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Francesco Petrarca: La Vita, L'Amore per Laura e Opere




La formazione

Francesco Petrarca nacque ad Arezzo nel luglio del 1304 da una famiglia fiorentina di origine borghese. A causa dell'esilio del padre, dovuto all'impadronimento dei guelfi neri della città di Firenze, il poeta è stato costretto a trasferirsi ad Avignone. Petrarca intraprende gli studi giuridici prima a Montpellier e poi a Bologna ma scopre la sua vocazione letteraria e quindi torna ad Avignone nel 1326. Qui si delineano le due tendenze della cultura petrarchesca, il culto dei classici ed un'intensa spiritualità cristiana. Secondo i modelli dei poeti d'amore dedica tutte le sue opere a Laura, una donna di cui non si sa se realmente esistita o meno.

I viaggi e la chiusura nell'interiorità
Il giovane Petrarca aveva l’esigenza della sicurezza materiale, per questo prese gli ordini minori che gli permettevano un vitalizio mensile. Il poeta eseguiva numerosi viaggi che erano per lui un opportunità per ampliare le sue già immense conoscenze. A questa irrequietudine a esplorare nuovi luoghi si contrappone il bisogno di chiudersi nell’interiorità. Questo bisogno fu applicato nel ritiro a Valchiusa, dove nascono numerose opere sia in latino sia in volgare.
Il bisogno di gloria e l’impegno politico
Il poeta mirava a un riconoscimento ufficiale avvenuto poi nel 1341 a Roma, sul Campidoglio, ma dopo questo soddisfacimento di questa vanità terrena nasce in Petrarca un profondo dissidio interiore nato dalla voglia di ammonirsi per aver voluto un’elevazione terrena e non spirituale. Le opere dell’autore nascono anche come strumento d’impegno politico e civile. Petrarca usa il suo prestigio e la sua eloquenza per incitare la Chiesa a recuperare la sua purezza originaria, invia numerose lettere di supporto a Cola di Rienzo, voglioso come lui, di riportare la città di Roma alla grandezza antica.

Petrarca come nuova figura d’intellettuale

L’intellettuale cosmopolita, il cortigiano, il chierico
Petrarca rappresenta un nuovo tipo d’intellettuale, quello cosmopolita. Questo si manifesta dalla sua ansia di viaggiare e conoscere nuovi luoghi e persone. Il poeta incarna anche l’intellettuale cortigiano, vive di corte in corte, per aumentare il prestigio dei castelli dei signori in cui soggiorna. Il poeta grazie al mantenimento mensile da parte della chiesa può dedicarsi liberamente agli studi senza il dovere di lavorare per vivere, questa nuova figura è chiamata chierico.

L’humanitas
La letteratura è considerata come la più alta manifestazione dello spirito umano. Petrarca ostenta disprezzo per un sapere puramente tecnico e scientifico ma è dell’idea che le lettere sono utili perché riconducono alla meditazione e alla riflessione interiore. Il poeta è trattato come un sacerdote capace di rendere immortale se stesso e coloro di cui tratta.

Le opere religioso-morali

Il modello di Agostino
Le opere in latino di Petrarca sono suddivise in due gruppi, religioso morale e quello umanistico. Il poeta segue il pensiero filosofico di Sant’Agostino ed è convinto che la filosofia miri a comprendere l’uomo, a esplorare la sua interiorità per insegnargli a sopportare le miserie della sua esistenza. In Petrarca è venuta a mancare la convinzione di poter dominare la realtà con vigorosi schemi concettuali, tipici di Dante.

Il Secretum

L’opera più importante di meditazione religiosa e morale è il Secretum, scritto nel 1353, diviso in tre libri e composto come un dialogo tra il poeta e Sant’Agostino. Il dialogo si sviluppa in tre giorni alla presenza di una donna che rappresenta la verità. Il poeta si sdoppia in due personaggi che rappresentano la sua anima peccatrice e lacerata che chiede consiglio all’anima pura di Agostino.
Nel primo libro Agostino rimprovera il poeta di accidia, una sorta d’inerzia morale. Nel terzo libro invece, lo rimprovera per il desiderio di gloria terrena e per l’amore per Laura. Il dialogo è incentrato sulla voglia di raggiungere la pace interiore, ma in realtà Petrarca non ci riesce, infatti, alla fine dell’opera non riesce ad arrivare a una definitiva conversione. Il poeta oramai è in un profondo dissidio interiore. Questo dissidio però non si riflette sull’opera, infatti, il latino dello scritto è limpido e armonioso, composto secondo l’esempio dei classici.

Altre opere religioso morali.
Nel “De vita solitaria” scritto nel 1346 Petrarca esalta la solitudine del poeta che innalza lo spirito e lo prepara alla meditazione religiosa.

Le opere “umanistiche”

Petrarca e il mondo classico
Petrarca a differenza di Dante, capisce della frattura esistente tra il mondo classico e quello a lui contemporaneo, per questo non assimila più il mondo antico al presente, ma sente il bisogno di coglierlo nella sua fisionomia più autentica. Nasce qui l’attività filologica del poeta, lui ha una grande sete di conoscenza di antiche opere che la cultura medievale aveva lasciato ai margini. Questa voglia di conoscenza lo porta a scoperta di gran rilievo come quelle delle epistole di Cicerone all’amico Attico, che lo porta a scrivere le proprie epistole su modello ciceroniano. Di conseguenza possiamo considerare Petrarca come un precursore della filologia. La consapevolezza di vivere una realtà diversa da quella classica lo strugge fortemente, perché considera le loro opere come un modello insuperabile di sapienza e perfezione stilistica che lui stesso proverà a emulare.

