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Musica del Cinquecento

Riassunto:

Il Cinquecento è l'anno in cui la musica ha maggior rilievo rispetto al passato grazie all'applicazione della stampa alla musica per premettere una maggiore diffusione dei brani e la vita delle corti dove venivano organizzate feste, banchetti, balli. Le musiche popolari che erano semplici da imparare, di cui spesso non si sapeva chi fosse l'autore incominciavano ad essere scritte.

La frottola

Tra il Quattrocento e il Cinquecento nell'ambito della musica popolare profana si diffuse la frottola, cioè una breve composizione composta da poche voci dove quella con tonalità più alta è la principale. Le frottole sono testi semplici da imparare perché trattano argomenti quotidiani, divertenti e anche in dialetto.

Il madrigale

Una musica polifonica del Cinquecento meno conosciuta della frottola ma molto più raffinata è il madrigale. Non si parla più di testi scherzosi bensì argomenti seri e drammatici con scrittura polifonica complessa, essi sono firmati da poeti famosi come Petrarca, Ariosto, Bembo, Tasso, Guarini, Marino.
I madrigali avevano uno stretto rapporto tra testo e musica, ovvero volevano usare la musica come se fossero parole. Se si riferivano al cielo, alzavano la tonalità della voce per dare la sensazione di altezza, viceversa se si parlava di inferno o di cose in profondità si utilizzava una tonalità di voce bassa, invece se si trattava di una fiamma usavano una tonalità di voce oscillante, per dare la sensazione della fiamma. Questa tecnica di adattare al musica al testo prende il nome di madrilismo.
Il periodo del madrigale va dal Cinquecento al Seicento ed ebbe molto successo sia in Italia e all’Inghilterra. Un po’ tutti i compositori cercarono di sfondare con il madrigale e quelli che ebbero maggiore successo furono Luca Marenzio, Carlo Gesualdo da Venosa e Claudio Monteverdi.

Riforma protestante

Con Martin Lutero, nel Cinquecento vi fu la riforma religiosa a causa della corruzione della Chiesa romana. Tale riforma ha condizionato anche la musica di quel periodo.
Lutero se ne intendeva pure lui di musica e ritenendo molto lunghi e complessi i brani liturgici, li accorciò per renderli più facili da cantare, per dare la possibilità a tutti i fedeli di cantarli dato che la musica era della loro stessa lingua. Lutero si dedicò alla traduzione della messa in tedesco, semplificò come già detto i canti in modo da renderli orecchiabili come le canzoni popolari, i corali.

Il Concilio di Trento

La riforma non piacque alla Chiesa di Roma che agì a sua volta con la controriforma, che trova il suo momento culminante nel Concilio di Trento. I cardinali volevano che la musica rimanesse in latino e che l’atto del cantare doveva essere ristretto solo a chi sapesse farlo e quindi non dovevano cantare tutti i fedeli. Decisero inoltre di garantire la religiosità delle composizioni musicali: poiché i musicisti scrivevano in base uno spunto già esistente, essi furono invitati a basarsi su canti gregoriani, e non su canzoni profane come i compositori della scuola fiamminga. I musicisti non potevano mettere in secondo piano il testo sacro con una struttura di difficile comprensione, in poche parole il testo era l’elemento principale della preghiera e la musica solo un abbellimento.

La scuola romana

Nel Quattrocento i fiamminghi avevano trasmesso la polifonia in tutta l’Europa. Nel Cinquecento, c’era chi ha eredità quello che i fiamminghi avevano iniziato, ad esempio in Italia vi fu la scuola romana con Giovanni Pierluigi da Palestrina (nonché maggiore esponente della musica del Cinquento), e quella veneziana con Giovanni e Andrea Gabrieli.
La scuola romana era più ligia alle regole imposte del Concilio di Trento, dato che Roma era la sede del Papa e quindi il simbolo della Chiesa nel mondo cattolico.

