal registro crudo e basso, che viene evidenziato nel canto attraverso l'utilizzo del sarcasmo e attraverso la violenza nel descrivere il personaggio Taide.




Le figure retoriche

Qui di seguito trovate tutte le figure retoriche del diciottesimo canto dell'Inferno. Per una migliore comprensione del testo vi consigliamo di leggere la parafrasi del Canto 18 dell'Inferno.


Luogo è in inferno = anastrofe (v. 1). Sta a significare "All'Inferno c'è un luogo".

Come la cerchia che dintorno il volge = similitudine (v. 3). Sta a significare "come la parete rocciosa che lo circonda".

E come a tai fortezze da’ lor sogli a la ripa di fuor son ponticelli, così da imo de la roccia scogli movien che ricidien li argini e ’ fossi infino al pozzo che i tronca e raccogli = similitudine (vv. 14-18). Sta a significare "e come dalle soglie (sogli) di tali fortezze ci sono dei piccoli ponti levatoi verso la riva esterna, così dalla base di quella parete partivano dei ponti in pietra che attraversavano gli argini e i fossati fino al bordo del pozzo che li interrompe e li riunisce".

De la schiena scossi / di Gerion = enjambement (vv. 19-20). Sta a significare "fummo scaricati dalle spalle di Gerione".

In questo luogo, de la schiena scossi di Gerion, trovammoci = iperbato (vv. 19-20). Sta a significare "Ci trovammo in questo luogo, una volta che Gerione ci ebbe deposti dalla sua schiena".

Nova pieta, novo tormento e novi frustatori = climax ascendente (vv. 22-23). Sta a significare "nuova angoscia, una nuova pena e nuovi diavoli frustatori".

Nova, novo, novi
= simploche (vv. 22-23).

Ci venien verso ’l volto = sineddoche (v. 26). La parte per il tutto, dice il "volto" anziché "verso di noi".

Come i Roman per l’essercito molto, l’anno del giubileo, su per lo ponte hanno a passar la gente modo colto = similitudine (vv. 28-30). Sta a significare "come i Romani hanno trovato un modo per far passare la gente sul ponte nell'anno del Giubileo, a causa del grande afflusso". Allude al Giubileo indetto da papa Bonifacio VIII nell'anno 1300 che provocò un enorme afflusso di pellegrini.

Li occhi miei in uno furo scontrati = metonimia (vv. 40-41). Il concreto per l'astratto, cioè "occhi" anziché "sguardo".

L’occhio a terra gette = metonimia (vv. 48). Il concreto per l'astratto, cioè "occhio" anziché "sguardo".

Scorta mia = anastrofe (v. 67). Sta a significare "mia guida".

Non par lagrime spanda = anastrofe (v. 84). Sta a significare "non sembra versare lacrime".

Al dosso / de l'arco = enjambement (vv. 110-111).

Con l’occhio cerco = metonimia (v. 115). Il concreto per l'astratto, cioè "occhio" anziché "sguardo".

Di merda lordo = anastrofe (v. 116). Sta a significare "sporco di escrementi".

Più che li altri tutti = anastrofe (v. 123). Sta a significare "più di tutti gli altri".

Il viso un poco più avante = sineddoche (v. 128). Il tutto per la parte, ovvero il "viso" anzichè gli "occhi" (inteso come lo sguardo).

Sozza e scapigliata = endiadi (v. 130).

E or s’accoscia e ora è in piedi stante = anadiplosi (v. 132). Si ripete il termine "ora" abbreviato in "or" nello stesso verso.
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Tutt'uno o Tuttuno: come si scrive?


La grafia corretta è tutt'uno, formata dalle parole "tutto" (pronome indefinito) che è soggetto a elisione e "uno" (pronome indefinito).

La forma "tuttuno", ovvero quella univerbata (= un'unica parola) non è errata dal punto di vista grammaticale ma è in disuso, pertanto la si può trovare in qualche testo letterario poco attento ai cambiamenti della lingua italiana.

Tale termine si usa per indicare qualcosa di unito oppure per indicare un legame relazionale molto forte tra due o più persone. Se non dovesse piacervi questa parola ricordiamo che esistono numerosi sinonimi con cui potete rimpiazzarla: unito, incorporato, indivisibile, inglobato, inscindibile, inseparabile, integrato, una cosa stessa.


