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Eneide Libro 1 - Riassunto

Appunto contenente il riassunto del libro I (primo) dell'Eneide.
Enea e Didone, olio su tela di Karel Skréta, 1670 circa, Galleria Nàrodny, Praga.

Come l'Iliade e l'Odissea anche I' Eneide si apre con la protasi, in cui il poeta enuncia l'argomento del canto e invoca la Musa perché lo inspiri; quindi inserisce una profezia allusiva al destino di Enea, che fonderà, con i suoi compagni, esuli come lui da Troia, una nuova città.

Enea, in mare da molti anni, sta navigando dalla Sicilia alle coste d'Italia, quando Giunone, ancora adirata per il giudizio di Paride, che le aveva preferito Venere, decide di disperdere le navi dei troiani, per tenerli lontani dall'Italia, dove sa che essi giungeranno per fondare quello che è destinato a diventare un potente regno. La dea si reca da Eolo, dio dei venti e, promettendogli in sposa una ninfa, lo convince a scatenare una tempesta. Il dio obbedisce a Giunone: Enea e i compagni sono travolti dal fortunale, ma Nettuno, dal fondo del mare, irato contro i venti e il loro re, che hanno osato turbare il mare, suo dominio, ristabilisce la pace.

Enea riesce ad approdare con sette delle venti navi con cui era partito dalla Sicilia; dopo una caccia che consente un ristoro, Enea nasconde angosce e preoccupazioni per fare un discorso di incoraggiamento ai compagni. Nel frattempo, sua madre Venere, che ha assistito alla sventura del figlio, si reca da Giove pregandolo di rivelarle se sono mutati i piani del Fato, che, appunto, prevedono l'approdo di Enea in Italia. Giove rassicura la figlia e le rivela la sorte futura di Roma; invia poi Mercurio a Cartagine, per predisporre una felice accoglienza da parte della regina
Didone.

Enea, afflitto dalla perdita di tanti compagni e preoccupato perché non sa dove si trovi, decide di fare una ricognizione nella zona insieme ad Acate, suo fedele amico; durante l'esplorazione, incontra la madre che, celata sotto l'aspetto di una fanciulla, descrive i luoghi e narra la storia della gente che vi incontrerà: la regina Didone, che, esule a Tiro, città fenicia, si è rifugiata lì dopo che il fratello Pigmalione aveva vilmente ucciso suo marito Sicheo, per impadronirsi del regno e delle ricchezze.
Didone, avvisata dall'ombra del marito che le apparve in sogno, fuggì da Tiro con alcuni fedeli cittadini e approdò sulle coste dell'Africa, dove fondò la città di Cartagine, di cui si stanno costruendo gli edifici nel momento in cui Enea vi è approdato.

Dopo questo racconto, Enea rivela la sua identità e, quando ormai la fanciulla sta dileguando, riconosce la madre dall'ambrosia che da lei spira. Venere avvolge Enea e Acate di una nuvola e così nascosti i due salgono su una collina, da cui vedono Cartagine e i suoi abitanti intenti alla costruzione della città; di lì si recano al tempio di Giunone, sulle cui pareti sono raffigurati episodi della guerra di Troia; compare allora Didone che avanza nello splendore regale e va dettando in trono le leggi del suo nuovo regno. Ed ecco Enea vede sopraggiungere i compagni che credeva dispersi: Ilioneo, il più anziano, si lagna dell'ostilità dei primi Cartaginesi incontrati sulla costa e invoca ospitalità da Didone: essa accoglie benevolmente gli esuli promettendo loro anche di ospitarli nel suo regno, se essi vorranno fermarvisi.

Improvvisamente la nuvola che celava Elea e Acate si dissolve ed essi appaiono a Didone e ai compagni . Didone accoglie anche Enea con parole di solidarietà e lo conduce nella reggia, per offrire ai naufraghi un bacchetto ospitale. Acate, per ordine di Enea, torna alle navi a prendere Ascanio, il figlio di Enea, e doni portati da Tria, da offrire a Didone.

Venere, intanto, escogita un nuovo piano: decide di rendere più sicura l'accoglienza di Didone, facendola innamorare di Enea e dunque manda Cupido, che ha assunto l'aspetto del piccolo Ascanio, alla reggia, perché leghi in un incantesimo d'amore la regina dei Cartaginesi. Durante lo splendido banchetto Didone resta ammaliata da Enea e, dopo aver ascoltato i canti del cantore Iopa, che rallegra il banchetto, la regina prega il Troiano di narrare le sue avventure.


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