Giovanni Pierluigi da Palestrina

Nacque nel 1525 e morti nel 1594, visse sempre a Roma, e nella sua vita ebbe la possibilità di uscire da questo paese come l’offerta presso la corte imperiale di Vienna che rifiutò. Si occupò di composizioni sacre come inni, litanie, salmi, scrisse più di duecento mottetti e più di cento messe con melodie gregoriane. La più famosa è la Messa di Papa Marcello (Marcello II) un pontefice che si era interessato al rinnovamento della musica. Le sue messe si differenziano da quelle fiamminghe per una maggiore chiarezza e semplicità, in linea con le indicazioni del Concilio di Trento.


La scuola di Venezia

A differenza di Roma, a Venezia non venivano seguite le regole imposte del Concilio di Trento. Ottaviano Petrucci fu il primo editore musicale in grande stile di Venezia. La chiesa di San Marco possedeva due organi disposti uno per ogni braccio laterale, dava in questo modo ai musicisti di tentare nuovi tipi di composizione. Nel Cinquecento, Venezia era l’unica città d’Italia in grado di competere con Roma anche grazie ai suoi musicisti come Andrea Gabriele e il nipote Giovanni.

I Gabrieli

Il motivo per cui i Gabrieli si distinguevano da Palestrina e dagli altri della scuola fiamminga era che i primi appoggiavano la voce col suono di moltissimi strumenti e così davano un senso di emotività maggiore rispetto alla musica di Palestrina che preferiva escludere gli strumenti dedicandosi principalmente alla musica vocale.
I Gabrieli andarono oltre e scrissero musiche in cui si utilizzavano solamente gli strumenti come la Sonata pian e forte di Giovanni, composta da un gruppetto di tre tromboni e cornetto, e un gruppetto di tre tromboni e violino, agli esecutori veniva data la possibilità di scegliere gli strumenti che sembravano più consoni alla loro musica.


Strumenti musicali: Il liuto e l'organo

Suonare strumenti musicali è come cantare: quando mai l'uomo può averne fatto a meno? Nel Medioevo, però, pochissime furono le musiche strumentali scritte e quindi giunte a noi.
Anche in questo senso, le cose cambiano con il Cinquecento. Abbiamo già visto che, soprattutto a Venezia, la musica strumentale ha un grande sviluppo. ed è proprio l'editore veneziano Petrucci, infatti, a stampare molta musica strumentale, prima per liuto, poi per organo, e infine anche per altri strumenti.
Importato in Europa al tempo delle crociate, il liuto è uno strumento a corde pizzicate simile alla chitarra che nel Cinquecento ebbe una diffusione immensa, paragonabile solo a quella del pianoforte nell'Ottocento.
Il repertorio per liuto era vastissimo: comprendeva infatti semplici danze, ma anche composizioni polifoniche più impegnative, parti di messe, frottole ecc.
Ma anche l'organo assunse nel Cinquecento un'importanza notevole, anzi, secondo alcuni il re degli strumenti era proprio l'organo: esso infatti era particolarmente adatto alla "superiore" musica da chiesa (in effetti era l'unico strumento chiamato ad accompagnare le messe); inoltre è uno strumento complesso, in grado di imitare il timbro di molti strumenti ed è uno strumento polifonico che, a seconda dell'abilità dell'esecutore, può eseguire contemporaneamente due, tre, quattro o più melodie.
Il liuto e l'organo erano dunque gli strumenti più caratteristici del Cinquecento. Ancora poca importanza avevano invece gli strumenti a fiato (trombe, tromboni ecc.) e quelli ad arco (antenati degli attuali violino e violoncello), che in questo periodo incominciano lentamente a diffondersi.

L'importanza del Timbro

Sia la musica per liuto, sia quella per organo dell'epoca era spesso trascritta da musiche precedenti. Solo in rari casi comunque un pezzo era scritto appositamente per uno specifico strumento; più spesso si adattava a strumenti diversi. Per i compositori dell'Ottocento questo sarà inconcepibile.
Se per esempio prendete una sonata di Beethoven per pianoforte e la eseguite all'organo, il risultato sarà pessimo; se provate a suonare un pezzo di Brahms per violino con l'oboe non riuscirete neanche.
Questi compositori infatti e in generale tutti i compositori dell'Ottocento, pensavano la musica per un determinato strumento, e davano alle loro composizioni un carattere adatto a quello strumento. Fino al Settecento, invece, la musica (sia vocale che strumentale) si adattava tranquillamente a esecuzioni diverse.



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