ESEMPIO:
- Mare e cielo parevano un tutt'uno al finir della notte.
- Io e il mio ragazzo? Siamo un tutt'uno!
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Biografia: Lialia


È lo pseudonimo di Amalia Cambiasi Negretti, nata a Carate Lario (Como) nel 1897, la più letta e apprezzata autrice di "romanzi rosa" in Italia. Fu Gabriele D'Annunzio a coniare per lei il nome Liala con cui firmò tutte le sue opere: «Ti chiamerò Liala perché ci sia sempre un'ala nel tuo nome». Appartenente ad una agiata famiglia, si sposa con un ufficiale di marina, innamorandosi poi di un famoso pilota di idrovolanti, che muore in un tragico incidente di volo nel 1926. Di questa vicenda (che verrà rievocata in uno degli ultimi romanzi, Ombre di fiori sul mio cammino, del 1981), restano tracce vistose nelle prime opere, che narrano le passioni sofferte e tormentate per spericolate aviatori: Signorsì (1931), che ne costituì l'esordio, con il seguito, Settecorna (1932); Peregrino del ciel (1933); Brigata di ali (1947).
Autrice di oltre ottanta romanzi, fra cui ci limitiamo a ricordare la "trilogia di Lalla" (Dormire e non sognare, Lalla che torna e Il velo sulla fronte).

Il successo incontrato fino ai nostri giorni dalla scrittrice è dovuto a una straordinaria abilità nel maneggiare gli stereotipi del romanzo di consumo, creando intricanti trame narrative e poi inserendole una una scenografia abbagliante, con elementi raffinati e personaggi bellissimi, atletici e aristocratici.

L'attenzione della modernità, pur tenendo conto degli esteriori cambiamenti del costume (gli aeroplani verranno sostituiti da auto da corsa e motociclette), non altera l'immutabile sfondo dei sentimenti.

Muore nel 1955, all'età di 98 anni.
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Inferno Canto 17: analisi, commento, figure retoriche

Gerione, illustrazione di Gustave Doré

Il canto in cui sono puniti i violenti contro Dio (tra cui gli usurai) e fa la sua apparizione Gerione, una creatura che ha volto umano e corpo di serpente e che simboleggia la frode. Questi aiuterà Dante e Virgilio nella discesa verso l'ottavo cerchio.



Analisi del canto

Gerione e la frode
La particolareggiata descrizione di questo demone ne dichiara il valore simbolico: egli è sozza imagine di froda (v. 7), allegoria dell'inganno e della frode, ed è infatti il custode di Malebolge, il cerchio dei fraudolenti. Da notare il contrasto fra il suo volto da uom giusto e il suo corpo orrendo, caratterizzato dalla pelle maculata e da un'enorme coda da scorpione (che Dante nomina spesso proprio per risaltarne la mostruosità).


Reginaldo degli Scrovegni
Nelle parole dell'usuraio padovano prosegue la polemica morale contro Firenze: tutti fiorentini sono infatti i dannati che egli indica lì presenti, e fiorentino è uno dei personaggi di cui è annunciato l'arrivo (Gianni Buiamonte dei Becchi).


La paura di Dante
Il sentimento della paura, che accompagna Dante nel suo viaggio oltremondano come misura della sua maturazione spirituale, caratterizza l'atteggiamento psicologico del poeta in questo canto: è la paura di Gerione e la paura del volo, che viene però superata grazie anche all'aiuto di Virgilio, simbolo della Ragione umana.



Le figure retoriche

Qui di seguito trovate tutte le figure retoriche del diciassettesimo canto dell'Inferno.  Per una migliore comprensione del testo vi consigliamo di leggere la parafrasi del Canto 17 dell'Inferno.


E quella sozza imagine di froda = metonimia (v. 7). L'astratto per il concreto, sta a significare "quella sudicia immagine di frode", ed è riferito a Gerione.

Faccia sua = anastrofe (v. 10).

Due branche avea = anastrofe (v. 13). Sta a significare "aveva due zampe".

Dipinti avea = anastrofe (v. 15). Sta a significare "erano dipinti".

Come tal volta stanno a riva i burchi...così la fiera pessima si stava su l’orlo ch’è di pietra e ’l sabbion serra = similitudine (v. 19-24). Sta a significare "Come talvolta i burchielli (piccole imbarcazioni) stanno a riva e tengono parte dello scafo in acqua e parte a terra, e come là fra i Tedeschi ghiottoni (nei paesi nordici) il castoro si prepara a catturare la preda (emergendo in parte dal fiume), così l'orribile fiera stava sull'orlo in pietra e circonda il sabbione infuocato".

