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Biografia: Folgóre da San Gimignano

Biografia:
Folgóre da San Gimignano, con quel suo nome rilucente che ci lascia lì per lì intenti a immaginare nembi di tempesta, si chiamò più semplicemente Giacomo, mentre il suo soprannome pare stia per "fulgore", cioè splendente e meravigliosa. Perché poi Giacomo fosse tanto splendido da meritare tale appellativo i documenti non ce lo dicono, limitandosi a citare, in una carta notarile del 1382, che lo nomina dopo morto, un certo "Jacobi vocati Folgóre de Sn Gim"; e sappiamo intanto, che nel 1382 era già morto.
Né i documenti che si occupano di lui vivo sono più generosi, poiché di un tal personaggio, con un soprannome tanto affascinante, si interessano solo per rammentare che sta facendo il servizio militare guadagnandosi così lo stipendio del Comune, nel 1305 e nel 1306. Anzi, poiché si tratta di bilanci, questa volta le carte sono precise, e si sa che il 28 settembre del 1305 ebbe ventiquattro soldi, per sei giornate di servizio, e sei soldi il 18 agosto 1306 per due giorni passati a far la guardia al Palazzo Comunale mentre si votava per l'elezione dei "Nove delle spese".
Il più antico documento che lo riguardi è quello che segnala la sua partenza da Siena il 25 gennaio 1295; è diretto a Roma dove, insieme con altri personaggi guidati dal conte Orsello, cercherà di impetrare per le città toscane la benevolenza di papa Bonifacio VIII. Un altro documento lascia trapelare che sarebbe figlio di un tal Michele, e un altro ci fa sapere che aveva due figli, un maschio, Stefano, e una femmina, andata sposa a un certo Niccolò. E questo è tutto quanto ci viene offerto dal materiale conservato negli archivi comunali.
C'è per fortuna la sua poesia, a parlarci di lui. Folgóre da San Gimignano è, si direbbe oggi, un ottimista: della vita del suo tempo ci dipinge lietamente il volto più luminoso e sereno, quello delle brigate allegre, dei pranzi festosi, delle cacce, dei giochi cavallereschi di una società spensierata. Il suo mondo è quello dei tornei, delle feste, delle corti insomma, e bisogna dare alla parola "corte" il significato che essa ebbe in quel tempo, anche di festa ordinata da principi e gentiluomini per nozze o simili allegrezze o finalmente per sola e propria liberalità.
A questo mondo spensierato e giocoso è ispirata quasi tutta la poesia di Folgóre a noi nota. Con i Sonetti dei mesi e con i Sonetti della settimana egli offre ad allegre brigate di giovani, molti leggiadri consigli sul come trascorrere il più lietamente possibile i vari mesi dell'anno e i diversi giorni della settimana. I quattordici sonetti dei Mesi sono dedicati a un certo Niccolò di Nisi, del quale sappiamo solo ciò che Folgóre stesso ci dice nella sua dedica o introduzione, e cioè che era probabilmente capitano di quella "brigata nobile e cortese" alla quale il poeta offre il suo poemetto.
Gli otto sonetti della settimana sono invece dedicati a un fiorentino, Carlo di messer Guerra Cavicciuoli, che è "valente ardito e gagliardo, leggero più che lonza e leopardo" e così splendido da spendere più che "il marchese lombardo" (un gran spendaccione).
Una terza raccolta Folgóre scrisse per un giovane che veniva armato cavaliere, ma di questa restano solo cinque sonetti. Infine gli è attribuita una decina di altri componimenti, tra i quali alcuni politici e morali, non tutti sicuramente suoi.

Confronto

Prima di lui era esistita tutta una ricca iconografia dei mesi e delle stagioni che fioriva ancora al suo tempo. Breviari, Libri d'Ore e altre raccolte di orazioni offerte alla pietà dei fedeli, erano preceduti sempre da un calendario nel quale mesi e stagioni venivano raffigurati pieni di operosa solerzia. Vi si vedevano contadini con la schiena curva sul campo o sotto fasci di grano, uomini arrampicati sugli alberi o in piedi tra filari a coglier frutta, o carichi di gerle piene, o tutti intenti a pigiare l'uva nei tini. Il tema tornava spesso anche in affreschi e in formelle di bronzo per le porte delle cattedrali, nella pietra dei capitelli e dei fregi sulla facciata delle chiese: sempre il lavoro umano nei campi, scandito dai segni astrali che presiedono le varia stagioni. Qualche volta soltanto, avviene che alla serie dei lavori agricoli si alternino figure femminili intente a cogliere fiori sui prati, che suggeriscono le allegrezze della primavera e del maggio.

In Folgóre tutto sembra invece trasformarsi in una bella favola, in cui non c'è più posto per la fatica dell'uomo, e la natura è un giardino.

- Di gennaio la terra ha la "neve bela e bianca", e allora si starà bene accanto al camino, oppure fuori, impellicciati a gettar palle di neve alle donzelle che stanno dattorno;

- A Febbraio si ritornerà dalla caccia con i servi "carcati dela molta selvaggina, avendo gioia allegrezza e canti" e allora si farà "trar del vino e fumar la cucina".

- Per marzo poi Folgóre, trascinato dall'onda della fantasia, immagina addirittura per i giovani senesi un mare, popolato di pescatori e navicelle a schiera e "barche saettie e galeoni", pieno di tutto un po', dalla anguille ai delfini. E così via, le danze e le cavalcate d'aprile, i tornei di maggio e di giugno, la fresca fontana in una "montagnetta coverta di bellissimi arboscelli con trenta ville e dodici castelli che sieno intorno ad una cittadinetta";

- E di luglio e di agosto una buona tavola al fresco e soste presso un bel fiume pieno di acque limpide e correnti finché, in settembre , tornano le gioie della caccia e in ottobre quelle della vendemmia, e in novembre e dicembre "ben vestiti e foderati d guarnacche tabarri e di mantelli" si potranno passare lietamente le ore fra "grandissimi fuochi tappeti tesi, tavolieri e giuochi".

Sempre su questo tono i Sonetti della settimana, passano fra "palafrenieri, destrieri, donzelli e donzelle, trombette e tamburelli, veltri e brachetti e uccellar e volar di falconi", "per piazze per guardini e per verzieri, e gente molta per ciascuna strada e tutti quanti il veggion volentieri".
Ove sempre le cose sono, osserva il Marti, riviste in un mondo che è sogno ed aspirazione, unicamente ricreato dal gusto gioioso, gaudente e tutto terrestre della vita.



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