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Descrizione: Mena dei I Malavoglia

Mena, diminutivo di Filomena, è una delle protagoniste del romanzo. E’ una ragazza giovane, nipote di padron ‘Ntoni e figlia di Bastianazzo e della Longa, che Verga ci descrive con queste parole: "La Mena entrava nei diciassett'anni, e cominciava a far voltare i giovanotti quando andava a messa". Fin dall'inizio del romanzo viene delineato il suo carattere pacifico “Ella era giudiziosa come sua madre” sottomesso alla volontà della famiglia: questa è la prima descrizione che di lei viene data: “Mena soprannominata «Sant’ Agata» perché stava sempre al telaio, e si suol dire «donna di telaio, gallina di pollaio, e triglia di gennaio»”. Dopo la morte della madre, sarà lei a doversi occupare della casa e dell’educazione della sorella minore, Lia. Subisce molto l’influenza della società del suo tempo, tanto che alla fine non sposerà Alfio, pur avendone la possibilità, temendo che si torni a parlare della fuga della sorella Lia. In conclusione possiamo dire che il personaggio, nel corso delle vicende narrate da Verga, mantiene una certa staticità dovuta soprattutto ad un carattere troppo fragile ed alle condizioni in cui si trova la società in cui la protagonista viene collocata.

RAPPORTO CON GLI ALTRI PERSONAGGI
Rapporto con Alfio Mosca: l’amore tra Alfio e Mena, due tipici “vinti” verghiani, si tinge nel corso del romanzo di malinconia e di amarezza. Dapprima la ragazza si sacrifica alla religione della casa e rinuncia all'amore per Alfio, che è solo un povero carrettiere, per seguire la volontà del nonno che vorrebbe sposarla a Brasi Cipolla (figlio di padron Cipolla, il benestante del paese). Poi il matrimonio va a monte, ma intanto Alfio ha lasciato il paese e con molti sacrifici è riuscito a migliorare la propria condizione economica. Segno palese del mutamento, quando dopo otto anni ritorna, è il mulo grosso e lucente con cui ha sostituito l’asino. Il seguente passo, tratto dal capitolo finale del romanzo, sottolinea questo cambiamento: “Giacché tutti si maritavano, Alfio Mosca avrebbe voluto prendersi comare Mena, che nessuno la voleva più, dacché la casa dei Malavoglia s’era sfasciata, e compar Alfio avrebbe potuto dirsi un bel partito per lei, col mulo che ci aveva; così la domenica ruminava fra di sé tutte le ragioni per farsi animo, mentre stava accanto a lei, seduto davanti alla casa, colle spalle al muro, a sminuzzare gli sterpolini della siepe per ingannare il tempo. Anche lei guardava la gente che passava, e così facevano festa la domenica: – Se voi mi volete ancora, comare Mena, – disse finalmente; – io per me son qua. La povera Mena non si fece neppur rossa, sentendo che compare Alfio aveva indovinato che ella lo voleva, quando stavano per darla a Brasi Cipolla, tanto le pareva che quel tempo fosse lontano, ed ella stessa non si sentiva più quella. – Ora sono vecchia, compare Alfio, – rispose, – e non mi marito più”.

Rapporto con la Maruzza detta la Longa: il rapporto tra questi due personaggi non è descritto in modo molto approfondito nel corso della narrazione, tuttavia un eventuale elemento di contrasto tra i due protagonisti può essere individuato in questo breve passo che ci descrive l’atteggiamento rispettivamente prima di Mena e poi della Longa di fronte al futuro matrimonio, poi fallito, della prima con Brasi Cipolla: “(Riferito a Mena) Ella sola, poveretta, non sembrava allegra come gli altri, e pareva che il cuore le parlasse e le facesse vedere ogni cosa in nero, mentre i campi erano tutti seminati di stelline d'oro e d'argento, e i ragazzi infilavano le ghirlande per l'Ascensione, ed ella stessa era salita sulla scala per aiutare sua madre ad appendere le ghirlande all'uscio e alle finestre. […] (Riferito alla Longa) La mamma invece, poveretta, si sentiva dentro tutta in festa, perché la sua ragazza andava in una casa dove non le sarebbe mancato nulla, e intanto ella era sempre in faccende a tagliare e cucire”.

