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Ho sceso dandoti il braccio - Montale: parafrasi, analisi, commento

Appunto su "Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale" di Eugenio Montale: testo, parafrasi, analisi, figure retoriche e commento.

Appartiene alla raccolta Satura, pubblicata nel 1971 (precisamente alla seconda serie di liriche, Xenia) ed è una delle poesie più belle di tutto il Montale in memoria della moglie Drusilla Tanzi. Il tema è quello della morte, o meglio della vita osservata nell'ottica di chi adesso non c'è più, ma che già in vita vedeva meglio.



Testo:

Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale
e ora che non ci sei è il vuoto ad ogni gradino.
Anche così è stato breve il nostro lungo viaggio.
Il mio dura tuttora, né più mi occorrono
le coincidenze, le prenotazioni,
le trappole, gli scorni di chi crede
che la realtà sia quella che si vede
Ho sceso milioni di scale dandoti il braccio non già perché con quattr’occhi forse si vede di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due
le sole vere pupille, sebbene tanto offuscate,
erano le tue.



Parafrasi

Ho sceso almeno un milione di scale con l'aiuto del tuo braccio e tu con il mio, e ora che sei morta senza il tuo aiuto mi sembra cadere ad ogni scalino.
Nonostante la lunga vita trascorsa insieme è stata troppo breve. La mia vita, invece dura ancora, non mi servono più le coincidenze dei treni, le prenotazioni degli alberghi e gli affanni della vita appaiono trappole prive di senso senza la tua presenza e le delusioni, arrabbiature di gente che pensa sia vero ciò che appare.
Ho sceso tantissime scale col tuo aiuto perché con quattro occhi forse si vede meglio.
Le ho scese insieme a te perché tra di noi quello che vedeva meglio, nonostante la miopia eri tu.



Analisi del testo

Schema metrico: versi liberi, con alcuni endecasillabi e varie assonanze e rime (crede/vede,due/tue, viaggio/braccio).

Anno: 1967

Temi: le contraddizioni dell’esistere – l’affetto per la moglie scomparsa e il rimpianto del poeta – il vuoto incolmabile lasciato dalla morte


La prima strofa accenna a una metafora, la discesa delle scale, che poi diventa una conferma al verso 3, il mio lungo viaggio, per definire la vita umana.

Il v. 3 propone il rimpianto del poeta per la scomparsa della moglie e costituisce una riflessione sulla durata dell'esistenza umana.

Ritorna in questa lirica un tema già osservato nella Casa dei doganieri e in altre montaliane: l'idea cioè che per vivere ci è necessario stabilire relazioni con i nostri simili. L'assenza di legami o l'interruzione di essi, a causa della morte, è il nemico più terribile, ciò che dà un senso di vuoto (v. 2 ) alla nostra esistenza.

Protagonista della lirica è la figura della Mosca, onnipresente seppure nell'assenza della morte.

Un altro nucleo tematico del testo è quello del vedere: c'è chi, pur avendo le pupille offuscate, vede tutto quello che serve; e c'è chi crede di vedere ma, in realtà, vede poco o nulla.


Analisi linguistica
L'apparente semplicità del linguaggio non impedisce al poeta di ottenere raffinati effetti di musicalità, come l'analisi della prima strofa dimostra.

Nella seconda strofa è molto interessante la rima che lega i due versi. Se nella conclusione della prima strofa il discorso si avvicina alla musicalità, qui invece il poeta vuole sorprendere il lettore con una battuta tipica della satira, affidata a un verso imprevedibilmente breve.


È stato breve = la vita trascorsa insieme è stata troppo breve. Il poeta esprime così il suo affetto per la moglie morta.

Il mio = cioè la mia vita.

Occorrono = nel duplice significato di mi necessitano e mi capitano.

Le coincidenze = il lessico freddo, neutro, sembra riguardare un percorso ferroviario, ma in realtà si riferisce alle esigenze e agli inciampi del vivere. Senza la Mosca, le casualità e gli affanni della vita paiono trappole prive di senso: perciò sembra incolmabile il vuoto aperto dalla sua morte.

Scorni = delusioni, arrabbiature.

Con quattr'occhi = in due. Accanto a lei il poeta vedeva meglio: due più due faceva quattro occhi e cioè si accendeva una luce interiore, che dava la certezza di arrivare alla metà.

Offuscata = miopia.



Figure retoriche

Iperbole = Almeno un milione di scale (v.1). Viene esagerata la numerazione delle scale per sottolineare l'abitudinarietà del gesto di scendere le scale e anche per il fattore nostalgico.

Ossimoro = breve / lungo. (v. 3). I due aggettivi opposti servono a farci capire che nonostante abbia trascorso moltissimo tempo insieme alla moglie, questo tempo gli sembra adesso troppo breve.

Iperbato = ( che è il nn rispettare il seguire logico delle parole ma scriverle secondo l'ordine scelto dal poeta)

Metafora = il nostro lungo viaggio (v. 3). Il viaggio metaforicamente parlando è il corso della vita.

Anafora = la ripetizione di "ho sceso" a inizio verso (vv. 1-8) rappresenta un pensiero fisso per Montale e quindi un dolore costante.

Sineddoche = le sole vere pupille (v. 11). Sostituzione di una parola con un'altra in base a un rapporto di quantità: una parte, cioè le pupille, per il tutto, quindi gli occhi.

Enjambement = occorrono le coincidenze (vv. 4-5).  le coincidenze, le prenotazioni, le trappole, gli scorni di chi crede che la realtà sia quella che si vede (vv. 5-7)



Commento

Montale ha percorso insieme alla moglie un lungo e intenso viaggio: il viaggio della vita. Ora la donna è morta e il poeta avverte un gran vuoto intorno a sé; quel viaggio, guardato a ritroso, fu davvero troppo breve. Il poeta e la moglie hanno camminato accanto, sono saliti e scesi insieme per milioni di gradini. Apparentemente la più debole (non solo di vista) era lei. Ma adesso che non c’è più, Montale si accorge che le cose stavano diversamente: infatti la realtà non è affatto quella che si vede (v.7). Malgrado la miopia, tra i due sposi era proprio la Mosca a vederci meglio e a condurre il marito nel viaggio della vita.
La situazione evocata nel testo è l’atto di scendere le scale: un’operazione comune, ma che richiede vista buona. Altrimenti si può mettere il piede nel vuoto ed è qualcosa di peggio che un semplice gradino mancato: Montale pensa al vuoto di un’esistenza priva di punti di riferimento. Adesso che la sua Mosca non c’è più, egli compie l’esperienza amara di un vuoto radicale. Per riempirlo non basta avere la vista acuta; bisogna saper riconoscere la realtà che si cela dietro le apparenze.
Ecco perché la moglie manca tanto al poeta; fra i due era proprio lei la sola in grado di vedere. In un mondo dove le cose vanno a rovescio, appunto la Mosca, umile insetto della casa e miope com'era, sapeva muoversi a suo agio nel viaggio della vita; le sue pupille, benché offuscate, sprigionavano una luce interiore preziosa per individuare la meta per raggiungerla. Se Montale era per sua moglie una guida fisica, lei era per lui una guida spirituale.



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