La venenosa forca ch’a guisa di scorpion la punta armava = similitudine (vv. 26-27). Sta a significare "l’estremità biforcuta (forca) e velenosa che armava il pungiglione simile a quella di uno scorpione".

E diece passi femmo = anastrofe (v. 32). Sta a significare "e facemmo dieci passi".

A lei venuti semo = anastrofe (v. 34). Sta a significare "giungemmo a lei".

Tutto solo / andai
= enjambement (vv. 44-45).

Non altrimenti fan di state i cani or col ceffo, or col piè, quando son morsi o da pulci o da mosche o da tafani = similitudine (vv. 49-51). Sta a significare "non diversamente fanno i cani in estate, col muso e con la zampa, quando sono morsi da pulci, mosche o tafani".

Li occhi porsi = metonimia (v. 52). Il concreto per l'astratto, gli occhi invece dello sguardo.

Come sangue rossa = similitudine e anastrofe (v. 62). Sta a significare "rossa come il sangue".

Distorse la bocca e di fuor trasse la lingua, come bue che ’l naso lecchi = similitudine (vv. 74-75). Sta a significare "distorse la bocca e tirò fuori la lingua, come un bue che si lecca il naso".

Qual è colui che sì presso ha ’l riprezzo...tal divenn’io a le parole porte = similitudine (vv. 85-88). Sta a significare "Come colui che ha così vicino il brivido della febbre quartana che ha già le unghie livide, e trema tutto solo guardando l'ombra, così divenni io nell'udire quelle parole".

Come la navicella esce di loco in dietro in dietro, sì quindi si tolse = similitudine (vv. 100-101). Sta a significare "Come la navicella lascia la riva procedendo all'indietro, così Gerione si allontanò dall'orlo".

La coda rivolse, e quella tesa, come anguilla = similitudine (vv. 103-104). Sta a significare "mosse la coda tenendola come un'anguilla".

Maggior paura non credo che fosse quando Fetonte...né quando Icaro misero le reni...che fu la mia, quando vidi ch’i’ era ne l’aere d’ogne parte, e vidi spenta ogne veduta fuor che de la fera = similitudine (vv. 106-114). Sta a significare "Non credo che Fetonte avesse più paura quando lasciò le redini del carro del Sole, per cui - come ancora appare - il cielo si incendiò; né (ebbe più paura) il misero Icaro, quando si sentì spennare la schiena dalla cera surriscaldata, mentre il padre gli gridava: «Stai seguendo una strada sbagliata!», rispetto alla paura che ebbi io, quando vidi che mi trovavo nell'aria da ogni lato e non vidi più nulla eccetto quella fiera".

Scaldata cera = anastrofe (vv. 110). Sta a significare "cera surriscaldata".

Come ’l falcon ch’è stato assai su l’ali...così ne puose al fondo Gerione = similitudine (vv. 127-133). Sta a significare "Come il falcone che ha volato a lungo, e che non avendo visto né il logoro né un uccello induce il falconiere a dire: «Ohimè, tu scendi!», e quello scende stanco nel luogo da cui si muove agile, facendo cento giri nell'aria e si posa lontano dal suo padrone, disdegnoso e riottoso; così ci depose al fondo Gerione".

Si dileguò come da corda cocca = similitudine (v. 136). Sta a significare "svanì come una freccia dalla corda dell’arco".
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Pomodori o Pomidori: come si scrive?


Il sostantivo "pomodoro" ha due plurali, e sono: pomodori e pomidori.

Perché abbiamo due plurali? 
Perché la parola "pomodoro" è una parola composta: pomo d'oro (nome + preposizione + nome) e fu chiamato anticamente anche pomo d'amore.


POMODORI = è la forma che comunemente viene utilizzata oggigiorno per indicare il plurale di pomodoro (2 pomodori, un chilo di pomodori ecc.). Dal momento che si tratta di un sostantivo di genere maschile terminante in "-o", il suo plurale sarà con la "-i" finale.


POMIDORI = è una forma rara ma non errata, questo perché è possibile rintracciarla nei testi dei secoli passati, ad esempio pomidoro veniva usato nel primo Novecento, mentre pomidori nella seconda metà dell’Ottocento. Abbiamo già detto che pomodoro è una parola composta e, in questo caso, il plurale è stato inserito nella prima parte della parola (pomi).


