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Tema sull'Illegalità

Tema svolto: Articolo di giornale: ambito sociale

Traendo spunto da qualche episodio inquietante di violenza che ha visto coinvolti dei minori, si scriva un articolo giornalistico che metta in luce la necessità di promuovere e diffondere la cultura della legalità.
Frequenti gli episodi di violenza che coinvolgono minorenni. Cultura della legalità e subcultura della criminalità organizzata. Nella società esistono due culture contrapposte: quella della legalità e quella della relativa alla condotta in uso tra le organizzazioni criminali. Spetta alle istituzioni far si che la prima prevalga sulla seconda.


Quanto successo, tempo fa, in una scuola media della periferia napoletana, dove un professore è stato picchiato dagli uomini di un boss della camorra, chiamati col telefonino cellulare, dal figlio, scolaro di prima media, per punire lo “sgarbo di un richiamo disciplinare, pone l’esigenza di una riflessione sulle condizioni della legalità nella nostra società. E’ fuor di dubbio che siamo in presenza di uno scontro tra due colture: quella sana della legalità e quella dannosa ed esecrabile derivante dalla pratica malavitosa. La prima tende a favorire atteggiamenti, usi, costumi ed abitudini ispirati al rispetto dei valori umani, morali e civili; la seconda è improntata invece a comportamenti basati sulla violenza e sull'arroganza.
Questi ultimi sono purtroppo sempre più diffusi in molti sobborghi metropolitani e di periferia del nostro Paese, dove le organizzazioni criminali “controllano il territorio” condizionando, con le loro attività illecite anche i residenti rispettosi della legge e della buona convivenza civile. E così il “rispetto” dovuto al “boss” dai membri della famiglia, dagli uomini affiliati al suo clan e dai vicini di quartiere, ed il conseguente “prestigio” accumulato rappresentano motivi d’emulazione da parte dei figli o di altri ragazzi, i quali vengono pertanto cresciuti ed educati a comportarsi alla stessa maniera.
La facilità e la velocità con cui la subcultura sui giovani rende necessario promuovere una vera e propria “cultura della legalità”, compito a cui sono demandate le istituzioni sociali, famiglia e scuola in particolare.
La famiglia, in quanto ambiente in cui l’individuo nasce e cresce, è il primo agente di socializzazione, cioè l’ambito in cui avvengono le prime esperienze e si assimilano le prime regole di comportamento che saranno indispensabili per l’agire sociale. Perché l’assimilazione di gran parte dei modelli di condotta deriva dall'esempio dei genitori, ne nasce, di conseguenza, che i figli tenderanno a seguire, nel bene e nel male, gli insegnamenti e gli esempi dei genitori. I cosiddetti “figli della camorra” sono ragazzi che crescono considerando come autentici valori le norme che regolano la struttura camorristica: rispettare il boss ed eseguire i suoi ordini, vendicare ogni onta ricevuta da un clan rivale, promuovere la violenza e le attività illegali (commercio di droga, racket, prostituzione ecc.), relazionarsi in maniera aggressiva ed arrogante con gli altri.
L’educazione di un ragazzo appartenente a tale contesto prosegue, ovviamente, a scuola, dove egli porta con sé ciò che ha appreso in ambito familiare, tendendo quindi a stabilire con i compagni di classe rapporti della stessa natura di quelli del padre: è probabile che pretenda, dagli altri alunni e da maestri e professori, lo stesso rispetto dovuto al genitore dai suoi uomini, reagendo in modo violento ed arrogante quando ciò non avviene. Ed eccoci ritornati al punto di partenza: quanto accaduto in quella scuola media della periferia napoletana, non è un episodio sporadico, ma è frutto di un modo di pensare ed agire assolutamente da condannare, ma profondamente radicato in alcune realtà giovanili, che occorre estirpare se non si vuole compromettere il futuro prossimo della società civile. Famiglia e scuola devono quindi operare affinché la vita dei “figli della camorra non segua il cammino, ormai segnato e compromesso, dei loro padri.
Il discorso sull'educazione alla legalità non può tralasciare il ruolo dello Stato, che, oltre ad assistere la famiglia e la scuola, nell'intento di diffondere una cultura della legalità, deve dimostrare ai giovani, con i fatti, che, nella vita come nella carriera, ciò che conta p dato dalle qualità personali: le attitudini, le aspirazioni, le conoscenza, la cultura, la modestia, l’altruismo e lo spirito di solidarietà sono tutti elementi che andrebbero sempre preferiti all'arroganza  alla prevaricazione, ai favoritismi, ma che, al contrario, troppo spesso, valgono meno di questi ultimi.
Legalità, in questo caso, significa, comportarsi in maniera corretta con gli altri, cercando in ogni competizione o concorso, do ottenere il successo in modo leale, pulito, senza abusi o raccomandazioni, facendo fede sulle proprie capacità e non ostacolando quelle degli altri.
Certo, non è facile predicare onestà e lealtà, quando poi tanti esempi forniti dal mondo della politica e dello sport (ricordiamo Tangentopoli ed il recente caso del doping nel calcio) sono decisamente diseducativi.
Occorre, in questo caso, comportarsi come la subcultura camorristica: non minimizzare il fenomeno, ma analizzarlo in tutta la sua portata ed in ogni possibili effetto, ed agire di conseguenza, cioè affermare e favorire regole di pensiero e di condotta opposte.



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