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O donna mia, non vedestù colui - Guido Cavalcanti

Testo:

O donna mia, non vedestù colui
che ’n su lo core mi tenea la mano
quando ti respondea fiochetto e piano
per la temenza de li colpi sui?

E’ fu Amore, che, trovando noi,
meco ristette, che venia lontano,
in guisa d’arcier presto sorïano
acconcio sol per uccider altrui.

E’ trasse poi de li occhi tuo’ sospiri,
i qua’ me saettò nel cor sì forte,
ch’i’ mi partì’ sbigotito fuggendo.

Allor m’aparve di sicur la Morte,
acompagnata di quelli martiri
che soglion consumare altru’ piangendo.



Parafrasi

O donna mia, non hai tu visto colui che mi teneva una mano sul cuore quando io ti rispondevo con voce sommessa e fioca per il timore dei suoi colpi?
Era costui Amore, che imbattendosi in noi, si fermò con me, che venivo da lontano, come un arciere siriano dalla freccia veloce, solo pronto a uccidere. Dagli occhi tuoi egli trasse dei sospiri che mi scagliò nel cuore con un tale impeto che io, sbigottito, mi allontanai fuggendo. Allora certo mi apparve la Morte, insieme con quei tormenti che sogliono accompagnare la gente in lacrime.


Analisi del testo

È certamente uno dei sonetti più unitari di Guido. Anche questi versi procedono sospesi in una dimensione senza spazio. Le figure che si muovono in questa scena hanno il pallore che è proprio delle fantasie dolorose di Guido. Tuttavia è possibile derivare dal sonetto una vicenda, sviluppare dai versi quasi una storia.

Il tema della morte è compreso nella debolezza (v. 3, «fiochetto e piano»), nella paura (v. 4, «temenza»), nella violenza (v. 8, Amore venne «per uccider» e, v. 10, «saettò nel cor»), nello sbigottimento e la fuga (v. 11, «sbigotito fuggendo»), nella sofferenza, nel pianto, nella consunzione (vv. 13-14, «quelli martiri / che soglion consumare altru' piangendo»).

Amore e Morte, con i loro attributi (le armi, per Amore; i dolori, per la Morte), sono protagonisti di due episodi che sembrano autonomi dalla situazione iniziale (colloquio tra il poeta e la donna). Il tema perciò viene svolto non mediante l'analisi psicologica individuale, ma attraverso raffigurazioni oggettive; una specifica dolorosa vicenda viene trasformata in visione allegorica della vita (la vita di tutti, non quella del poeta soltanto), in cui Amore e Morte concordemente agiscono a danno degli umani («altrui», v. 8 e v. 14, è parola indeterminata che indica «la gente»).


Figure retoriche


Metafore: "saetto nel cor" (v. 10) - li occhi tuo’ sospiri (v. 9)

Personificazioni: Amore e Morte


Commento

L'amore è come un arciere della Siria, dalla mano svelta, pronto a uccidere. Cavalcanti trasforma le immagini della lirica cortese in ritratto psicologico, arricchendole di tensione umana, partecipazione dolorosa. Il poeta torna, nella terzina finale, col pensiero alla Morte, a un tema ricorrente, che sottolinea il fondo drammatico del suo Canzoniere.



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