La lingua italiana ha subito continui cambiamenti nel corso degli anni e alcune parole che prima andavano bene adesso non lo sono più: il termine pomodoro non viene più considerato un nome composto ma un'unica parola e, pertanto, è corretto sempre scrivere "pomodoro", e sconsigliato scrivere "pomidori" a meno che non stiate citando una frase estrapolata da un testo antico dove a quei tempi si usava scrivere in questo modo. In tutti gli altri casi occorre sempre usare la regola più recente!
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Inferno Canto 16: analisi, commento, figure retoriche

Priamo della Quercia, illustrazione al Canto XVI

Il canto in cui Dante incontra tre fiorentini (Tegghiaio Aldobrandi, Iacopo Rusticucci e Guido Guerra), con i quali ha modo di parlare della situazione politica e morale dii Firenze. Infine giungono nel punto in cui il Flegetonte si getta nell'abisso.



Analisi del canto

L'incontro con i gentiluomini toscani
L'episodio vive del contrasto fra la crudezza della pena per contrappasso dei sodomiti che tormenta i tre nobili fiorentini, e la cortesia durante la conversazione che ne esalta lo stile e il contenuto. La dura condanna ricevuta per le loro colpe nella vita terrena non è sufficiente a cancellare o a sminuire il ricordo delle loro virtù civili e l'amore nobile per la patria e i concittadini.


Il tema politico
Il canto ripropone nei termini della polemica contro Firenze la stessa passione politica già letta nei canti di Ciacco (canto VI), di Farinata (canto X) e di Brunetto Latini (canto XV). La condanna è qui precisata nell'apostrofe contro la gente nova e i subiti guadagni, ovvero gli immigrati arricchiti che corrompono il tessuto sociale tradizionale.


L'attesa di Gerione
La seconda parte del canto tratta l'avvicinamento di Dante e Virgilio al burrone che separa il cerchio in cui si trovano adesso da quello successivo e i preparativi per la discesa. Dante è qui maestro nel creare la tensione per l'attesa di un avvenimento straordinario: la creatura che sta salendo dalle voragini oscure dell'Inferno acquista in mostruosità perché non nominata né descritta.



Commento

L'incontro con i tre illustri fiorentini, sebbene siano condizionati dalla pena infernale, si svolge in un'atmosfera dignitosa e ispirata da valori elevati, ma riguardanti vicende di quando erano in vita. Proprio per questa ragione si crea una possibilità di dialogo e di intesa tra i dannati, spiritualmente ciechi con Dante, ancora uomo e peccatore, e Virgilio, simbolo della sapienza e della ragione non ancora illuminata dalla fede.
Sono i valori espressi dalla civiltà feudale, riutilizzati in seguito dalle classi aristocratiche, a cui i tre fiorentini appartengono, e anche al di fuori della vita di corte. Essi si riassumono nel binomio «cortesia e valor», termini appartenenti al tipico linguaggio cavalleresco, spesso utilizzati nei dialoghi con nobili personaggi del passato (Marco Lombardo in Purgatorio XVI, o Guido del Duca in Purgatorio XIV).
Fin dalle prime battute del dialogo si capisce che l'ambiente di cui parleranno è Firenze (terra prava), quindi si chiarisce la collocazione sociale dei protagonisti, sicuramente elevata dal momento che Virgilio invita Dante ad essere «cortese» e a manifestare rispetto.
I tre fiorentini si presentano come uomini valorosi che hanno dedicato la loro vita all'impegno civile e politico. Fama ed onore hanno accompagnato le loro opere e i loro nomi fino ai tempi di Dante.
Il secondo tema del canto è la denuncia dell'evoluzione borghese e mercantile dei tempi moderni, che hanno causato la degenerazione morale di Firenze e la scomparsa di «cortesia e valor», a sua volta sostituiti da «orgoglio e dismisura», le cui luttuose conseguenze affliggono tutta la città.

Cortesia = è equilibrio, delicatezza di modi, liberalità e rispetto.

Valore = indica magnanimità, coraggio, disinteresse e lealtà.

Orgoglio = al contrario indica tracotanza e villania.

Dismisura = può alludere a ogni tipo di sfrenatezza nei costumi privati, come il lusso familiare, o nei rapporti civili, come l'arroganza e la violenza.

In Dante è evidente il suo atteggiamento conservatore: idealizzazione del passato, riferimento ad un quadro di valori tradizionali, incomprensione e rifiuto delle novità sociali ed economiche. Quindi dante non vede alcuna possibilità di riscatto nel futuro, chiuso nella condanna del presente e, per questo motivo, preferisce rievocare il passato.