Rapporto con Brasi Cipolla: il suo promesso sposo è Brasi di padron Cipolla “Il quale, dopo compare Naso il beccaio, passava pel più grosso partito del paese, e le ragazze se lo mangiavano con gli occhi”. Mena non è contenta di questo matrimonio, ma non si oppone alla festa di fidanzamento. Dopo poco tempo le condizioni economiche dei Malavoglia entrano in crisi e padron ‘Ntoni è costretto a vendere la casa del Nespolo allo zio Crocifisso, con conseguente umiliazione ed emarginazione della propria famiglia. Il matrimonio allora va a monte, “Mena però era tranquilla, e s’era rimessa la spadina d’argento nelle trecce da se stessa, senza dir nulla. [...] Sua madre la covava cogli occhi, mentre lavorava accanto a lei, e l’accarezzava col tono della voce, quando le diceva: - Dammi la forbice, o, tiemmi la matassa - che se la sentiva nelle viscere, la sua figliuola, ora che tutti le voltavano le spalle; ma la ragazza cantava come uno stornello, perché aveva diciotto anni, e a quella età se il cielo è azzurro vi ride negli occhi, e gli uccelli vi cantano nel cuore. Per altro il cuore non ce lo aveva mai avuto per quel cristiano, lo disse all’orecchio della mamma, mentre ordinavano la trama”.

Rapporto con Lia: come già detto, dopo la morte della madre, Mena si ritrova a doversi occupare della casa e dell’educazione della sorella minore, Lia. Il problema tra le due sorelle tuttavia comincia a sorgere quando Lia, attratta da don Michele, il brigadiere, comincia ad ignorare gli ordini della sorella maggiore, opponendosi ad essa: “La povera Mena, mentre stava là sulla porta, ad aspettare il fratello che tornava a casa ubriaco, si sentiva così stanca ed avvilita che le cascavano le braccia quando voleva tirare in casa la sorella, perché passava don Michele, e Lia le rispondeva: - Hai paura che mi mangi? Già, nessuno ne vuole di noi altri, ora che non abbiamo più niente. Non lo vedi come è andato a finire mio fratello, che non lo vogliono nemmeno i cani!”. In altre parole, Mena condivide gli ideali di padron ‘Ntoni ed è una ragazza legata alla vita contadina ed onesta mentre Lia invece è una ragazza che vuol crescere in fretta, vestirsi da donna, passando dai fazzoletti (con cui le donne si coprono il capo) da bambina a quelli da ragazza. Quest’ultima non sembra particolarmente legata agli ideali di padron ‘Ntoni tanto che scapperà in città finendo con diventare una prostituta, con lo scopo di voler migliorare la propria condizione, in maniera sbagliata e potremmo dire anche con un po’ di smania.

Rapporto con ‘Ntoni: nemmeno il rapporto tra Mena e ‘Ntoni può essere considerato uno dei migliori, infatti, verso la fine del romanzo possiamo assistere ad una discussione cruda, ma allo stesso tempo fragile che mette in luce le mentalità dei due personaggi: “- Non ti rammenti che tua madre ti ha raccomandato la Mena? gli diceva padron 'Ntoni. - Che aiuto posso darci alla Mena se resto qui? ditelo voi! Mena lo guardò cogli occhi timidi, ma dove ci si vedeva il cuore, tale e quale come sua madre, e non osava proferir parola. Ma una volta, stringendosi allo stipite dell'uscio, si fece coraggio per dirgli: - A me non me ne importa dell'aiuto, purché tu non ci lasci soli. Ora che non c'è più la mamma mi sento come un pesce fuori dell'acqua, e non m'importa più di niente. Ma mi dispiace per quell'orfanella che resta senza nessuno al mondo, se tu vai, come la Nunziata quando l'è partito il padre. - No! diceva 'Ntoni, no! Io non posso aiutarti se non ho nulla. […] La Mena, poiché 'Ntoni voleva andarsene a ogni costo, gli metteva in ordine tutta la roba, come avrebbe fatto la mamma, e pensava che laggiù, in paese forestiero, suo fratello non avrebbe avuto più nessuno che pensasse a lui, come compare Alfio Mosca. E mentre gli cuciva le camicie, e gli rattoppava i panni, la testa correva lontano lontano, a tante cose passate, che il cuore ne era tutto gonfio”.



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