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Analisi: O falce di luna calante, D'Annunzio

di Gabriele D'Annunzio
Analisi del testo:


La poesia appartiene al genere, molto frequente, della visione notturna lunare, sul tipo degli Idilli leopardiani. Certo però la visione dannunziana risulta ben diversa da quelle liriche e insieme riflessive di Leopardi. Manca infatti, in questa lirica, un vero sviluppo di idee; tutto sembra risolto in una sensazione istantanea. Il giovane poeta coglie dell'incanto lunare solo le sue componenti sensuali:
-Le foglie sembrano emanare un'ansia di desiderio;
-Il profumo dei fiori suggerisce sospiri voluttuosi;
-La notte è piena solo di piacere.

Già i poeti classici (da Omero a Virgilio) avevano cantato il comune riposo di animali e uomini dopo le fatiche del giorno; ma in questo canto la stanchezza non giunge a sera, cioè alla fine del giorno, bensì dopo una notte densa di piaceri. L'aggettivo oppresso aggiunge a questa immagine una nota negativa, e tipicamente decadente: esso infatti indica che anche il piacere può dare stanchezza.

Suoni e colori smorzati percorrono l'intero testo; alla fine grazie alla parziale ripetizione della mossa iniziale (O falce calante), il poeta si abbandona al sonno e alla velata minaccia di quella falce che tutto taglia. Che cosa ci riserverà il domani? Ma l'interrogativo non viene neppure esplicitato; tutto si risolve in pura musica, senza più pensieri. La musicalità e il ritmo smorzano con leggerezza le immagini.

Schema Metrico: 3 strofe di 4 versi ciascuna (2 novenari e 2 dodecasillabi o senari doppi, l'ultimo dei quali tronco).



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