Le figure retoriche

Qui di seguito trovate tutte le figure retoriche del sedicesimo canto dell'Inferno. Per una migliore comprensione del testo vi consigliamo di leggere la parafrasi del Canto 16 dell'Inferno.


Simile a quel che l’arnie fanno rombo
= similitudine (v. 3). Sta a significare "simile al ronzio delle api dentro l'arnia".

Nostra terra prava = perifrasi (v. 9). Per indicare Firenze.

Volse ’l viso ver me = allitterazione della v (v. 14). Sta a significare "volse lo sguardo verso di me".

Qual sogliono i campion far nudi e unti, avvisando lor presa e lor vantaggio, prima che sien tra lor battuti e punti, 24 così, rotando, ciascuno il visaggio drizzava a me, sì che ’n contraro il collo faceva ai piè continuo viaggio = similitudine (vv. 22-27). Sta a significare "Come erano soliti fare i lottatori nudi e cosparsi d'olio, studiando l'avversario per tentare una presa prima di percuotersi e ferirsi a vicenda, così, pur girando la testa, ciascuno dei tre dannati fissava il suo sguardo su di me, in modo tale che torceva il collo in senso opposto ai suoi passi".

La fama nostra = anastrofe (v. 31). Sta a significare "la nostra fama".

Fece col senno assai e con la spada
= anastrofe (v. 39). Sta a significare "compì grandi opere col senno e con la spada".

Gittato mi sarei = anastrofe (v. 47). Sta a significare "mi sarei gettato".

Brusciato e cotto = endiadi = (v. 49).

Vinse paura = anastrofe (v. 50). Sta a significare "la paura prevalse".

Come quel fiume c’ha proprio cammino...sì che ’n poc’ora avria l’orecchia offesa = similitudine (vv. 94-105). Sta a significare "Come quel fiume, che ha per primo il proprio corso partendo dal Monviso verso levante, dalla pendice destra dell'Appennino, che in alto si chiama Acquacheta prima di scendere in pianura e a Forlì cambia nome (in Montone), rimbomba sopra San Benedetto dell'Alpe per cadere in una sola cascata là dove dovrebbe essere ricevuto in mille cascatelle; così vedemmo che quel fiume rosso (il Flegetonte) ricadeva giù per un burrone scosceso, facendo tanto rumore che in poco tempo avrebbe danneggiato l'udito".

Duca = perifrasi (v. 110). Per indicare Virgilio.

Come torna colui che va giuso talora a solver l’àncora ch’aggrappa o scoglio o altro che nel mare è chiuso, che ’n sù si stende, e da piè si rattrappa = similitudine (vv. 133-136). Sta a significare "proprio come il marinaio che va sott'acqua a sciogliere l'ancora che si è impigliata o a rimuovere un altro ostacolo dentro il mare, e che (nel tornare a galla) stende le braccia verso l'alto e ritrae le gambe (per darsi maggiore slancio)".

Enjambements = vv. 1-2; 100-101.
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Poesie sull'amicizia e sull'essere amici


L'amicizia è il reciproco affetto, costante e intenso, tra persona e persona, nato da una scelta che tiene conto della conformità dei voleri o dei caratteri e da una prolungata consuetudine. L'Organizzazione delle Nazioni Unite ha istituito nel 2011 una giornata per celebrare l'amicizia. Questo giorno particolare viene celebrato il 30 luglio di ogni anno. Non dimenticate di fare gli auguri al vostro migliore amico o alla vostra migliore amica!

A volte delle frasi non sono abbastanza per descrivere il profondo legame di amicizia che si è creato negli anni con una o più persone e, per chi può vantarsi di essere in questa piacevole situazione, può contare su questa raccolta di bellissime poesie sull'amicizia realizzate da poeti e scrittori.


Lista poesie sull'amicizia


(di Emily Dickinson)
Se io potrò impedire a un Cuore di spezzarsi
Non avrò vissuto invano
Se potrò alleviare il Dolore di una Vita
O lenire una Pena
O aiutare un Pettirosso caduto
A rientrare nel suo nido
Non avrò vissuto invano.



(Né lui né io - Cecilia Casanova)
Né lui
né io
ci siamo resi conto
che la nostra amicizia era piena
di curve.
Raddrizzarla
sarebbe stato sacrilegio.



(Amici - Gianni Rodari)
Dice un proverbio dei tempi andati
“Meglio soli che male accompagnati”.
Io ne so uno più bello assai:
“In compagnia lontano vai”.
Dice un proverbio,chissà perché:
“Chi fa da solo fa per tre”.
Da questo orecchio io non ci sento:
“Chi ha cento amici fa per cento!”.
Dice un proverbio ormai da cambiare:
“Chi sta solo non può sbagliare!”.
Questo,io dico, è una bugia:
“Se siamo tanti si fa allegria!”.



