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Amor, eo chero mia donna in domino - Lapo Gianni

Testo:

Amor, eo chero mia donna ’n domino,
l’Arno balsamo fino,
le mure di Firenze inargentate,
le rughe di cristallo lastricate,
fortezze alte, merlate,
mio fedel fosse ciaschedun latino.
Il mondo ’n pace, securo il cammino;
non mi noccia vicino,
e l’aire temperata verno e state;
[e] mille donne e donzelle adornate,
sempre d’Amor pressate,
meco cantasser la sera e ’l mattino.
E giardin fruttuosi di gran giro,
con gran uccellagione,
pien di condotti d’acqua e cacciagione:
bel mi trovassi come fu Absalone.
Sanson[e] pareggiassi e Salomone,
servaggi de barone,
sonar vïole chitarre canzone,
poscia dover entrar nel ciel empiro.
Giovane sana allegra e secura
fosse mia vita fin che ’l mondo dura.


Parafrasi

Amore, io voglio che la mia donna mi sia data in balìa, che l'Arno [si tramuti] in balsamo prezioso, le mura di Firenze s'inargentino, le strade siano lastricate di cristallo; [desidero] fortezze alte e ornate di merli, e che ogni italiano sia mio fedele; vorrei il mondo in pace, le vie sicure, il vicino che non mi rechi danno, tiepido clima d'inverno e d'estate; e mille donne e belle fanciulle, ornate d'ogni pregio amoroso, che cantassero con me la sera e il mattino; e giardini molto estesi, piedi di frutta, ricchi di uccelli, ruscelli e selvaggina; vorrei essere bello quanto Assalonne; vorrei che la forza di Sansone pareggiasse in me la saggezza di Salomone; vorrei avere i servi di un barone, suonare viole e chitarre e cantare; poi, che mi fosse concesso d'entrare nell'empireo: che la mia vita fosse giovane, allegra, sicura e piena di salute, finché durerà il mondo.


Analisi del testo

L'analisi metrica di questo sonetto ha portato varie difficoltà al chiosatore, a fronte dello schema:

AaBBbA || AaBBbA | | | CdDD || DdDC | EE

Il commentatore (l'edizione delle Rime in link risale al 1895) affermava che il sonetto non è né doppio né rinterzato, ed evidenziava l'aggiunta della "coda" in rima baciata. Aggiungeva, inoltre:
Non conosco nella lirica italiana altri sonetti di simile orditura metrica, che a me pare, oltre che nuova, strana.

Probabilmente al chiosatore non era noto il pur rarissimo sonetto ritornellato, variante di quello canonico dove, dopo le terzine, si aggiunge o un endecasillabo isolato che riprenda la rima dell'ultimo verso dell'ultima terzina o (più frequentemente) un distico di endecasillabi in rima baciata, differente da qualsiasi altra del sonetto, secondo uno schema esemplificativo del tipo:

ABBA || ABBA || CDC || DCD || EE

Da questa variante, usata, tra gli altri, anche da Guido Cavalcanti, si è probabilmente evoluto il più fortunato sonetto caudato.

Tornando all'opera di Lapo, risulta evidente come essa sia una elaborata orditura di due varianti, ovvero quella del sonetto doppio (che aggiunge un settenario dopo ogni verso dispari delle quartine e dopo il primo verso di ciascuna delle terzine) e del sonetto ritornellato (con la coda che abbiamo visto). C'è un particolare effetto quasi "corale" delle rime (che nelle quartine tornano tre volte) dovuto alla scelta di utilizzare la rima incrociata, mentre le terzine utilizzano il raro schema (trascurando il settenario) CDD DCC, pur non ignoto al Petrarca. E' praticamente considerabile alla stregua di una ballata (terminologia che alcuni vogliono anche quando si parla del sonetto doppio o rinterzato). Ad ogni modo, una rarità.


Commento

Dare bello ornamento e una prospettiva fantastica ai desideri era, tra le mode venute di Provenza, un motivo diffuso; come Folgore, che aveva così arricchito di piacevolissimi trattenimenti e di sereni paesaggi la sua corna dei mesi, Lapo Gianni descrive, in questo sonetto caudato, una sua immagine di Firenze in pace. La poetica, spesso oscura e intellettualistica dello Stilnovo qui appare più semplicemente: la forza, la saggezza, i modi cortesi, la contemplazione celeste accompagnano una vita «giovane, sana, alegra e secura».



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