Le raccolte epistolari
Queste raccolte comprendevano lettere scritte in latino indirizzate ad amici dotti, grandi signori o dignitari ecclesiastici. Sono divise in ventiquattro libri di epistole Familiari, diciassette Senili e altre chiamate Sine Nomine chiamate cosi per la mancanza del destinatario, eliminato per prudenza, perché all’interno c’erano aspre polemiche contro la Chiesa contemporanea. Queste lettere erano dei veri e propri componimenti letterari, che però non rappresentano documenti immediati di vita vissuta ma trasfigurazione letteraria della realtà. Mediante ciò, Petrarca vuole fissare un’immagine ideale del letterato de del dotto, che abbia valore esemplare. Le epistole in questione servono anche a far capire ai lettori il gusto letterario del poeta, si ritorna a far uso del latino e si nota un’irrequietudine religiosa che costituisce la sostanza della psicologia petrarchesca.

L’africa
Petrarca scrive nel ’38 o ’39 l’Africa, poema epico in esametri latini concepiti a Valchiusa. Il poeta voleva essere ricordato per quest’opera, mai realmente finita, in cui esaltava le gesta di Scipione l’Africano durante la seconda guerra punica.
Il de viris illustribus
Il de viris illustribus è un’opera in latino, in cui erano raccolte le biografie d’illustri personaggi romani come Cesare, Scipione, Catone.

Il canzoniere

Petrarca e il volgare
La maggioranza delle opere di Petrarca furono scritte in latino, ed era proprio da queste opere da cui l’autore si aspettava maggior successo, invece la sua immensa fama la si deve al Canzoniere scritto in volgare. Il poeta si riteneva il continuatore degli autori classici ed era convinto della maggiore dignità del latino, ma era persuaso dalla lingua volgare perché ancora nessuno in quella lingua aveva raggiunto l’eccellenza poetica che lui si poneva a raggiungere. Lui si prefiggeva una duplice impresa: ridar lustro a una lingua antica e dall’altro elevare la lingua volgare alla dignità formale del latino. Si delinea un’altra notevole differenza tra Petrarca e Dante: per Dante il volgare era una lingua illustre di cui poter parlare di tutto, mentre con Petrarca il latino ha nuovamente il sopravvento.
La formazione del Canzoniere
Petrarca comincia a scrivere versi in volgare sin dalla prima giovinezza e col tempo pensò anche di raccogliere organicamente le sue liriche. La sistemazione definitiva di questi versi si ha nel 1374. Il titolo definitivo dell’opera è rerum vulgarium fragmenta conosciuto comunemente come il Canzoniere, formato da 366 componimenti in maggior parte sonetti.

L’amore per Laura
Il canzoniere ha come tema centrale l’amore per una donna chiamata Laura, incontrata il sesto giorno d’aprile di un venerdì santo, in una chiesa di Avignone nel 1327. Si tratta di un amore inappagato e tormentato e sono rappresentati diversi stati d’animo del poeta riguardo quest’amore. Quest’opera ha una svolta alla morte della donna nel 1348. In tal modo il Canzoniere è diviso in due parti “rime in vita” e “rime in morte”. Dopo la morte della donna amata, il mondo per il poeta perde colore e vitalità, ma la sua passione non si estingue anzi, nel sogno Laura gli appare più bella e meno altera.
La figura di Laura
Il canzoniere vuole offrirsi come un libro compiuto con alla base un’esperienza reale e vissuta, tuttavia non bisogna interpretarlo come una serie di vicende autobiografiche ma va considerata come una trasfigurazione letteraria, come una costruzione ideale. La figura di Laura è ben lontana dall’avere la concretezza corposa di un personaggio reale, l’immagine complessiva di questa donna è il vago profilo di una bella donna bionda.
Il paesaggio e le situazioni della vicenda amorosa.
Il paesaggio risulta estremamente stilizzato, leggendo il canzoniere si ha un’impressione che la realtà esterna non esista, e che l’unica realtà sia l’interiorità del poeta.

Il “dissidio” Petrarchesco
La poesia di Petrarca va letta come una lucida analisi della sua coscienza, il poeta utilizza la sua storia d’amore come simbolo di un’esperienza più vasta, sentimentale, intellettuale, e religiosa assieme. Il tema amoroso non è che l’occasione per concentrare intorno ad un nucleo stabile l’accanita esplorazione interiore. Il poeta ha un bisogno di assoluto, di eterno, di un approdo stabile in cui l’animo trovi una pace perfetta, ma a ciò si contrappone la ricerca di piaceri terreni che si rivelano illusori ed effimeri, come la bellezza di Laura, ma ai quali il poeta rimane indissolubilmente legato.

Lingua e stile del Canzoniere
L’inquietudine e il tormento, mai superati nei fatti, sono ricomposti in qualche modo nella forma, che scorre limpida, equilibrata e armoniosamente perfetta: la lingua volgare è, infatti, modellato sulle strutture morfo-sintattiche di quella latina e il lessico è accuratamente selezionato, con l’esclusione di vocaboli troppo espressivi, realistici o anche solo fonicamente aspri.

I trionfi
Nel periodo milanese (1353-61) Petrarca inizia a comporre due opere che per la loro organicità si collocano nel solco della cultura medievale: i Trionfi, poema allegorico in lingua volgare, e il De remediis utriusque fortunae, una sorta di enciclopedia morale in latino. Nell’impianto sistematico che le contraddistingue, si riconosce l’esigenza petrarchesca di superare i propri dissidi esprimendoli in una forma unitaria e conclusiva.



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