(L'Albero degli Amici - Paul Montes, Missionario Sud-Americano)
Esistono persone nelle nostre vite che ci rendono felici
per il semplice caso di avere incrociato il nostro cammino.
Alcuni percorrono il cammino al nostro fianco,
vedendo molte lune passare,
gli altri li vediamo appena tra un passo e l'altro.
Tutti li chiamiamo amici e ce sono di molti tipi.
Talvolta ciascuna foglia di un albero rappresenta uno
dei nostri amici.

Il primo che nasce è il nostro amico Papà e la nostra amica Mamma,
che ci mostrano cosa è la vita.
Dopo vengono gli amici Fratelli, con i quali dividiamo il
nostro spazio affinché possano fiorire come noi.
Conosciamo tutta la famiglia delle foglie che
rispettiamo e a cui auguriamo ogni bene.

Ma il destino ci presenta ad altri amici che non
sapevamo avrebbero incrociato il nostro cammino.

Molti di loro li chiamiamo amici dell'anima, del cuore.
Sono sinceri, sono veri. Sanno quando non stiamo bene,
sanno cosa ci fa felici. E alle volte uno di questi amici dell'anima
si infila nel nostro cuore e allora lo chiamiamo innamorato.
Egli dà luce ai nostri occhi, musica alle nostre labbra,
salti ai nostri piedi.

Ma ci sono anche quegli amici di passaggio, talvolta una
vacanza o un giorno o un'ora. Essi collocano un
sorriso nel nostro viso per tutto il tempo che stiamo con loro.

Non possiamo dimenticare gli amici distanti, quelli
che stanno nelle punte dei rami e che quando il vento
soffia appaiono sempre tra una foglia e l'altra.
Il tempo passa, l'estate se ne va, l'autunno si
avvicina e perdiamo alcune delle nostre foglie, alcune nascono
l'estate dopo, e altre permangono per molte stagioni.

Ma quello che ci lascia felici è che le foglie che sono cadute

continuano a vivere con noi, alimentando le nostre radici con allegria.
Sono ricordi di momenti meravigliosi di quando
incrociarono il nostro cammino.

Ti auguro, foglia del mio albero, pace
amore, fortuna e prosperità.
Oggi e sempre... semplicemente perché ogni persona che
passa nella nostra vita è unica.
Sempre lascia un poco di se e prende un poco di noi.
Ci saranno quelli che prendono molto,
ma non ci sarà chi non lascia niente.

Questa è la maggior responsabilità della nostra vita e
la prova evidente che due anime non si incontrano
per caso.



(Avere un amico - G.Fujikawa)
È tanto bello quando si è amici,
giocare insieme,
sentirsi felici.
Col mio amico è bello parlare
aver mille segreti da raccontare
e ridere insieme ridere assai
i motivi per ridere non mancano mai.
Certo, a volte può capitare
di ritrovarsi a litigare
e in quei momenti dirsi: Addio,
tu non sei più amico mio!
Presto però lo vai ad abbracciare
senza di lui non sai proprio stare.
E ancor per mano contenti e felici
camminano insieme i veri amici.



(Amicizia - Jorges Luis Borges)
Non posso darti soluzioni per tutti i problema della vita
Non ho risposte per i tuoi dubbi o timori, però posso ascoltarli e dividerli con te
Non posso cambiare né il tuo passato né il tuo futuro Però quando serve starò vicino a te
Non posso evitarti di precipitare, solamente posso offrirti la mia mano perché ti sostenga
e non cadi La tua allegria, il tuo successo e il tuo trionfo non sono i miei
Però gioisco sinceramente quando ti vedo felice
Non giudico le decisioni che prendi nella vita
Mi limito ad appoggiarti a stimolarti e aiutarti se me lo chiedi
Non posso tracciare limiti dentro i quali devi muoverti,
Però posso offrirti lo spazio necessario per crescere
Non posso evitare la tua sofferenza, quando qualche pena ti tocca il cuore
Però posso piangere con te e raccogliere i pezzi per rimetterlo a nuovo.
Non posso dirti né cosa sei né cosa devi essere
Solamente posso volerti come sei ed essere tua amica.
In questo giorno pensavo a qualcuno che mi fosse amico in quel momento sei apparso tu...
Non sei né sopra né sotto né in mezzo non sei né in testa né alla fine della lista
Non sei ne il numero 1 né il numero finale e tanto meno ho la pretesa
di essere il 1° il 2° o il 3° della tua lista
Basta che mi vuoi come amica
Non sono una gran cosa,
però sono tutto quello che posso essere.



(L'Amicizia - Kahlil Gibran)
E un adolescente disse: Parlaci dell'Amicizia.
E lui rispose dicendo:
Il vostro amico è il vostro bisogno saziato.
È il campo che seminate con amore e mietete con riconoscenza.
È la vostra mensa e il vostro focolare.
Poiché, affamati, vi rifugiate in lui e lo ricercate per la vostra pace.
Quando l'amico vi confida il suo pensiero, non negategli la vostra approvazione,

né abbiate paura di contraddirlo.
E quando tace, il vostro cuore non smetta di ascoltare il suo cuore:
Nell'amicizia ogni pensiero, ogni desiderio, ogni attesa nasce in silenzio e

viene condiviso con inesprimibile gioia.
Quando vi separate dall'amico non rattristatevi:
La sua assenza può chiarirvi ciò che in lui più amate,

come allo scalatore la montagna è più chiara della pianura.
E non vi sia nell'amicizia altro scopo che l'approfondimento dello spirito.
Poiché l'amore che non cerca in tutti i modi lo schiudersi del proprio mistero non è amore,

ma una rete lanciata in avanti e che afferra solo ciò che è vano.
E il meglio di voi sia per l'amico vostro.
Se lui dovrà conoscere il riflusso della vostra marea, fate che ne conosca anche la piena.
Quale amico è il vostro, per cercarlo nelle ore di morte?
Cercatelo sempre nelle ore di vita.
Poiché lui può colmare ogni vostro bisogno, ma non il vostro vuoto.
E condividete i piaceri sorridendo nella dolcezza dell'amicizia.
Poiché nella rugiada delle piccole cose il cuore ritrova il suo mattino e si ristora.



(Stringimi la Mano e Saremo Amici - Andrea Anservini)
Se potessi fermare il tempo
lo farei per te amica mia
perchè i tuoi momenti più belli
regalassero ai tuoi giorni
una gioia sempre viva.
Se potessi prendere un arcobaleno
Lo farei proprio per te.
E condividerei con te la sua bellezza,
nei giorni in cui tu fossi malinconica.
Se potessi costruire una montagna,
potresti considerarla
di tua piena proprietà;
un posto dove trovare serenità,
un posto dove stare da soli
e condividere i sorrisi
e le lacrime della vita.
Se potessi prendere i tuoi problemi,
li lancerei nel mare
e farei in modo che si sciogliessero
come il sale.
Ma sto trovando che tutte queste cose
sono impossibili per me.
Non posso fermare il tempo,
costruire una montagna,
o prendere un arcobaleno luminoso.
Ma lasciami essere ciò che so essere di più
semplicemente un amico.



(Amicizia - Pam Brown)
...Nella solitudine, nella malattia, nella confusione,
la semplice conoscenza dell'amicizia
rende possibile resistere,
anche se l'amico non ha il potere di aiutarci.
È sufficiente che esista.
L'amicizia non è diminuita dalla distanza o dal tempo,
dalla prigionia o dalla guerra,
dalla sofferenza o dal silenzio.
È in queste cose che essa mette più profonde radici.
È da queste cose che essa fiorisce....



(Amicizia - Daisaku Ikeda)
Ci sono momenti di
sofferenza o tristezza
o giornate come
pugnalate al cuore.
Quando hai questi
momenti, prova
a bussare alla
porta del mio cuore.
La mia vita e il mio cuore
sono sempre aperti
per te.
Queste orecchie
possono ascoltare
qualsiasi cosa in ogni
momento.
Anche questi occhi hanno
accumulato tante lacrime
per piangere con te.
Quando sei gioioso
non c'è bisogno di
parlare, io lo capisco
vedendo il tuo viso.
Invece quando senti
tristezza, solitudine
o voglia di allontanarti,
parla con me di tutte
queste cose.
Io carico sulle mie spalle
la metà del peso della
tua sofferenza.
Andiamo avanti insieme.
Questa è la nostra strada
fino a quanto continuerà
la nostra amicizia.



(Credo in te, Amico. - Elena Oshiro)
Credo nel tuo sorriso,
finestra aperta nel tuo essere.
Credo nel tuo sguardo,
specchio della tua onestà.
Credo nella tua mano,
sempre tesa per dare.
Credo nel tuo abbraccio,
accoglienza sincera del tuo cuore.
Credo nella tua parola,
espressione di quel che ami e speri.
Credo in te, amico,
così, semplicemente,
nell'eloquenza del silenzio.



(Ti Voglio Bene - Anonimo)
Ti voglio bene non solo per quello che sei,

ma per quello che sono io quando sto con te.
Ti voglio bene non solo per quello che hai fatto di te stesso,

ma per ciò che stai facendo di me.
Ti voglio bene perchè tu hai fatto più di quanto abbia fatto

qualsiasi fede per rendermi migliore,
e più di quanto abbia fatto qualsiasi destino per rendermi felice.
L'hai fatto senza un tocco, senza una parola, senza un cenno.
L'hai fatto essendo te stesso.
Forse, dopo tutto, questo vuol dire essere un amico.



(Rabrindranath Tagore)
Non nascondere
il segreto del tuo cuore,
amico mio!
Dillo a me, solo a me,
in confidenza.
Tu che sorridi così gentilmente,
dimmelo piano,
il mio cuore lo ascolterà,
non le mie orecchie.
La notte è profonda,
la casa silenziosa,
i nidi degli uccelli
tacciono nel sonno.
Rivelami tra le lacrime esitanti,
tra sorrisi tremanti,
tra dolore e dolce vergogna,
il segreto del tuo cuore.



(Un Amico - Kalhil Gibran)
Cos'è per te un amico,
Perché tu debba cercarlo
Per ammazzare il tempo?
Cercalo sempre per vivere il tempo.
Deve colmare infatti le tue necessità,
non il tuo vuoto.
E nella dolcezza dell'amicizia
Ci siano risate,
E condivisione di momenti gioiosi.
Poiché nella rugiada
delle piccole cose
Il cuore trova il suo mattino
E si rinfresca.



(E Sto Abbracciato A Te - Pedro Salinas)
Farò della mia anima uno scrigno
per la tua anima,
del mio cuore una dimora
per la tua bellezza,
del mio petto un sepolcro
per le tue pene.
Ti amerò come le praterie amano la primavera,
e vivrò in te la vita di un fiore
sotto i raggi del sole.
Canterò il tuo nome come la valle
canta l'eco delle campane;
ascolterò il linguaggio della tua anima
come la spiaggia ascolta
la storia delle onde.



(Il ricordo di un Amico - David Maria Turoldo)
Penso che nessun'altra cosa ci conforti tanto,
quanto il ricordo di un amico,
la gioia della sua confidenza
o l'immenso sollievo di esserti tu confidato a lui
con assoluta tranquillità:
appunto perchè amico.
Conforta il desiderio di rivederlo se lontano,
di evocarlo per sentirlo vicino,
quasi per udire la sua voce
e continuare colloqui mai finiti.



(E Il Meglio di Voi... Tratto da "Il Profeta" - Kahlil Gibran)
E il meglio di voi sia per l'amico vostro.
Se lui dovrà conoscere il riflusso della vostra marea,
fate che ne conosca anche la piena.
Quale amico è il vostro, per cercarlo nelle ore di morte?
Cercatelo sempre nelle ore di vita.
Poiché lui può colmare ogni vostro bisogno, ma non il vostro vuoto.
E condividete i piaceri sorridendo nella dolcezza dell'amicizia.
Poiché nella rugiada delle piccole cose
il cuore ritrova il suo mattino e si ristora.



(Ti Voglio Bene - Andrea Anservini)
Ti voglio bene non solo per quello che sei,
ma per quello che sono io quando sto con te.

Ti voglio bene non solo per quello che hai fatto di te stesso,
ma per ciò che stai facendo di me.

Ti voglio bene perché tu hai fatto più di quanto abbia fatto
qualsiasi fede per rendermi migliore,
e più di quanto abbia fatto qualsiasi destino per rendermi felice.

L'hai fatto senza un tocco, senza una parola, senza un cenno.
L'hai fatto essendo te stesso.

Forse, dopo tutto, questo vuol dire essere un amico.



(La filastrocca del vero amico - Bruno Tognolini)
Lo sai cosa vuol dire essere amici?
Vuol dire che non mi tradisci mai
Che io ci credo, a tutto ciò che dici
Che io mi fido, di tutto ciò che fai
Vuol dire fare insieme tanta strada
Vuol dire che qualunque cosa accada
Io da te non m’aspetto nessun male.
È questo, amico mio: mai nessun male
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